Ci eravamo già occupati di segnalare quel che sta succedendo in America intorno a quella che viene definità "neutralità della rete", ovvero l'insieme di regole messe a punto tre anni fa dalla Fcc (Federal Communications Commision) che dovrebbero garantire uguale accesso alla rete. Una sentenza del distretto di Columbia ha dato ragione alla Verizon sancendo la possibilità che la rete non sia uguale per tutti. Dipenderà da chi sei e da cosa paghi.
Un tema, di per sè globale, che si affaccia anche in Europa che dovrà discuterne nei prossimi mesi.
Per saperne di più vi proponiamo due articoli, tratti dal Manifesto e da Wired.
Primo Stop alla neutralità della rete di BenOld da il Il Manifesto 16 gennaio 2014
Battuta d’arresto per il dispositivo di regole messo a punto dalla «Federal Communications Commission» (Fcc) statunitense sulla cosiddetta net-neutralità, cioè la garanzia che ogni informazione che viaggi su internet debba essere gestita indipendentemente dal contenuto che veicola e dai soldi pagati a chi fornisce la connettività. Il regolamento, chiamato significativamente «Open Internet Order», è stato varato dopo anni di lavori della commissione federale per dirimere le richiese di chi sosteneva e sostiene che ogni dato deve essere trattato alla pari di altri, garantendo così la neutralità della Rete; dall’altra la tesi di molti fornitori di connettività che chiedevano di differenziare la velocità di trasmissione in base a criteri monetari.
I due «fronti» hanno visto contrapposti associazioni dei diritti civili, ma anche molte imprese che hanno il loro «core business» nell’aggregare dati e contenuti (Google, ad esempio), dall’altra agguerrite multinazionali delle telecomunicazioni che puntano ad acquisire clienti disposti a pagare molto di più dei canoni usuali per evitare le attese di risposta su Internet. A fermare il regolamento della Fcc una sentenza della corte di appello del distretto di Columbia, che ha accolto un’istanza di Verizon, che considerava l’equiparazione delle società di telecomunicazioni a società di servizi informativi un «abuso di potere». Secondo le leggi americane, chi fornisce servizi di informazioni non può operare nessuna discriminazione e privilegiare questo o quel cliente. Per Verizon, invece, le società che garantiscono la connettività alla Rete questo sarebbe un «abuso di potere» perché limita la loro attività. I giudici hanno accolto questa tesi. Immediata la reazione delle associazioni dei diritti civili, che hanno chiesto alla Fcc di modificare il regolamento, salvaguardando comunque il principio della net-neutrality.
Neutralità della Rete, cosa cambierà per gli Usa da Wired
Storica sentenza di una corte d’appello del District of Columbia: via libera alla Rete a due velocità, scardinati i principi dell’internet libera stabiliti dalla Federal communications commission tre anni fa. Cosa può imparare l’Europa da questa svolta
Gli Stati Uniti piombano dunque dall’avanguardia – almeno teorica – nella protezione della Rete alla retroguardia più inquietante. Proprio tre anni fa la Fcc aveva deciso di tutelare il futuro di internet, e dunque di parte dei processi d’innovazione, proteggendola dagli interventi degli operatori. Di quello scheletro legislativo rimane in piedi solo l’obbligo alla trasparenza, e cioè la necessità di dichiarare ai clienti e alle aziende come viene gestito il traffico, gli estremi commerciali e le prestazioni offerte. Dopo la sentenza di Washington, però, tutto il resto cede di fronte alle pressioni del mercato. Cioè l’aspetto più legato alla libertà di movimento in Rete, che non deve (doveva) essere troppo differenziata in base alle offerte scelte dai clienti né tantomeno subire il blocco alla fruizione di servizi o contenuti web di qualche tipo, purché legali ovviamente, compresi quelli della concorrenza. Divieti più light per il comparto mobile, ma pur sempre esistenti. In realtà agli operatori era già data l’opportunità di spingersi più in là, proponendo alcuni “servizi specializzati” già consentiti, ma a patto che non incidessero su una piattaforma di partenza uguale per tutti.
Insomma, via libera alla pacchettizzazione dell’offerta e accesso completo al Web in bilico. In base, oltre tutto, a un principio che è ancora più importante della stessa decisione. Il fatto, cioè, che secondo la corte Usa gli internet service provider non possono più essere tagliati fuori dalla gestione dei contenuti della Rete. Insomma, la decisione stabilisce che sono nello stesso tempo operatori di rete (quindi infrastrutturali) ma anche di contenuti (quindi, di fatto, editoriali). E possono dunque ritagliare quella sterminata offerta che è internet in base ai parametri di velocità ma anche di servizio e contenuto concessi agli abbonati.
La commissione federale può ora appellarsi o accogliere i rilievi e preparare un nuovo regolamento. Rimane il fatto che la decisione rappresenta un bel campanello d’allarme per l’Europa. Proprio lo scorso settembre la commissaria europea Neelie Kroes ha presentato il nuovo pacchetto di misure per il mercato delle telecomunicazioni, l’ormai noto Connected Continent: Building a Telecoms Single Market. Lì dentro, oltre a molti aspetti legati al roaming internazionale o alla portabilità della Sim da operatore a operatore, c’è anche un capitolo importante dedicato proprio alla neutralità della Rete. Le nuove norme proposte, che dovranno passare il vaglio di Parlamento e Commissione, hanno mosso una montagna di critiche alla commissaria olandese e al suo staff. Motivo? L’introduzione, un po’ com’era nel regolamento della Fcc appena bocciato (o meglio, superato), della possibilità per gli operatori di stipulare accordi con i fornitori di contenuti per offrire servizi particolari, di qualità. E diversificati (video in streaming, offerte per settori specifici e così via). Il tutto, però, senza toccare un accesso aperto a “Internet senza restrizioni”.
Anche da noi, dunque, Europa come Italia, le compagnie che forniscono accesso alla Rete spingono (e continuano a fare lobbying in questi mesi a Bruxelles) per creare un nuovo mercato. Magari non proprio un’internet 2.0 riservata a chi potrà o vorrà pagare di più ma certo l’idea è quella di allargare il più possibile quella possibilità già inclusa nella bozza di riforma del mercato Tlc per dare vita a una Rete nella Rete. D’altronde le tariffe calano e i player puntano sui servizi affamati di banda (streaming musicale, giochi, chiamate, file sharing), quelli che tirano di più online, lasciando a chi non può o non vuole pagare le macerie del Web. Come dire, da una parte autostrade digitali veloci e pulite con aree di sosta da sogno, dall’altra disastrate strade provinciali in cui incanalare tutti gli altri. Difficile che succeda? Per ora la presidenza greca del consiglio Ue ha derubricato dibattito e approvazione della riforma. Chissà che anche questa grana non debba toccare a Enrico Letta.