Questa volta la tragedia non ha colpito una scuola o un centro commerciale come accade di solito nel paese con più armi in circolazione del mondo, ma una delle più importanti basi militari Usa quella di Fort Hood, in Texas. In questa base vengono addestrati i militari in partenza per le guerre afgana e irachena. Secondo le prime ricostruzioni, uno dei 65 mila militari di stanza alla base non ha retto alla tensione, ha imbracciato le loro armi, e ha cominciato a sparare prima di arrivare a destinazione nei Paesi a cui era destinato e nei quali sparare per uccidere sarebbestato normale.
L'autore
della strage, che era stato dato per morto in un primo momento, è il
maggiore dell'esercito Malik Nidal Hasan, medico specializzato in
psichiatria di origine palestinese.
Un suo parente ha raccontato
che il medico aveva lavorato per sei anni all'ospedale militare Walter
Reed di Washington, centro specializzato nella riabilitazione dei
soldati feriti e colpiti da ''stress post-traumatico'' e solo
recentemente era stato destinato all'Iraq. Ma Malik, dice il cugino
Nader Hasan, ''Era contrario alla idea di finire in guerra, era il suo
incubo, stava facendo tutto il possibile per evitare questa svolta
della sua vita, proprio perché aveva ascoltato ogni giorno al Walter
Reed i racconti dei soldati rientrati dal fronte e rimasti
traumatizzati da ciò che avevano visto''.
Malik, racconta chi lo
conosce, aveva orgogliosamente indossato la divisa per quasi venti anni
e si considerava ''un patriota'' americano. Aveva studiato con il
sostegno finanziario delle forze armate, impegnandosi in cambio a
restare per un certo numero di anni in divisa. Ma dall'11 settembre il
suo nome arabo e la sua fede islamica gli avevano causato non pochi
problemi con i commiiltoni, tanto che recentemente si era rivolto ad un
avvocato per capire se avrebbe potuto dismettere la divisa e dare
l'addio alle armi.
Maso Notarianni