Più il mondo è globalizzato, più la comunicazione è istantanea, più il
flusso delle notizie è impetuoso e meno sappiamo dei paesi accanto:
proprio come la vita dei nostri vicini di casa scorre parallela alla
nostra, ma separata, ignota e incomunicante, così avviene per le realtà
sociali: con i suoi 92 morti, la duplice strage di venerdì in Norvegia
ne è la riprova più feroce.
La stessa facilona superficialità con cui
abbiamo potuto oscillare tra la pista islamica e quella dell'estrema
destra indigena la dice lunga sulla nostra ignoranza. Altrettanto
sintomatico è stato il coro su «l'innocenza perduta», come se a nord
della Germania qualcuno l'avesse prima mai trovata.
Solo la nostra
totale incomprensione del mondo che ci circonda ci ha permesso da
vent'anni a questa parte di non chiederci nemmeno una volta come mai le
terre della mitica «socialdemocrazia nordica» avessero ripudiato con
tanta facilità la forma più vicina al paradiso terrestre che l'umanità
avesse mai conosciuto. E non è solo un modo di dire.
Perché con la
loro protezione sociale, con il loro livello di uguaglianza nei salari,
con la gratuità di servizi di alta qualità per tutti, le
socialdemocrazie scandinave sono state quanto di più vicino a un modello
concretamente socialista che la terra abbia conosciuto nel XX secolo,
su questo non ci piove. Ma mai ci siamo interrogati su perché e per come
questo «modello scandinavo» si sia sgretolato in Svezia, in Finlandia,
in Olanda e in Danimarca quasi in contemporanea con il crollo del muro
di Berlino e con l'inglorioso autodissolvimento dell'Unione sovietica
(solo il petrolio del mare del Nord ha contrastato questa deriva in
Norvegia).
Sia ben chiaro: anche 20 anni dopo aver intrapreso l'amara
cura liberista, questi paesi rimangono infinitamente più sociali di
quanto l'Italia si possa mai sognare in un prevedibile futuro (a meno di
insperate rivoluzioni). Ma non ci si è accesa una lampadina in testa
nemmeno quando, dopo l'11 settembre, proprio in questi paesi - e non
altrove - è apparsa per la prima volta una crociata anti-islamica: è in
Olanda che il regista Theo Van Gogh ha diretto il film Submission, per
cui è stato ucciso da un olandese di origine marocchina; è in Danimarca
che nel 2005 il quotidiano Jyllands-Posten ha pubblicato le 12 vignette
su Maometto che hanno fatto infuriare il mondo musulmano.
Neanche
dopo i risultati elettorali dell'ultimo decennio abbiamo cercato di
capire. Abbiamo assistito all'ascesa dei partiti di estrema destra senza
domandarci come fosse possibile che la socialdemocrazia generasse i
suoi mostri, in una riedizione in piccolo de La dialettica
dell'illuminismo di cui parlavano Theodor Adorno e Max Horkheimer per
rendere conto dell'ascesa del nazismo. In Danimarca nelle elezioni del
2001 il Dansk Folkeparti (Partito del popolo danese) ottenne il 12 % dei
voti e 22 seggi; nel 2007 migliorò i suoi risultati con il 13,8 % dei
voti e 25 seggi (su 179), e poiché garantisce il governo fornendogli un
appoggio esterno, ne condiziona le politiche, in particolare quelle
migratorie. Stessa situazione in Olanda dove governa una coalizione di
centrodestra sostenuta dall'esterno dal Partij voor de Vrijheid (Partito
per la libertà) di Gert Wilders che nel 2010 ha ottenuto il 15,5% dei
voti e 24 seggi (su un totale di 150). In Svezia una coalizione di
centrodestra ottenne la maggioranza assoluta nel 2006: nel 2010 l'ha
persa, ma continua a governare grazie all'ascesa del partito di estrema
destra Sverigedemokraterna (Democrazia svedese) che per la prima volta è
riuscito con il 5,7% dei voti a superare lo sbarramento ed entrare in
parlamento con 20 seggi (su 349). In Finlandia quest'anno le elezioni di
aprile hanno registrato un progresso del partito xenofono e
antieuropeo, il Perussuomalaiset (Veri Finnici), che è balzato dal 4 al
19,1 % dei voti e da 5 a 39 seggi (su 190). E se la Norvegia sembra
andare in controtendenza, perché il partito laburista continua a
governarvi, in realtà alle elezioni del 2009 il centrodestra nel suo
complesso ha ottenuto la maggioranza assoluta dei voti e i partiti di
destra più estrema Høyre (Partito conservatore, letteralmente la
«Destra») e Framstegspartiet (Partito del Progresso) hanno guadagnato in
seggi e in voti. Da notare che il sospettato autore delle stragi di
Oslo e di Utoya, il 32-enne Anders Behring Breivik, è stato dal 1999 al
2004 membro della gioventù del Partito del Progresso, che poi ha
abbandonato accusandolo di «aver abbracciato il multiculturalismo».
Eppure
noi sapevamo che i rapporti dei paesi nordici col nazismo non erano mai
stati innocenti quanto ci hanno voluto far credere. Le correnti di
simpatia per chi sosteneva la purezza della nordica razza ariana furono
meno marginali di quanto ci raccontassero. E il collaborazionismo con il
terzo Reich fu meno recalcitrante di quanto fu tramandato. Il nome
Quisling è diventato sinonimo di viceré servo dell'invasore, da quel
Vidkun Quisling che dal 1942 al 1945 governò la Norvegia in nome del
Führer. Anche in Olanda e negli altri paesi occupati la versione
postbellica edulcora non poco la realtà.
Ma anche a prescindere da
quegli anni bui, un sospetto poteva venire dopo l'assassinio di Olof
Palme (1986), o anche dal diffondersi di fenomeni che mal quadravano con
lo stereotipo dell' innocenza e del paradiso socialdemocratico. Per
esempio, nel corso di ricerche sulle gangs americane, scoprii in Svezia e
Norvegia filiali di gangs di Chicago (a loro volta gang svedesi come
gli Original Gangsters di origine siriaca hanno filiali in Germania).
Altri indizi ci giungevano dalla letteratura gialla, come scrive qui
accanto Aldo Garzia, dagli svedesi Henning Mankell e Stieg Larsson, dal
norvegese Jo Nesbø, dall'islandese Arnaldur Indriðason. Tutti ci
mostrano società inquiete, irriconoscibili rispetto ai nostri
stereotipi. Basti pensare a un dettaglio: la Svezia è uno dei paesi più
ricchi al mondo, ma da una ventina di anni sono sempre più numerosi gli
svedesi che vanno a lavorare in Norvegia. E naturalmente, appena
appaiono come lavoratori immigrati, subito vengono connotati in termini
negativi: Bossi potrebbe imparare dalla nascita di un leghismo norvegese
anti-svedese.
Il meccanismo della comunicazione globale ci impone -
per ieri e per oggi - le stragi di Utoya e Oslo con la loro disumana
violenza. Pronto a dirottarci domani verso una nuova strage, un nuovo
massacro, un altro tsunami che cancelleranno la memoria di questo
eccidio come un file da una penna di memoria flash. E invece dovremmo un
istante staccare la spina alla nostra tv satellitare, dovremmo
prenderci una «siesta digitale» come diceva El Pais qualche giorno fa e
cercare di ricostruire un background concettuale agli eventi che ci
vengono incessantemente imposti e subito sottratti. Pensarli
politicamente, cercare di capire quale nuova dialettica dell'illuminismo
ha portato una democrazia nordica a guardare esterrefatta i corpi
crivellati dei suoi adolescenti giacere inanimati su un'isola felice.
«È
importante rimanere uniti e sostenerci a vicenda». Questo l'appello
lanciato ieri dal re di Norvegia, Harald V, all'indomani dei due
attacchi che hanno sconvolto il Paese, provocando la morte di almeno 90
persone. La loro morte, ha detto il monarca, è «una tragedia
incomprensibile». Il re di Norvegia, Harald V e la regina Sonia ieri si
sono recati in visita sull'isola di Utoya, teatro l'altro ieri della
sparatoria che ha provocato la morte di almeno 90 persone nel campo
estivo dei giovani militanti laburisti
«La cronaca della follia umana
ci pone una volta di più di fronte alla sua orrenda manifestazione. E
mentre esprimiamo il nostro più sentito cordoglio e la vicinanza alle
famiglie delle giovani vittime a e tutto il popolo norvegese, non
possiamo fare a meno di esprimere una pacata protesta per l'ingiusto uso
di un aggettivo a rilevanza religiosa per qualificare il sospetto
autore della strage e per l'ulteriore tentativo di demonizzazione della
presenza islamica in Europa che si è perpetrato su molti media italiani»
si legge nella nota l'Unione delle Comunità islamiche in Italia.
Norvegia - Quel paese ignoto nel mondo globale
25 / 7 / 2011