Nucleare - Una scossa all'arroganza

14 / 3 / 2011

Non si scherza col fuoco. Lo sapevano bene già i primi umani. Ma l'hanno dimenticato i governanti del nostro tempo che giocano pesante con un fuoco ben più micidiale, «più accecante di mille soli», come lo definì il padre della bomba atomica, Robert Oppenheimer, citando i Veda.
Quel che è avvenuto (e ancora avviene) nella centrale nucleare di Fukushima, 250 km a nord di Tokyo, ci dice che neanche gli impianti più sicuri, costruiti secondo le più rigide norme di sicurezza, sono al riparo da incidenti potenzialmente catastrofici, soprattutto in regioni fortemente sismiche quali il Giappone (o Italia, Grecia e Turchia). Come ha titolato El Pais, Fukushima è l'incidente nucleare più grave da Cernobil, di cui sta per cadere il venticinquennale.
Le notizie che ieri si accavallavano erano confuse e reticenti, anche perché in caso di meltdown del nucleo del reattore, avrebbe dovuto essere evacuata l'intera megalopoli di Tokyo, 36 milioni di abitanti, più della metà degli italiani. Intanto sono state evacuate «solo» 45.000 persone e l'area di sicurezza è stata estesa a un raggio di «soli» 20 km (cioè una superficie di 1.260 kmq, pari a quella del comune di Roma, che è il più grande d'Europa). E secondo l'Agenzia internazionale per l'energia atomica, le autorità nipponiche stavano preparando immani scorte di tintura di iodio da distribuire per proteggere la tiroide dagli effetti delle radioazioni.
C'è da sperare solo che siano veritieri i rassicuranti comunicati diramati dal Tokyo Electric Power. Comunque, il terremoto e l'ancor più letale tsunami che hanno colpito Honshu, la più grande delle isole dell'arcipelago nipponico, riportano coi piedi per terra (per quanto sussultante) le pretese di onnipotenza tecnologica della nostra specie. Basta una minima scrollatina del nostro pianeta per prostrare la società che più e meglio si era premunita contro tale eventualità. Perché è proprio questo l'aspetto più terrificante del terremoto giapponese e del conseguente guasto alla centrale nucleare: che si è prodotto nonostante ogni possibile precauzione. È un'avaria «malgrado». Ma che il Giappone fosse un'area sismica e soggetta a tsunami non era proprio un segreto. Eppure in nome dell'«indipendenza energetica nazionale» la classe dominante giapponese ha deciso di costruire ben 55 reattori atomici su 18 siti in un piccolo paese (poco più esteso dell'Italia) iperaffollato da 127 milioni di abitanti. E non gli bastava impiantare vicino a Tokyo i sei reattori del sito Fukushima Daichi (oltre ai 4 reattori del complesso Fukushima Dani), ma progettano di costruire per il 2014 altri sette reattori nello stesso sito.
Gli antichi greci avevano una parola precisa per questa umana tracotanza, ed era hubris. Ma per la nèmesi di questa hubris tecnologica non c'è neanche bisogno degli dei dell'Olimpo, se pensiamo che tanto appassionato amore per il nucleare alberga nella nazione che ha subito le prime bombe atomiche della storia.
 

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