Siria - Sequestrato e ferito vignettista critico del regime

29 / 8 / 2011

Damasco, 27 agosto 2011, Nena News – Ali Ferzat, noto vignettista satirico siriano, è stato trovato giovedì da alcuni passanti sanguinante sulla strada che conduce all’aeroporto di Damasco. Era stato prelevato con la forza alle 5 della mattina vicino alla centrale moschea degli Ommaiadi, da un gruppo di agenti di sicurezza e di shabiha (milizie pro-regime) mascherati che l’hanno costretto a salire su un pulmino, l’hanno sequestrato e picchiato per varie ore, soprattutto alle mani, con l’evidente obiettivo di impedirgli (almeno per un po’) di disegnare. «È un avvertimento» gli hanno detto mentre lo picchiavano,

Ali Ferzat, 60, è uno delle principali figure culturali in Siria. Dalla sua galleria nel centro di Damasco, Ferzat con le sue vignette conduceva un’ironica e pungente critica del potere, come la burocrazia e la corruzione del regime di cui ha trattato a lungo. Ma da marzo si era dedicato a dipingere il movimento di protesta. Come altri intellettuali siriani, era diventato sempre piu’ critico del regime e della sua repressione brutale. Una delle ultime vignette mostrava Gheddafi in fuga su un auto che si fermava a raccogliere Bashar Al Assad. Recentemente era apparso sulla televisione Al-Arabya e le sue vignette erano seguite da molti siriani per cercare qualche sorriso di sollievo in questi tempi di atmosfera cupa. In passato la notorietà garantiva una certa incolumità dalla repressione, ma questo non è più così vero. La nota attrice May Skaf è stata arrestata (e poi rilasciata) per aver partecipato ad una manifestazione di protesta nel centro di Damasco. Teppisti pro-regime hanno vandalizzato la galleria d’arte di Fares Helou, celebre attore di musalsalat (soap operas siriane) «colpevole» di essere pubblicamente dalla parte dei manifestanti.

«Il sistema di repressione delle proteste è complesso», racconta un uomo d’affari damasceno con conoscenze vicine al regime che chiede l’anonimato per ragioni di sicurezza. «Oltre all’apparato dei servizi di sicurezza, un ruolo fondamentale è giocato dalle shabiha. Prima della proteste questo termine indicava solo l’apparato della famiglia Al Assad che gestiva i traffici illeciti nel porto di Latakia ed il contrabbando con il Libano, composta da fedeli alawuiti. Venivano chiamati shabiha, «fantasmi», perché viaggiavano senza targa. Ora il termine indica tutte le milizie pro-governative impegnate nel sistema di repressione. Sicuramente da qualche mese le bande di shabiha sono strettamente coordinate e collaborano con i servizi di sicurezza nella repressione delle proteste. Svolgono diversi compiti: gli incarichi più sporchi, i cecchini, sono svolti dai «duri», spesso guardie del corpo palestrate e tatuate, vestiti di nero, facilmente individuabili nei

video che circolano su internet. Altri fanno parte delle squadre che disperdono le manifestazioni, ad esempio quelli che il venerdì sono ben visibilmente appostati fuori dalle moschee con bastoni pronti per picchiare i manifestanti. Altri ancora sono incaricati di controllare le strade e di avvisare se scoppia qualche protesta. In maggioranza sono alawuiti, ma non solo.Oltre alle bande di shabiha, esistono le milizie del partito Baath, anche queste armate di bastoni per picchiare i manifestanti, e i mnehbak, (ti amiamo, in arabo), coloro che partecipano ai raduni pro-Bashar e scorrazzano per le strade con i poster del presidente, molti dei quali vengono «caldamente» invitati a partecipare dai propri datori di lavoro. La shabiha è finanziata da uomini d’affari vicini al presidente, al fratello Maher ed al cugino Rami Makhlouf, tra cui molti sunniti, quelli che hanno tratto i loro profitti dai legami con il regime. Solo alcuni di questi sono finiti nelle nelle liste dell’Ue. Tra gli shabbiha alcuni sono impiegati a tempo pieno, come i cecchini, altri sono pagati ad incarico (anche 100 dollari per un venerdì secondo alcune voci).