Il nuovo Decreto Legge Salvini è un’aggressione alla libertà di tutte/i

Un’analisi sulla preoccupante bozza di decreto diffusa dal governo.

14 / 5 / 2019

È stato diramato in questi giorni il testo del nuovo Decreto Legge che il Ministro dell’Interno si appresta a sottoporre all’approvazione del Governo.

Il cosiddetto “Decreto Sicurezza 2” [1], si colloca in piena continuità con il precedente D.L. n.113/2018, anche se, in questo caso, l’azione di governo si concentra principalmente sulla guerra al dissenso, sul tentativo di spezzare i legami sociali che si sono prodotti sul terreno della solidarietà attiva e dell’opposizione sociale. È importante conoscere i contenuti del testo che verrà portato al Consiglio dei Ministri per assumere piena consapevolezza delle gravi conseguenze derivanti dalla sua eventuale approvazione ed entrata in vigore.

Proviamo a ripercorrere l’articolato del Decreto Legge per effettuare una disamina ragionata delle modifiche normative proposte.

ART. 1 E 3
Con l’art. 1 del Decreto Legge viene modificato l’art.12 del Testo Unico in materia di immigrazione, attraverso l’inserimento del nuovo comma 6bis. La finalità della modifica è quella di configurare un nuovo illecito amministrativo da affiancare a quello penale già previsto dalla norma. Il nuovo illecito amministrativo riguarda le “azioni di soccorso di mezzi adibiti alla navigazione ed utilizzati per il trasporto irregolare di migranti, anche mediante il recupero delle persone ovvero il traino del mezzo”. Chiunque ponga in essere tale tipologia di interventi in acque internazionali attraverso l’utilizzo di navi, unità da diporto o da pesca, è tenuto ad attenersi non solo a quanto stabilito dalle convenzioni internazionali, ma anche alle istruzioni operative emanate dalle autorità responsabili dell’area in cui ha luogo l’operazione di soccorso ovvero dalle rispettive autorità dello Stato di bandiera.

In sostanza si prevede l’obbligo per le imbarcazioni battenti bandiera italiana, di ottemperare, pur operando in acque internazionali, agli ordini impartiti dal Ministro dell’Interno o dalle altre autorità competenti in materia. La violazione di tali obblighi comporta l’irrogazione di una sanzione amministrativa per un importo compreso tra euro 3.500 ed euro 5.000 per ogni migrante trasportato. Nei casi ritenuti più gravi o in caso di reiterazione delle condotte, alla sanzione economica è associata la sospensione della licenza (o di altra autorizzazione) da uno a dodici mesi o la sua revoca.

L’obiettivo perseguito con la modifica dell’art.12 T.U. è quella di dotarsi di un nuovo strumento di aggressione e repressione della solidarietà attiva. Sotto il profilo penalistico il tentativo di far rientrare le operazioni di soccorso in mare all’interno dei confini del reato di favoreggiamento dell’ingresso illegale ha incontrato ed incontrerà non poche difficoltà. Per questo motivo si costruisce un nuovo “apparato” di ritorsione destinato ad operare in tutti quei casi in cui, come specificato nel testo di legge, il fatto non costituisca reato: un sanzionamento di natura amministrativa più facilmente gestibile ma, nel contempo, idoneo ad arrecare gravissimi danni al destinatario e ad inibirne l’azione. Ciò risulta tanto più grave se si considera che le condotte sanzionate vengono realizzate in acque internazionali.

A quanto sopra si deve aggiungere che, con il successivo art. 3 del D.L. , il reato di favoreggiamento dell’ingresso illegale nel territorio dello Stato viene inserito nella sua forma semplice, cioè senza aggravanti, tra i reati per il quali il termine di prescrizione è raddoppiato (ciò in virtù del richiamo operato dall’art. 157, co.3, c.p. all’art. 51, co. 3bis, cpp. )

ART.2
L’art.2 del D.L. modifica l’art.83 del Codice di Navigazione. L’articolo attualmente in vigore attribuisce al Ministro dei Trasporti e della Navigazione il potere di limitare o vietare il transito e la sosta di navi mercantili nel mare territoriale, per motivi di ordine pubblico, di sicurezza della navigazione e di protezione dell’ambiente marino. Con la modifica proposta, la possibilità di intervento per motivi di ordine pubblico viene sottratta al Ministero dei Trasporti e della Navigazione per essere accentrata nel Ministero dell’Interno. Il Ministro dell’Interno potrà, inoltre, limitare o vietare il transito nelle acque territoriali non solo alle navi mercantili, ma anche a tutte le unità da diporto e da pesca. La finalità della modifica è, evidentemente, quella di attribuire al Ministro dell’Interno il potere di chiudere i porti e di inibire il transito e la sosta nel mare territoriale. Considerato che il Codice di Navigazione risale al 1942 e che il testo originario dell’art.83, al di là delle modifiche introdotte nel 2001, attribuiva tale potere al Ministero dei Trasporti limitandolo alle navi mercantili, la modifica proposta da Salvini introduce un ampliamento dei poteri del Ministro dell’Interno che oltrepassa persino l’originario impianto fascista della norma.

ART.5
Al successivo art. 5 viene assegnato il compito di modificare alcune disposizioni del Regio Decreto n.773/1931, meglio conosciuto come Testo Unico delle Leggi di Pubblica Sicurezza. Anche in questo caso le modifiche normative intervengono su disposizioni di legge figlie del ventennio fascista per intensificarne la portata repressiva. Le modifiche riguardano gli art. 18, 24 e 109 del TULPS. L’art.18 contiene i dispositivi di sanzionamento a carico dei promotori delle manifestazioni non autorizzate. Attualmente il reato è di natura contravvenzionale e prevede una pena massima di sei mesi di arresto (oltre ad una ammenda). Con il nuovo D.L. verrebbe aggiunto all’articolo un comma finale ai sensi del quale, qualora nel corso della manifestazione non autorizzata si verifichino danneggiamenti (635 c.p.) o episodi di devastazione e saccheggio (419 c.p.), il reato perderebbe la natura contravvenzionale per trasformarsi in un delitto punito con la reclusione fino ad un anno: stesso trattamento nei confronti di coloro che si rendano responsabili della mancata osservanza delle eventuali prescrizioni date dal Questore per lo svolgimento della manifestazione.

L’art.24 TULPS disciplina, invece, lo scioglimento delle manifestazioni attraverso l’uso della forza. Nel comma 3 dell’articolo si prevede che la mancata ottemperanza all’ordine di discioglimento integra un reato di natura contravvenzionale punito con l’arresto da un mese ad un anno (oltre all’ammenda). Anche in questo caso il D.L. andrebbe ad aggiungere un comma finale all’articolo, in forza del quale, nel caso in cui l’illecito venga commesso nel contesto di una manifestazione non autorizzata, il reato si trasforma da contravvenzione in delitto, pur restando invariato il limite massimo di pena.

Vale la pena evidenziare che la trasformazione del reato da contravvenzione a delitto non è una questione meramente “nominalistica”, essendo, invece, produttiva di conseguenze concrete, prima fra tutti il considerevole aumento dei termini per la prescrizione.
Con la modifica apportata all’art.109 TULPS si impone ai gestori di strutture ricettizie di comunicare immediatamente agli uffici di polizia le generalità delle persone alloggiate per un solo giorno.

ART.6
Con l’art.6 del D.L. la novella normativa viene portata all’interno della legge n.152/1975, meglio conosciuta come “Legge Reale”, uno straordinario strumento di repressione giudiziaria e poliziesca messo a punto per contrastare la crescente diffusione e radicalizzazione dei movimenti sociali nella metà degli anni “70. Le nuove disposizioni proposte intervengono nel testo di legge modificando l’attuale art.5 ed inserendo il nuovo art.5bis. L’art.5 della l. n.152/1975 disciplina il reato comunemente conosciuto come reato di “travisamento”. Anche in questo caso si tratta di reato contravvenzionale che, all’epoca dell’approvazione della Legge Reale, era punito con l’arresto da uno a sei mesi, pena elevata nel 1977 all’arresto da sei mesi ad un anno. Nel 2005 il legislatore ha pensato bene di intervenire nuovamente sull’entità della pena prevedendo l’arresto da uno a due anni.

Se venisse approvato (e convertito) il nuovo D.L. il reato, se commesso in occasione di manifestazioni pubbliche, verrebbe trasformato in delitto, pur restando invariato il limite massimo di pena.

Ma la modifica di maggiore impatto che verrebbe apportata alla legge n.152/1975 riguarda l’inserimento dell’art.5bis, con il quale a completamento dello spazio repressivo già saldamente e pesantemente presidiato dall’art.336 c.p, (violenza o minaccia a pubblico ufficiale) e 337 c.p. (resistenza a pubblico ufficiale) si introduce una nuova ipotesi di reato, che potremmo definire di “resistenza passiva”. L’articolo in oggetto prevede, infatti, che sia punito con la reclusione da uno a tre anni chiunque nel corso di manifestazioni pubbliche si opponga al pubblico ufficiale utilizzando “... scudi o altri oggetti di protezione passiva ovvero materiali imbrattanti o inquinanti...”.

In base al disposto dell’articolo integrerebbe un reato, sanzionato con una rilevante pena reclusiva, il solo fatto di ripararsi e proteggersi durante il “manganellamento” dei tutori dell’ordine. Considerato che nell’articolo si fa riferimento non solo agli scudi, ma anche a generici “oggetti di protezione passiva”, il reato potrebbe essere commesso con qualsiasi cosa, persino anche con lo zainetto che ti ritrovi in mano: non solo ci vogliono obbedienti e remissivi, ma anche estraniati a tal punto dai nostri corpi da rinunciare anche al diritto primario di proteggere (o, meglio, tentare di proteggere) la nostra incolumità nel corso di un’aggressione fisica!

Parallelamente, con il secondo comma del medesimo articolo, viene sanzionato con la pena della reclusione da uno a quattro anni il lancio o l’utilizzo di “... razzi, bengala, fuochi artificiali, petardi, strumenti per l’emissione di fumo o di gas visibile o in grado di nebulizzare gas contenenti principi attivi urticanti, ovvero bastoni, mazze, oggetti contundenti o, comunque, atti a offendere...”.

ART.8
Il successivo art.8 contiene un elenco di modifiche al codice penale, anche queste di rilevante impatto. In particolare deve essere segnalato:

1. L’aggravamento dei limiti di pena per il reato di oltraggio a pubblico ufficiale. Il delitto di oltraggio a pubblico ufficiale, che affonda le proprie radici nel diritto penale fascista, era stato abrogato nel 1999, quando l’illecito era punito con una pena massima di due anni. Successivamente la fattispecie è stata reintrodotta dal cosiddetto “Pacchetto sicurezza” (L. n.94/1999) con una pena massima già elevata di un terzo rispetto alla fattispecie abrogata (da 2 a 3 anni). Con il nuovo D.L. Salvini il limite massimo di pena raggiunge livelli improponibili, prevedendo un massimo edittale pari a quattro anni, ovvero pari al doppio di quanto previsto dal legislatore fascista all’epoca dell’entrata in vigore del codice Rocco (01/07/1931);

2. Nel 2015 è stato introdotto nel nostro codice penale l’art.131bis c.p. che disciplina l’istituto della “esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto”. Si tratta, in sostanza, di un dispositivo volto ad escludere la punibilità del fatto quando questo, pur rientrando formalmente in una fattispecie di reato, risulti privo di un’effettiva offensività e caratterizzato da una scarsissima o nulla rilevanza sotto il profilo penalistico. Con l’art. 8 del D.L. viene esclusa a priori la possibilità di applicare tale causa di non punibilità quando il fatto riguardi i reati di resistenza, violenza, minaccia e oltraggio a pubblico ufficiale;

3. In riferimento al reato di danneggiamento (635 c.p.), attualmente punito con una pena già elevata che va da un minimo di sei mesi ad un massimo di tre anni, viene previsto l’innalzamento dei limiti edittali, che vengono portati da uno a cinque anni, nel caso in cui il reato sia commesso nel corso di una manifestazione pubblica.

Se effettivamente il Decreto Legge dovesse essere approvato e convertito, le conseguenze sarebbero estremamente gravi. Nel volgere di pochi mesi gli interventi legislativi già portati a termine e quelli in programma, disegnano una caduta verticale del livello di tenuta democratica dell’ordinamento ed una crisi profondissima nella sfera dei diritti primari. L’azione governativa è arrivata ad aggredire il cuore dei dispositivi di garanzia dell’ordinamento penale, alimentando il populismo giudiziario e l’integralismo giustizialista.

Il nuovo Decreto Legge è un atto di guerra al dissenso e all’opposizione sociale, sia che essi si manifestino nelle piazze, sia che si manifestino sui mari attraversati dai migranti. È più che mai necessario ed urgente attivarsi per costruire una risposta larga e determinata capace di contrastare un processo che oramai coinvolge le nostre stesse libertà fondamentali.

Note

[1] Vedi la bozza del Decreto sicurezza bis

Tratto da: