E’un intervento pesante e profondo quello della Corte costituzionale, che l'altro ieri ha depositato la sentenza di respingimento dei ricorsi fatti dalle regioni Calabria, Toscana, Liguria e Campania contro la legge Ronchi. I giudici della Consulta non si sono limitati a considerare legittime dal punto di vista costituzionale le nuove norme del governo Berlusconi che forzano le tappe della privatizzazione dell'acqua, obbligando i comuni a ricorrere a società di capitali con gare europee. La sentenza, in realtà, va ben oltre: l'intero impianto legislativo degli ultimi anni che ha aperto le porte alle multinazionali dei servizi idrici viene considerato assolutamente compatibile con la Costituzione, con la normativa europea e con quella nazionale. «Decisione devastante», è il commento che girava ieri all'interno del movimento per l'acqua pubblica.
E ancora presto per avere uno studio dettagliato sull'impatto che questa sentenza avrà. Oltre al referendum - che continua a seguire la sua strada, divenendo sempre più importante - i fronti aperti in Italia sul tema della gestione dell'acqua sono tanti. In primo piano c'è sicuramente la nuova legge pugliese, che sta per andare in discussione. Voluta con forza dai movimenti per l'acqua pubblica, fatta propria da Vendola che l'ha messa tra i primi punti del suo programma di governo regionale, punta a sciogliere l'attuale forma di società per azioni per creare un ente di diritto pubblico chiuso ermeticamente alle possibili scalate dei privati. Ora la via pugliese all'acqua pubblica potrebbe essere pesantemente influenzata dalle scelte della Consulta. Nella lunga sentenza - ben 136 pagine - il giudice estensore Franco Gallo spiega che «la normativa riguardante l'individuazione di un'unica Autorità d'ambito e la determinazione della tariffa del servizio secondo un meccanismo di price-cap attiene all'esercizio delle competenze legislative esclusive statali nelle materie della tutela della concorrenza e dell'ambiente, materie che hanno prevalenza su eventuali competenze regionali, che ne risultano così corrispondentemente limitate».
Dunque, rispetto all'autonomia delle regioni prevarrebbe l'orientamento del governo centrale. E con Berlusconi a Palazzo Chigi i margini di manovra sono ovviamente estremamente ridotti. Il pronunciamento ha riaperto le speranze del Pdl pugliese, che da sempre punta alla privatizzazione dell'acquedotto, già al centro di appetiti francesi alla fine degli anni '90. Immediato il commento del capogruppo regionale del Pdl Rocco Palese: «Vendola rinunci a portare avanti una legge illegittima». Per ora le due commissioni del consiglio regionale che stanno valutando la proposta di legge per la ripubblicizzazione degli acquedotti hanno optato per una pausa tecnica, dando «la possibilità ai capigruppo ed ai commissari di prendere visione dell'articolata sentenza di 136 pagine».
Le parole della Consulta in realtà colpiscono al cuore l'insieme delle autonomie locali, in un sussulto decisamente centralista. L'opposizione alla privatizzazione dell'acqua è infatti cresciuta soprattutto grazie al movimento dal basso, ai comitati cittadini, alle regioni che hanno scommesso sulla gestione pubblica e a tantissimi comuni che chiedono di riprendersi gli acquedotti privatizzati. Da due anni centinaia di consigli comunali stanno infatti inserendo negli statuti la dichiarazione dell'acqua come servizio senza rilevanza economica. Una formula che esclude, di conseguenza, il ricorso a gare pubbliche e alle società per azioni, sia private che miste. E quello che può essere definito il cuore del più ampio movimento del referendum. È forse questo il vero nemico per il ministro Fitto, uno dei principali sostenitori della privatizzazione: «La Corte ha fatto anche giustizia di singolari tentativi di sostenere la natura non economica del servizio idrico integrato», ha commentato ieri.
In questo scenario il referendum per l'abolizione della legge Ronchi e delle altre norme che di fatto hanno già privatizzato il sistema idrico assume un valore centrale. Fondamentale è la richiesta di moratoria chiesta dal Forum dei movimenti per l'acqua pubblica: fino al voto dei cittadini che nessuno tocchi l'acqua. L'appuntamento per pubblicizzare la richiesta è fissato per i14 dicembre, con la mobilitazione di centinaia di comitati locali.
Tratto da: Il Manifesto