La situazione è da guerra civile. Gli scontri non si fermano tra le forze dell’ex presidente e quelle di Ouattara, il presidente riconosciuto dalla comunità internazionale. Centinaia i morti. L’inerzia della comunità internazionale. Il monito dell’Acnur: 200 mila gli sfollati ad Abidjan; oltre 70 mila gli ivoriani scappati in Liberia.
Giovedì 3 marzo, 6 donne sono rimaste uccise colpite da armi da fuoco (tiri di mitraglia), e molte altre ferite, nell'ormai famoso e popoloso quartiere a nord-ovest della città, Abobo, un feudo di Alassane Ouattara, il presidente riconosciuto dalla comunità internazionale come il vincitore del ballottaggio del 28 novembre e a tutt'oggi rinchiuso a l'Hotel du Golf, protetto e alimentato dalle forze dell'Onu dell'operazione Onuci. Le donne manifestavano in favore di Ouattara.
L'Onu si sta seriamente preoccupando della situazione nel
paese. Ormai i morti negli scontri tra le forze di polizia di Laurent
Gagbo e i sostenitori di Ouattara si contano a centinaia. Il Consiglio
di sicurezza dell'Onu si è riunito a porte chiuse e un comunicato
(scontato) è stato letto al termine dell'incontro presieduto
dall'ambasciatore cinese Li Baodong, in cui ci si dice «profondamente
preoccupati dal crescente numero di rifugiati e sfollati interni a causa
delle violenze». Viene espressa inquietudine su una probabile ripresa
della guerra civile.
Alle due parti in conflitto viene chiesto di dar prova di ritegno
e di trovare una soluzione pacifica alla contesa. Vengono condannati le
minacce, le restrizioni e gli atti di violenza commessi da parte delle
forze di sicurezza di Ggagbo contro il personale dell'Onu e si
condannano tutte le violenze contro i civili commesse da ambo le parti.
«Con il rapido deteriorarsi delle condizioni d'insicurezza, si
riducono sempre di più i margini di manovra delle operazioni umanitarie
ad Abidjan e in altre aree della Costa d'Avorio», il monito lanciato
oggi dall'Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati
(Acnur).
«Ad Abidjan - continua il comunicato - gli sfollati ora sono più
di duecentomila, per la maggior parte persone fuggite dai combattimenti
nell'area di Abobo. Molti sono stati ospitati da parenti o amici, ma
molti altri ha trovato sistemazioni di fortuna ai margini della città.
Chiese, ad esempio, o altri luoghi pubblici. E hanno urgente bisogno di
assistenza umanitaria».
Nella parte orientale della Liberia, dalle elezioni dello scorso
novembre, l'Agenzia dell'Onu ha registrato 40mila rifugiati. A questi,
dal 24 febbraio, si sono aggiunti 32.800 nuovi arrivi, che hanno posto
notevole pressione sulle comunità locali e sulle autorità liberiane
confinanti. Adesso, sia i rifugiati sia le comunità che li accolgono
hanno bisogno di cibo, ma le difficoltà di accesso dovute alle
condizioni delle strade continuano a rendere particolarmente arduo il
trasporto di aiuti.
L'Onu (questo è il nostro parere) deve darsi i mezzi di
intervenire non solo a difendere sé stessa, ma i civili! Parlare poi di
"fallimento morale" di Gbagbo, come fa il portavoce del Dipartimento di
stato americano, non risolve nulla. Una comunità internazionale incapace
di far rispettare il risultato elettorale, lavora in favore di Gbagbo.
Questo va detto, per non farsi illusioni.
Quanto al panel di 5 capi di stato incaricati
dall'Unione africana di presentare proposte costringenti ai due
contendenti, il rischio è di lasciar le cose marcire in favore di
Gbagbo. Ancora un mese per una decisione è troppo! La violenza è
esercitata soprattutto dagli uomini di Gbagbo: vanno fermati! Se poi, in
terra d'Africa, non si rispetta più nemmeno la vita delle donne, il
peggio è a portata di...mitra.