Ore di violenti scontri per riconquistare piazza Taksim, a Istambul, decine i feriti e gli arresti. Cosa succede in Turchia?

La battaglia di piazza Taksim e lo spazio euromediterraneo.

Utente: fuipp
9 / 7 / 2013

A più di un mese dall'occupazione di piazza Tacsim, dopo il suo sgombero che l'ha resa una piazza vuota e protetta dalle forze della polizia di Erdogan, la lotta degli attivisti turchi non si ferma.

Nonostante lo sgombero violento dei manifestanti accampati nella piazza in difesa di Gezi Park, i terribili gas lacrimogeni di cui abbiamo precedentemente raccontato l'illegalità (e sparati ad altezza d'uomo e in misura criminale), le minacce di Erdogan, i feriti, gli arresti, il popolo di Tacsim anche stanotte è sceso in piazza. Una battaglia durata più di 5 ore, decine i manifestanti arrestati e decine quelli feriti (sembra alcuni anche in modo molto grave) a mezzanotte alcune centinaia attivisti riescono ad entrare in piazza.

La scintilla della rivolta, scoppiata più di un mese fa dopo l'annuncio del primo ministro Erdogan di tagliare centinaia degli alberi secolari di Gezi Park1 (per costruire tra l'altro un centro commerciale) va immediatamente oltre la sola difesa di questo simbolo: interroga i desideri, le aspettative, di una generazione di giovani (e meno giovani) turchi nati in un periodo di crescita economica a cui sono corrisposti processi di costruzione di stili di vita il più libere possibile. Il paradosso della Turchia contemporanea è stato aver scommesso su uno sviluppo economico che ne ha fatto un'economia in forte crescita e che ha contribuito a sviluppare quelle libertà delle forme di vita che ora il partito al potere mette in discussione (non senza contraddizioni anche al suo interno).

Il popolo di piazza Tacsim lotta, (anche con una grande dose di ironia ed autoironia) utilizzando strumenti (linguistici, simbolici e pratici) che la connettono immediatamente con le altre lotte dello spazio euromediterraneo (e non solo).

Chiunque sia entrato in contatto con la moltititudine di questi giovani turchi irriducibili ad un solo nome ha potuto trovare i tratti comuni di altre piazze contemporanee in rivolta: emancipazione nella scelta delle forme dei propri desideri (molte per esempio le associazioni glbtq) lotte ambientali, anticapitaliste, (vi sono anche organizzazioni di musulmani anticapitalisti) per la costruzione di forme di democrazia assoluta ed efficace sono tra i tratti fondanti qui come altrove.

Come spregiudicato è l'utilizzo dei mezzi di comunicazione utile alla pratica dell'obiettivo.

Lo stesso tema della democrazia, in una nazione che vede lo stesso partito alla sua guida da più di 10 anni senza possibilità di una reale alternativa istituzionale (anche a causa di una soglia di sbarramento del 10%) chiama immediatamente in causa il tema della ricerca di altre forme di democrazia. Alcuni osservatori hanno detto che il problema è la mancanza di una guida chiara della protesta che possa anche diventare proposta politica (istituzionale) alternativa all'attuale governo.

Se ciò può essere vero l'elemento della presenza di così tante differenze non può essere banalizzato.

Il rompicapo su come unire forme di organizzazione adeguate nella potenza delle differenze è uno stimolo per tutti.

Anche per questo bisogna supportare (e indagare) questa lotta riconoscendola come propria.

Così come il dato dell'uso brutale della repressione da parte di Erdogan che non ha trovato adeguata opposizione né tra le forze istituzionali turche (ad eccezione dei partiti curdi presi inizialmente in contropiede), né tantomeno tra la comunità internazionale (ad eccezione della Germania la cui opposizione all'ingresso della Turchia in Europa corrisponde a ben altri interessi) chiama in causa la relazione asimmetrica tra la sproporzione delle forze in campo e ciononostante l'impossibilità di Erdogan di chiudere la partita con la moltitudine di piazza Tacsim. Cosa vuol dire vincere (e quando ciò avviene)?

La lotta di Piazza Tacsim è insomma affare immediatamente euromediterraneo in quanto incide, condiziona, informa i modi con cui viene costruito per tutti la nuova Europa.

Heryer Taksim, heryer direnis!

Filippo Nuzzi c.s. tpo