Espulsione del CSP 75 (coordinamento sans papiers di Parigi) dalla Bourse du Travail

La voce delle donne

Traduzione di Serena D'Andria

29 / 6 / 2009

Il 24 giugno, giorno dell'espulsione, e i giorni seguenti nei quali l'accampamento per la notte ha cominciato ad organizzarsi, a prendere un aspetto meno precario, determinato a durare, sono stati dei giorni di forte tensione.

Non soltanto in seguito alla violenza della CGT rimpiazzata poi da quella delle forze di polizia. Ma ancora a causa alla pressione fisica esercitata da queste ultime sui quasi seicento sans papiers che cercano di sistemarsi alla meno peggio sul marciapiede del Boulevard du Temple, di fronte alla Bourse du travail.

Evidentemente, le autorità, tanto di polizia quanto municipali, ignorano i loro obblighi di soccorso verso parte della popolazione, considerando senza dubbio gli occupanti della Bourse du travail come degli squatter e non come dei lavoratori in lotta, pensando di poter smorzare la loro determinazione con delle misure d'intimidazione disumane. Disumane in senso giuridico: contrarie ai diritti dell'uomo, della donna, del bambino, finanche i più elementari.

Queste misure si riassumono in due parole: ci vogliono prendere per fame e sofferenza.

Le privazioni – fra cui donne e bambini – di nutrimento e acqua. E anche dell'uso della toilette pubbliche, per motivi di “protezione di beni pubblici” (dichiara un poliziotto alto in grado).

La CGT expusle les sans-papiers de la Bourse du travail (2)

Nel corso di due giorni, un grossolano cordone di poliziotti e di CRS, ha circondato l'accampamento di fortuna, impedendo a tutte le persone solidali o semplicemente toccate dalla vista di questi uomini, queste donne e questi bambini, di far passare un po'  di cibo o una bottiglia d'acqua minerale, ispezionando le buste e sequestrando persino i panini.

Inutile protestare: “ ma è per i bambini!”. Gli ordini sono gli ordini. Questo ha chiesto un sans papiers ad un poliziotto anziano ed impassibile: “ma quindi voi siete robot o uomini?”.

È in questo clima che una delegazione invitata in prefettura per discutere della situazione, la sera di giovedì 25, ha ascoltato la seguente proposta da parte del capo della prefettura, passato due volte a vedere la situazione: ridiscutere i criteri della regolarizzazione a condizione che l'accampamento inizi a sciogliersi e che soprattutto donne, bambini, anziani e malati lascino durante la notte il marciapiede del Boulevard du Temple.

A queste parole, le donne si sono mobilitate come un solo corpo: “noi siamo là, noi non ci sposteremo, noi resteremo là giorno e notte fino alla nostra regolarizzazione!”.La rapidità, l'unanimità e la determinazione della risposta sono state talmente forti, che questo volantino vuole provare a ridare la parola a queste voci di donne.Inesperte, hanno accettato di dire come vedono la fase attuale della loro lotta.Precisiamo che tutte loro erano presenti il 24, alcune alla Bourse du travail, altre alla manifestazione. Dopo le loro testimonianze, fra le altre, è stato redatto anche un articolo sugli avvenimenti di questa giornata.

Tutte le colonie francesi sul marciapiede.

La prima voce è quella di Mahi. Lei tiene a precisare che non parla a suo nome, ma “a nome di tutte le donne della Bourse du travail”. Lei pone l'accento, come punto di partenza, sulla questione del colonialismo francese.“Là, su tutti quei materassi, tutto intorno a noi, ci sono tutte le antiche colonie francesi. Ci sono in effetti solo le colonie francesi. I nostri genitori hanno dato tutto per la Francia, dovremmo essere accolti a braccia aperte, al contrario ci respingono e ci danno la caccia. Ma anche se i francesi costruiranno delle mura fino al cielo, noi arriveremo, niente ci può fermare. Perchè noi veniamo per fuggire la miseria e per lavorare. E la miseria che ci spinge, non la povertà. La miseria, in Africa, è terribile, niente a che vedere con la povertà. Noi abbiamo il diritto, in Francia, di lavorare in regola. Essere sans papier non è lavoro, è schiavitù.”Tutte le donne (ivoriane, senegalesi, malesi...) approvano queste parole ed alcune rincarano.

Fra queste, la voce più forte è quella della giovane Corinne.“Liberté, égalité, fraternité... non sono che parole scritte. In Francia, gli animali sono più considerati, hanno più diritti di noi. Sarebbe meglio essere un cane piuttosto che un uomo o una donna sans papier nel paese dei diritti umani. E per tenerci in schiavitù che non ci danno il permesso di soggiorno. E' ancora peggio della schiavitù. Tutti i lavori sporchi sono per noi. I lavori sporchi, i piccoli lavori precari e sottopagati. Si approfittano della miseria dei nostri paesi, senza questa miseria noi non saremmo qui. Noi non siamo venuti per dormire in strada, ma per lavorare onestamente. Io ho cominciato a lavorare a 14 anni quando mio padre è morto. Per sopperire ai bisogni di mia madre e dei miei fratelli e farli studiare.  Ma non guadagnavo molto, allora sono venuta in Francia. Sono 4 mesi che non ho potuto inviare soldi. Anche sforzandomi, anche privandomi del necessario, come molti altri. Quelli che vi dicono che inviano soldi regolarmente, sono quelli che si privano del necessario. Nel paese la gente crede che qui è l'eldorado e se tu non invii il denaro pensano che tu lo tieni per te.

Tutte le donne raccontano storie personali non meno penose. Storie di miseria, di speranze perdute, di condizioni di vita estremamente dure, di sfruttamento feroce, di malattie. Ad ogni modo, dice Mahité, malgrado la paura in pancia, malgrado gli alti e bassi di una vita come la nostra, “ quello che ci salva, a noi gli Africani è che siamo abituati a vivere in comunità, uniti, come qui per la strada: noi siamo qui le colonie francesi unite.”Restare qui e continuare con la lotta".

E' ancora Mahi che dà il via. Il consenso unanime l'ha  ottenuto dalle sue prime parole: perchè (dirà una donna) “non c'è un altro modo per far piegare le autorità”.“Perchè noi donne non vogliamo andarcene da qui? ...se le donne ed i bambini vanno via, i poliziotti porteranno subito via tutti gli uomini che restano. Preferiamo dormire per strada ed andare fino in fondo. Le proposte della prefettura cercano di dividere il movimento. Il “criterio”, è ancora il caso per caso. Noi donne diciamo: senza criteri né condizioni! Noi siamo qui, noi, i nostri mariti, gli uomini, noi lavoriamo qui, dobbiamo tutti essere regolarizzati. La prefettura vuole che ci allontaniamo? Che apra uno sportello qui. Quando avremo la nostra regolarizzazione, ci sposteremo. Noi non vogliamo un altro posto da occupare. Sarebbe la stessa cosa. Sarebbe per sgomberarci di nuovo. Saremmo di nuovo in mezzo alla strada. Meglio restare qui e continuare la lotta qui. Noi non siamo critici verso i delegati. Perchè sappiamo il motivo per cui ci hanno chiesto di andare via, l'hanno fatto per noi e per i bambini, loro pensano che siamo deboli ma non è così. Noi siamo forti, e determinati a restare.

A queste parole fanno eco quelle di Soul: “Prima all'interno della Bourse eravamo invisibili, 14 mesi di invisibilità. Ora siamo esposti, siamo ben in vista. Sarrebbe stupido andarsene. Ora siamo più forti!

E quelle di Djénéba: “Siamo qua, non ce ne andiamo. Qualsiasi altra decisioni sarebbe un passo indietro della nostra lotta. Anche se piove, se nevica, siamo qua! Si, anche se nevica, anche fino all'inverno!

Parigi, 28/06/2009. articolo uscito sul numero 13 del Journal de la Bourse du travail occupée.

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Link al sito della Bourse du Travail Occupée

Speciale Ville Lumiere - La CGT bastona i sans papier

28/06/2009 da Parigi con Orrore