Non si scherza col fuoco. Lo sapevano bene già i
primi umani. Ma l'hanno dimenticato i governanti del nostro tempo che
giocano pesante con un fuoco ben più micidiale, «più accecante di mille
soli», come lo definì il padre della bomba atomica, Robert Oppenheimer,
citando i Veda.
Quel che è avvenuto (e ancora avviene) nella centrale
nucleare di Fukushima, 250 km a nord di Tokyo, ci dice che neanche gli
impianti più sicuri, costruiti secondo le più rigide norme di sicurezza,
sono al riparo da incidenti potenzialmente catastrofici, soprattutto in
regioni fortemente sismiche quali il Giappone (o Italia, Grecia e
Turchia). Come ha titolato El Pais, Fukushima è l'incidente nucleare più
grave da Cernobil, di cui sta per cadere il venticinquennale.
Le
notizie che ieri si accavallavano erano confuse e reticenti, anche
perché in caso di meltdown del nucleo del reattore, avrebbe dovuto
essere evacuata l'intera megalopoli di Tokyo, 36 milioni di abitanti,
più della metà degli italiani. Intanto sono state evacuate «solo» 45.000
persone e l'area di sicurezza è stata estesa a un raggio di «soli» 20
km (cioè una superficie di 1.260 kmq, pari a quella del comune di Roma,
che è il più grande d'Europa). E secondo l'Agenzia internazionale per
l'energia atomica, le autorità nipponiche stavano preparando immani
scorte di tintura di iodio da distribuire per proteggere la tiroide
dagli effetti delle radioazioni.
C'è da sperare solo che siano
veritieri i rassicuranti comunicati diramati dal Tokyo Electric Power.
Comunque, il terremoto e l'ancor più letale tsunami che hanno colpito
Honshu, la più grande delle isole dell'arcipelago nipponico, riportano
coi piedi per terra (per quanto sussultante) le pretese di onnipotenza
tecnologica della nostra specie. Basta una minima scrollatina del nostro
pianeta per prostrare la società che più e meglio si era premunita
contro tale eventualità. Perché è proprio questo l'aspetto più
terrificante del terremoto giapponese e del conseguente guasto alla
centrale nucleare: che si è prodotto nonostante ogni possibile
precauzione. È un'avaria «malgrado». Ma che il Giappone fosse un'area
sismica e soggetta a tsunami non era proprio un segreto. Eppure in nome
dell'«indipendenza energetica nazionale» la classe dominante giapponese
ha deciso di costruire ben 55 reattori atomici su 18 siti in un piccolo
paese (poco più esteso dell'Italia) iperaffollato da 127 milioni di
abitanti. E non gli bastava impiantare vicino a Tokyo i sei reattori del
sito Fukushima Daichi (oltre ai 4 reattori del complesso Fukushima
Dani), ma progettano di costruire per il 2014 altri sette reattori nello
stesso sito.
Gli antichi greci avevano una parola precisa per questa
umana tracotanza, ed era hubris. Ma per la nèmesi di questa hubris
tecnologica non c'è neanche bisogno degli dei dell'Olimpo, se pensiamo
che tanto appassionato amore per il nucleare alberga nella nazione che
ha subito le prime bombe atomiche della storia.
Nucleare - Una scossa all'arroganza
14 / 3 / 2011
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