In Brasile, movimenti sociali cucinati a fuoco lento

È necessario indagare le radici delle cultura politica orizzontale e autonoma che è emersa nelle strade ed è maturata con una resistenza quotidiana, trainata da una nuova generazione di attivisti sociali. Il dialogo con questi è la migliore strada per comprenderli.

16 / 7 / 2013

di RAUL ZIBECHI

Brasile. Quando Lula entrò nel Palazzo di Planalto, nel gennaio 2003, Paíque Duques Lima aveva 17 anni e stava facendo i suoi primi passi nella militanza sociale. Viveva con i suoi genitori a Brasilia, Distrito Federal. Il resto della sua famiglia abitava in una delle tante favelas distanti dall'urbanismo modernista e asettico disegnato da Oscar Niemeyer, il più grande architetto brasiliano e uno dei più ammirati del mondo. Con il passare degli anni Paíque è diventato antropologo, forse come forma di lealtà verso la sua provenienza etnica e mettendosi a servizio della sua classe sociale, e si è legato a diversi movimenti sociali, tra i quali l'MPL (Movimento Passe Livre) che, dice, “in portoghese significa passaggio gratuito”.

Le grandi manifestazioni di giugno sembrano trovare un loro antecedente nei piccoli movimenti locali che hanno creato le condizioni soggettive e organizzative, come l'MPL e i Comités Populares de la Copa (COPAC). Condividi questa lettura?

Durante tutto il periodo del governo Lula, ma già da prima, ci sono stati movimenti alternativi e mobilitazioni di piccole o medie dimensioni che hanno dato vita a una nuova cultura di lotta, non vincolata né alla destra né alle organizzazioni tradizionali della sinistra. Con le mobilitazioni contro la globalizzazione, a partire dal 2000, è nata una vera e propria cultura dell'azione diretta che coinvolge gran parte della gioventù urbana: le radio libere, il CMI (Centro dei Media Indipendenti), i gruppi di giovani dei partiti politici che hanno cominciato a lottare contro i loro stessi partiti fino ad arrivare a una rottura con questi, e, in generale, il rifiuto da parte dei giovani delle strutture tradizionali, come i sindacati e la burocrazia.

Dà più importanza a questa nuova cultura politica orizzontale, assemblearia e autonoma che alla quantità di militanti di ogni gruppo. È più una questione di qualità o di quantità?

È relativo. Nel 2003, a Salvador, 40 mila persone scesero in strada contro l'aumento dei costi dei trasporti, in quella che viene conosciuta come la “Rivolta del Buzu” (autobus nel gergo locale). I giovani scesero in strada spontaneamente ma in seguito le organizzazioni studentesche iniziarono una trattativa con il governo, passando sopra il movimento. Fu un vero e proprio tradimento. Nove delle richieste del movimento furono accettate dal sindaco, tutte meno l'annullamento dell'aumento dei trasporti – che era il punto centrale. A partire da questo momento abbiamo capito che era possibile lottare senza essere per forza membri di un partito e senza far parte di una struttura tradizionale. Nel 2004, a Florianópolis, ebbe luogo la “Rivolta delle Catracas” (tornelli), partendo da una piccola organizzazione che promuoveva il trasporto gratuito, formata da alcune decine di persone, ma si riuscì comunque a politicizzare la lotta, a convocare azioni e a parlare con le autorità. I membri del movimento non negoziavano ma solo trasmettevano e davano voce alle preoccupazioni della gente. Questa fu la potenza della lotta, un'organizzazione orizzontale senza una direzione permanente.

Nel 2005 si crea l'MPL nazionale che lotta per trasporti e spostamenti gratuiti, avendo alla base una cultura e una pratica di lotta, e basandosi su principi di apartitcità (però non antipartitismo), autonomia, orizzontalità, indipendenza, federalismo e pratiche incentrate sull'azione diretta e con un orizzonte anticapitalista. Partendo da questo, tutti gli anni ci sono state lotte in diverse città contro l'aumento dei trasporti. Le lotte sono in genere localizzate, perché ogni città ha un'amministrazione propria dei trasporti. Negli ultimi dieci anni, in circa 60 città ci sono state mobilitazioni di piccole e medie dimensioni con una partecipazione che andava dalle 5 alle 10 mila persone. In alcune città gli aumenti sono stati invertiti e in altre si riuscì ad ottenere il trasporto gratuito per gli studenti. I Comités Populares de la Copa, che nacquero nel 2008, e altre organizzazioni hanno contribuito anch'esse a costruire una cultura di lotta orizzontale praticata nelle strade.

Si dice che sono movimenti della classe media, di studenti e professionisti. Sei d'accordo con questa caratterizzazione?

No. È una mobilitazione della gioventù proletaria, che al suo interno ha ancora molte divisioni, perché in Brasile c'è una scissione nelle città – che hanno un centro dove vive la classe lavoratrice non in regola, in nero o abusivi, e sobborghi con una classe lavoratrice più strutturata, e una grande periferia dove vive la classe lavoratrice precaria. Quando parlano di “classe media” in realtà stanno oscurando la partecipazione degli irregolari del centro che stanno invece partecipando alle mobilitazioni. Le città sono divise in classi, in spazi e in razze. Nelle mobilitazioni invece ci sono, ad esempio, molti attivisti e manifestanti neri.

In questa nuova cultura militante, c'è qualcosa della cultura hip-hop, che dà anch'essa vita a un movimento non strutturato, diffuso ma molto forte in Brasile e molto presente tra i giovani? Com'era l'attività quotidiana dei nuclei del MPL prima di giugno?

Nell'organizzazione del MPL e dei Comités de la Copa ci sono sia giovani del centro che della periferia. Nelle nostre riunioni all'inizio del movimento a Brasilia, per esempio, c'erano tra le 40 e le 80 persone, però dopo il 2007, quando ci fu un periodo in cui non ci furono aumenti dei costi dei trasporti, si abbassò molto il numero e restammo tra le 8 e le 20 persone nelle riunioni settimanali o quindicinnali. Facevamo principalmente tre tipi di attività: azioni dirette, attività di studio e di informazioni riguardo al trasporto collettivo e alla mobilità urbana con un taglio di classe, genere e razza, e facendo una pressione costante con continue richieste ai poteri pubblici, proponendo trasporti gratuiti, tariffa zero o mobilitandoci quando aumentavano i costi o si producevano privatizzazioni.

Oggi tutto il Brasile sa che la Copa è un business e che il trasporto è un disastro, è questo risultato premia e rende manifesto tutto questo lavoro di anni. In qualche modo questa nuova coscienza critica ci parla dell'importanza dei piccoli gruppi militanti con un alto livello di impegno.

I Comités Populares de la Copa sono articolazioni a cui partecipano il movimento Sem Techo, le comunità sgomberate e i militanti universitari. Tanto i comitati quanto l'MPL hanno sempre mantenuto il contatto con la cultura delle periferie, delle favelas. La cultura della gioventù nera, percarizzata e favelada è stata molto colpita negli ultimi anni dalla politica che incentivava il consumismo dei governi Lula e Dilma. Però il controllo genera doppi sensi e fragilità. Le associazioni che operano nei quartieri hanno un vincolo storico con il Partito del Lavoro (PT) e lavorano assieme allo Stato e ai suoi programmi sociali. Questo ha generato un vuoto che è stato riempito dalla nuova cultura militante orizzontale e dalla cultura giovanile favelada, che si sono avvicinate negli ultimi cinque anni, dato che i giovani lavoratori della periferia e del centro hanno molti contatti tra loro. Io vivo nel centro del Distrito Federal di Brasilia, però la mia famiglia è favelada. Ciò che è importante è il fatto che entrambe le culture si siano avvicinate in risposta alla crescita delle città e alla speculazione edilizia, che ha fatto aumentare la segregazione urbana, e per il fatto che entrambi i settori hanno problemi comuni come il trasporto.

Dal 2007 e 2008, l'MPL porta avanti ancora di più il proprio lavoro nelle scuole secondarie e nei quartieri di periferia. Il nostro movimento ha cominciato facendo seminari riguardanti il trasporto collettivo, la segregazione urbana e il diritto alla città nelle scuole secondarie e nelle università, però oggi il lavoro si fa soprattutto nelle comunità periferiche. In molti casi ci chiamano per parlare del problema del trasporto.

I Comités Populares de la Copa hanno fatto lo stesso percorso, avvicinandosi alle comunità che stavano per essere sgomberate. La violenza della polizia ha fatto sì che il discorso dei comitati ebbe molta eco nella gente. Prima, nella periferia, molta gente pensava che la Copa potesse essere la loro salvezza perché avrebbe dovuto generare posti di lavoro, occupazione; però quest'opinione è cambiata molto velocemente e ora sono nate tutte queste mobilitazioni. I Comités Populares hanno cominciato ad avere una presenza molto forte negli sgomberi e nelle rimozioni di interi quartieri. D'altra parte, alcuni media tradizionali si sono aperti alle critiche alla Copa, come Le Monde Diplomatique, Carta Capital, la rivista Piaui e il canale televisivo a pagamento ESPN Brasil, dove ci sono molti ex militanti di sinistra che fanno giornalismo sportivo critico e sono stati molto duri nei confronti della FIFA.

Però la chiave di tutto è che la gente ha cominciato ad organizzarsi. Dall'inizio di quest'anno, le mobilitazioni per il trasporto gratuito diventavano ogni giorno più numerose. In dieci città hanno ottenuto un abbassamento del prezzo del trasporto. Ci sono state mobilitazioni a Goiania in maggio, a Porto Alegre in marzo, così come a Natal, Terezinha e Belén, ancora prima che scoppiassero a Sao Paulo e Rio de Janeiro. Questo ci fa capire quanto fosse già estesa, nel momento in cui scoppiarono gli eventi a Rio e a Sao Paulo, questa cultura di mobilitazione orizzontale incarnata dal MPL e dai Comités de la Copa.

Tutto indica che la repressione a Sao Paulo ha giocato un ruolo determinante per l'espansione del movimento.

Non sono militante del movimento a Sao Paulo (sono del MPL a Brasilia), però posso fare una valutazione per quanto ho sentito e ho visto, perché comunque siamo un'organizzazione nazionale. Credo che ci sia la congiunzione di tre questioni. La prima e la più importante è che c'è stato un lavoro di anni di diverse organizzazioni che ha portato alla diffusione di questa cultura della lotta, non solo l'MPL e i comitati ma anche il CM, gli studenti radicali, i Sem Techo, le radio libere, l'hip-hop, il Movimento dei Lavoratori Disoccupati, sono tutti movimenti urbani che hanno contribuito a creare questa cultura.

La seconda è che le azioni nel centro di Sao Paulo convocate dall'MPL hanno avuto una risposta brutale da parte della polizia quando invece molti pensavano che, avendo vinto al comune il PT con Fernando Haddad, ci sarebbe stata maggior cooperazione e negozazione, e non avrebbero mai immaginato che ci sarebbe stata una repressione così forte. Sappiamo che il Governo statale del socialdemocratico Geraldo Alckmin (PSDB) ha tendenze molto repressive, però non credevamo che il comune del PT potesse appoggiare tali azioni terroriste della polizia. Questa repressione brutale ha avuto un ruolo importante nel nazionalizzare la solidarietà e nel far crescere il numero dei manifestanti. È anche importante segnalare che le prime mobilitazioni, prima della repressione, furono anch'esse molto grandi, con 20, 40 e 70 mila persone.

Il terzo punto fu l'estensione del movimento in tutto il Brasile in occasione delle celebrazioni della Confederation Cup, che ha riunito la lotta per la mobilità urbana con la lotta contro la riforma urbana e per il diritto alla città in conseguenza delle grandi opere per i Mondiali del 2014.

La destra ha approfittato delle mobilitazioni per fare il suo gioco contro il governo.

La destra ha già un suo blocco politico e un suo blocco mediatico, e ora cerca di costruire un suo blocco sociale. Molta gente è scesa in strada ed è qui che la destra ha cercato di contendersela; ha cercato di imporre la sua agenda politica, incentrata sulla critica alla corruzione ma direzionata solo contro i governi del PT – non contro la corruzione del PSDB o dello stesso Stato, dimostrando chiaramente le sue intenzioni elettorali -, e per l'abbassamento dell'età penale, contro l'aborto e contro i diritti dei neri e dei gay. Hanno cercato di controvertire la narrativa del movimento. La gente dei partiti di sinistra è stata spesso attaccata dall'estrema destra, mentre hanno sempre evitato di parlare dei problemi reali che abbiamo portato nelle strade.

Come vedi la giornata dell'11 luglio dei sindacati e dell'MST, dove non c'è stato nessun riferimento alla repressione della polizia né al massacro del 24 giugno al Complexo do Maré, la più grande favela di Rio?

Ci sono alcuni sindacati, piccoli, che sostengono il movimento. I sindacati di opposizione al governo, come Conlutas e Intersindical, hanno partecipato alle mobilitazioni; la maggior parte hanno criticato il MPL dicendo che siamo stati manipolati dalla destra. Il movimento sindacale non è riuscito ad articolare una risposta di classe. Le azioni dell'11 luglio si possono intendere in parte come un modo per sostenere il governo, giustificandolo con l'idea che la destra possa fare un golpe contro il governo e per evitarlo ciò è necessario rafforzare la governance. È anche un tentativo di controllare la gente nelle strade.

Però è stato anche convocato da altri settori che non sono del campo governativo e sono molto legati alle lotte sociali.

Come vedi il futuro a medio termine del movimento, diciamo fino alla Coppa del Mondo del 2014 e alle elezioni presidenziali del prossimo anno?

Su questo piano abbiamo tre problemi. Il primo è che il governo e i media cercheranno di controllare le lotte attraverso la repressione, però anche attraverso la cooptazione e quello che possiamo chiamare la “sconfitta sociale”del movimento tramite la costruzione di meccanismi di consenso.

Il secondo tema è che i giovani militanti si trovano ad affrontare il problema del nostro grande isolamento, mentre la gente che parla male di noi non ha questa cultura della protesta e ci trascina nel campo delle controversie riguardo l'organizzazione. Questo ci apre il problema di una forma organizzativa.

L'MPL è sempre stato un movimento formato da decine di persone che riuscivano a portare nelle strade le masse. Ora la questione è se abbiamo la capacità di essere un'organizzazione di massa, orizzontale, autonoma e anticapitalista, capace di organizzare migliaia di persone in base a questi principi. Tutte le piccole organizzazioni si stanno ponendo la stessa domanda.

La terza questione è che abbiamo avuto una partecipazione tardiva dei settori sociali, che sono decisivi perché soffrono di un'oppressione strutturale. In Brasile, il razzismo e l'esclusione sono strutturali. Non si vive in Brasile senza parlare di segregazione, di classe, di sessismo e di razza e questo è un elemento chiave. Negli ultimi anni ci sono state 30 o 40 azioni di protesta nella periferia di Sao Paulo, molto radicali, in cui addirittura si bruciarono gli autobus. Nella zona nord di Brasilia è successo lo stesso. È successo lo stesso anche quando ci fu una manifestazione nella piazza di Planalto (sede del governo) , e questo ci porta a discutere su come dare maggior forza e spazio alle lotte che vanno ad attaccare le strutture classiste, razziste e sessiste della nostra società; a questo punto si formula la domanda decisiva: abbiamo la forza per fare questo? Soprattutto perché abbiamo davanti un periodo molto breve, appena un anno prima dei Mondiali, in cui verranno imposte delle leggi antiterroriste e la repressione della polizia sarà molto forte.

Ci troviamo di fronte a delle sfide organizzative, ideologiche, militari (cioè riguardanti il modo in cui andiamo a far fronte alla repressione della polizia e al controllo di massa) ed economiche.

Gli imprenditori non vogliono rovesciare Dilma perché a loro questo modello va bene, in modo che se c'è un accordo è del governo e degli imprenditori contro di noi. Però quello che ci tengo a dire è proprio questo, che abbiamo di fronte delle sfide molto forti.

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