Porgi l'altra guancia?

Estetica dell'immagine in un fallito tirannicidio

17 / 12 / 2009

Adrenalina e sudore. Nervi tesi e sangue freddo. Calma apparente e accelerazioni improvvise. L'immagine del volto insanguinato del presidente del Consiglio scuote i nervi, agita il respiro. Si offre agli spettatori in tutta la sua concreta drammaticità cambiando di passo fino a inseguirli. Ad accerchiarli. Filtrando una potente carica controculturale rispetto al pianeta politico che abita, obbedisce a un'estetica che rende Berlusconi una figura ibrida, sospesa tra l'astrattezza del ruolo di comando e la brutalità dell'azione. La sua, non quella del povero aggressore. Straordinariamente in bilico tra la natura mutevole del sé e la pura sensorialità che determina. Eppure in grado di informare con forza l'idea costante della sfida, della meccanica del duello, della lotta contro i malvagi.

Nella continua ricerca dell'architettura drammatica dello scontro B è sistematicamente impegnato a gestire la competizione tra il bene e il male, tra la Legge e le infrazioni alle regole. Da qui la forzatura delle norme di sicurezza personale, l'irrinunciabilità del numero acrobatico senza rete, la dipendenza psicofisica dallo stupefacente bagno di folla. Perché per B il dramma, il racconto, il mito nascono solo dal conflitto, dall'opposizione di personaggi, caratteri, visioni del mondo. Dall'esposizione del proprio corpo alle insidie dei persecutori. L'immagine di B che attraversa il calvario della sofferenza si spoglia del suo legame con la persona e inizia a significare altro sulla base di un rinvio perfettamente orchestrato.

B è "autore" troppo sfumato e teorico - anche nelle apparenti grevità - per concepire le sue geometrie narrative in termini manichei, nella convinzione di dover calcare una scena in cui il bene e il male possono scambiarsi rapidamente la posizione, infiltrati e traditori possono annidarsi anche tra le proprie file. Sceglie così scientificamente i set della sua giungla urbana, dove il rito collettivo si celebra oltre le soglie del patetico. E' questo il Luogo dove esibire il viso sofferente, il sangue, la smorfia di dolore dominati magnificamente dalla luce trasfigurata e sgranata degli scatti in digitale. Qui il connotato primario della velocità, del decisionismo combattente (con le palle), si pietrifica in un'immagine immobile, tutta contenuta nel puro spasmo del gesto.

Si concentra nell'attimo, erompe fulminea e poi lascia spazio a un altro frammento di narrazione che prepara l'esplosione successiva: B che rinnova la liturgia del predellino offrendo ai devoti e al mondo la sua maschera tragica e mentre il sipario si chiude già elabora le prossime scene. Il suo ritmo asincrono si sta già disponendo al prossimo, rapidissimo, movimento: saranno parole di amore contro odio, di perdono contro rancore, di metodo contro caos. Di ordine contro sovversione. Ora questa traiettoria va a intersecarsi con tutte le altre, le sostiene, le rilancia, in un dedalo di linee che si chiude su se stesso. E mentre giace ferito, mentre le donne piangono e pregano, le truppe possono saccheggiare, distruggere, violentare. Il livello dello scontro può così finalmente alzarsi ancora. E nessuno meglio di B sa quanto quello delle immagini sia sempre più un terreno strategicamente nevralgico in cui esso si articola, si definisce e si risolve. Intanto puntuali, come da copione, arrivano le bombe.