Note di viaggio attraverso EuRos, carovana transnazionale del Teatro Valle Occupato

13 / 5 / 2012

# ATENE (day 1)

Atene brulica di vita e visi meticci. Piazza Syntagma la percorriamo a tutta velocità sul taxi che ci porta a Monastiraki, hot spot: nei dintorni è stato avvistato un teatro occupato, il teatro Embros. Giriamo per le vie strette di Monastiraki, sulla sinistra, a sorpresa, scorgiamo il Pireo su cui si erge il Partenone. Imponente. Immediato istinto di avvicinarci. Con questa stella polare proseguiamo la ricerca di Embros, ci addentriamo nella zona di Plaka. Strada ricca, negozi di souvenir si alternano a Cartier, Louis Vitton, strada vuota, strada glocale, strada sbagliata. Torniamo sui nostri passi e finalmente troviamo Embros, al centro della zona di Psyrri, quartiere ripulito, scopriremo dopo, grazie alla gentrification. Le porte! bussiamo, chiuse. Sentiamo della musica venire da dentro, ribussiamo. Chiuso. Ok aspettiamo, a breve incontreremo Christos, ora vogliamo solo suvlaki e birra ghiacciata. Christos non si fa attendere, puntuale alle 19 ci raggiunge nel pub vicino Embros. Affinità elettiva immediata. Subito lo incalziamo con una raffica di domande: Cosa ne pensi dell’Europa? Come interpreti le ultime elezioni? Come si è organizzato il movimento fin’ora? Cosa pensi accadrà se la Grecia uscirà dall’euro? Sai che migliaia di giovani si ritroveranno a Francoforte il 17, 18 e 19 maggio per occupare la BCE?  La situazione greca non è semplice da descrivere, da sintetizzare. Fino al 2008 erano i movimenti studenteschi a costituire le forme più radicali e di massa di malcontento rispetto le politiche governative. Con il dispiegarsi della crisi, i tagli nel comparto pubblico e la deregolamentazione del settore privato, migliaia di persone sono scese in piazza, fino ad arrivare a scioperi generali da un milione di persone. La novità, racconta, è nel modo di organizzarsi: le assemblee in piazza sono realmente luoghi decisionali, in cui persone di ogni età si confrontano sui temi del governo, dell’austerità della crisi, e scelgono, attraverso processi partecipati, di volta in volta le pratiche più adatte per manifestare. Anche in Grecia la crisi della rappresentanza partitica è molto forte, in questo senso le elezioni segnalano un esito positivo per Christor. I partiti storici sono definitivamente delegittimati, non ci può essere concertazione possibile tra chi avalla e sostiene le decisioni della Troika e i cittadini a cui vengono tagliati diritti e dignità. Qui la connessione col movimento globale “occupy” è immediata, anche se, ci tiene a sottolineare Christos, in Grecia c’è un carattere più spontaneista e più di massa rispetto, ad esempio, ad “occupy wall street”, Piazza Syntagma è stata, in questi mesi, l’epicentro costituente di nuove pratiche politiche. Ora serve tempo. Serve tempo per costruire nuovi modi di vivere e produrre dal basso. Oggi, le persone, si affidano molto ad economie informali, in cui si cerca di abbattere la filiera speculativa tra consumatori e produttori. “Io sarò a Francoforte con altre dieci persone dalla Grecia” ci dice, la necessità di costruire un movimento che sappia valicare i confini greci e riprendersi l’Europa si fa sempre più impellente. Ci chiede come viene vista la Greci dall’Italia, se traspare la responsabilità delle politiche della BCE e quindi della Germania, temono di essere schiacciati dal discorso altamente retorico e coercitivo della colpa; ora anche un partito dichiaratamente neofascista in Parlamento. “E’ vero”, dice “anche che lo spettro del fascismo aleggia”, ma questo, spiega, è riconducibile alla storia politica della Grecia, ancora memore della dittatura dei colonnelli. Sono arrivati i ragazzi di Embros, apre il teatro. Salutiamo Christos, lo rivedremo domani e insieme ci addentreremo ad Exarchia, il luogo simbolo delle forme di lotta più radicali, luogo di libertà e repressione.

# ATENE (day 2)

Non trovo le chiavi del teatro! “Le tengo io così non le perdiamo”. Notte passata nel teatro Embros, dormire sul palco e nel foyer, luoghi diversi ma familiari. “Trovate”. Il quartire di Pysirri è in movimento fin dal mattino presto. Giovani poliziotti a gruppi di 5 girano con fare da bulli, ridono, mangiano, ammiccano si rivolgono a chiunque con un tono maggiore di quello normale. Osservo. Mi osservano. Lenti scure coprono il mio sguardo. Si allontanano. Stavros Zakiris ci viene a prendere a teatro, ha una jeep anni 80, totalmente fuori misura per le piccole strade da cui è composta Atene. Parcheggia. Camminiamo. Murales, poster art, street art catturano la mia attenzione continuamente. “Qui hanno ucciso Alexis”. Piccola area pedonale tra una strada e l’altra, luogo d’aggregazione di ragazzi giovanissimi. Il poliziotto sparò verso terra, il proiettile colpì una sfera di ferro piantata nella strada e rimbalzò nella direzione opposta, ferendo a morte Alexis. “E’ vero?”, “No”. Rosalia, ristorante ad Exarkia amato dagli ambienti anarchici, fa da cornice al nostro incontro. “Cosa ne pensi della crisi?”, “Siamo in un momento di svolta, la svolta del capitalismo.” Cita Marx, parla di Antigone, Dante. Passano ore.. Christos interrompe i miei pensieri, energia, alziamoci. Con lui raggiungiamo Navarrito Park, parcheggio occupato da alcuni ragazzi che lo hanno trasformato in un piccolo parco, con piante, alberi, giochi per bambini. Cerchiamo di incontrarli. E’ difficile, altri appuntamenti sopraggiungono. Mikail Marmarinos. Torniamo la sera. Molti ragazzi, bel clima.  Georgos è il nostro contatto, ha parlato in assemblea del nostro arrivo. Eccolo. Non sembra molto contento. Non possiamo filmare la zona. I ragazzi che sono con lui ridacchiano, ci chiedono chi siamo, perché vogliamo filmarli. Lo spazio è aperto a tutti dicono ma non ci interessa essere ripresi, in passato abbiamo avuto problemi. Per noi la lotta è questo parco, le nostre energie, i nostri soldi li mettiamo qui per stare bene. Non vogliamo avere a che fare con i soldi pubblici, con questo sistema di potere. Gli chiediamo dell’Europa, ridono. Siete in connessione con altre esperienze di occupazione ad Atene o in Grecia. Non rispondono. Intanto il parco si popola, tranquillo, alcune parti del piccolo paesaggio molto desolate si giustappongono a muretti fatti con amore e dedizione, colorati come mosaici. Rimaniamo a bere qualche birra, un pò sorpresi da questa chiusura: “non vogliamo essere trattati come animali da circo, se volete tornate domani con calma e se ci siamo parliamo, questa non è una situazione autentica.” Penso al paradosso: basta una piccola telecamera per creare un confine così netto? Squottiamo casa di Theodor, giovane attore greco, ad Exarkia. “Questo è un buon esempio di occupazione greca” racconta.Nothing gonna change my world..Nothing gonna change my world..Nothing gonna change my world?

# Francoforte

16 maggio

Francoforte è una città gelida. Lunghi grattaceli di vetri e d’acciaio si scagliano all’orizzonte. Grattacieli Cyberpunk, un po’ parodia un po’ realtà. La città è vuota. I vertici dell’amministrazione e della polizia locale hanno ordinato la chiusura di banche e BCE, spostato in zone periferiche i lavoratori. 15,000 poliziotti girano indisturbati per garantire l’ordine. Francoforte è una città gelida.

Arriviamo al nostro ostello, Europa Alle, quartiere in costruzione, dietro la stazione centrale. Corteo di camionette della polizia, ne passano 5 poi 10 poi 20. Non finiscono più. Il programma delle giornate è ancora in discussione, il 17 inizieranno blocchi e assemblee. Dormiamo, serve tuta la lucidità del caso.

17 maggio

38°. La febbre mi tiene inchiodata al letto. Fin da subito notizie non esaltanti: accerchiamenti della polizia, arresti. Le persone no riescono neanche ad uscire dall’università. La sera si conteranno 400 arrestati di cui 77 italiani. Capi d’imputazione vaghi, manifestazione non autorizzata. Intanto i pullman che cercano di raggiungere Francoforte vengono bloccati, sia quelli italiani sia quelli tedeschi. Obiettivo: non far arrivare nessuno a Francoforte. Il cuore della bestia deve rimanere inviolato. La febbre non aiuta. 15,000 poliziotti sono scesi in piazza per manifestare a favore della BCE e lo fanno sulla nostra libertà e sui nostri corpi. A mezzanotte la maggior parte degli arrestati viene rilasciata, sono stati obbligati a firmare una sorta di daspo che li dovrebbe tenere lontano dalla zona rossa. Atto illegittimo, dichiarerà la corte costituzionale tedesca, due giorni dopo, dimissioni del sindaco del vicesindaco e del capo della polizia di Francoforte per la gestione di piazza, tre giorni dopo.

18 maggio

I blocchi durano pochissimo, 10 minuti. Vengono subito dispersi. I blocchi sono la ripresa delle strade. Ci si impossessa di un incrocio e si cerca di muoversi in corteo. La città è deserta. In giro solo manifestanti e guardioni stile robocop. Molte donne con lunghi capelli biondi e armature vestono abiti maschili con su scritto polizei. Parodia di loro stesse. La sede del sindacato sul lungo Meno diventa il ritrovo degli attivisti. Il disegno diventa a mano a mano più nitido. Scongiurare la possibilità che le strade diventino luogo di aggregazione, luogo generativo di senso collettivo. L’estrema individualizzazione delle forme di vita in Germania si avverte subito. Si avverte nel silenzio che accompagna i ritardi di ore dei treni, il silenzio che accompagna i prezzi esorbitanti dei generi di prima necessità, il silenzio che accompagna la dose di ero scaldata sul prato all’inglese del lungo Meno. Il cuore della bestia deve rimanere inviolato.

19 maggio

30000 cittadini scendono in piazza per  manifestare contro le politiche di austerity imposte dalla troika, 30000 persone da Spagna, Italia, Grecia, Francia, Germania, Solvenia. Il corteo si snoda per tutta Francoforte, da Balsen Platz fino al quartiere commerciale, con questi enormi grattacieli, chiari simboli fallici di un potere che sta distruggendo l’Europa sociale. La polizia provoca continuamente: entra nel corteo, si avvicina bardata di tutto punto, aspetta la mossa falsa per poter sparare quel maledetto spry al peperoncino di cui ancora non conosciamo un antidoto efficace. Ma il corpo collettivo non si fa sfilacciare, striscia compatto per quattro ore in un’atmosfera di festa e tensione. Giunti alla fine, stanchi, ci riconosciamo nei volti stranieri che ci circondano. Forse questo è stato il primo passo verso la costruzione di un’Europa di cui abbiamo bisogno. L’Europa sociale, delle lotte, di quanti non si arrendono di fronte al biopotere delle banche. Un’Europa che ha bisogno di cura e dedizione, in cui lo spontaneismo e la rabbia hanno senso solo se riescono a trasformasi in progetti politici propositivi. E forse, immaginare un’Europa che si basi sui principi dei beni comuni oggi attiene ad una costellazione di senso eretico-concreta, quel what if che tante volte i Wu ming hanno usato nei loro racconti, e che le lotte, tanto in Europa, tanto in Italia, stanno tentando di applicare ad un presente in turbolenta trasformazione.

Isabella
eros.teatrovalleoccupato.it
riseupglobalmay.org