Siamo quelli che molti pensano essere solo delle
cifre nelle indagini dello Svimez o dell’Istat. Siamo quelle statistiche che
spaventano tutti quando sentono di parlare di una crisi economica che è qui ed
ora, che ci racconta di giovani che non studiano e non cercano lavoro, oppure
condannati alla precarietà lavorativa ed alla piena dequalificazione dei propri
percorsi formativi.
La nostra quotidianità, è la povertà.
Il nostro sfruttamento, è l’intermittenza.
La manovra economica del governo Berlusconi altro non è che l’azione
devastatrice applicata al nostro paese dei diktat della Bce e degli organismi sovranazionali
che dopo aver salvato le banche, gli speculatori finanziari, i ricchi, ora
scaricano i costi della crisi su di noi. Dall’aumento dei costi dei servizi che
saranno privatizzati, alla libertà di licenziamento, dalla fine del contratto
collettivo nazionale all’annullamento dello spazio del welfare e delle forme
dirette ed indirette di redistribuzione della ricchezza verso il basso.
La crisi la vogliono far pagare a noi.
A noi, a cui il futuro è cancellato dalla precarietà (dal cognitariato ai
lavori materiali) dalla disoccupazione (sempre crescente soprattutto tra i
giovani) dalla povertà che risulta essere oggi il grande tema che la crisi ci
pone di fronte.
Veniamo dalle scuole e dalle università distrutte dalla Legge Gelmini ed in
particolar modo dai processi di destrutturazione dell’accesso pubblico ai
saperi. Veniamo dai quei quartieri della metropoli dove la crisi non agisce
come una mannaia che effettua un taglio lineare al peggioramento delle
condizioni di vita, ma come una punta di coltello che affonda le sue lame nella
carne viva distruggendo territori, sottraendo servizi, saccheggiando beni comuni,
annullando la socialità. Perché la crisi non agisce allo stesso modo ovunque.
Così come gli squilibri socio economici si acuiscono con un ampliarsi del
divario tra Nord e Sud del paese in un rapporto di subalternità a discapito del
Mezzogiorno, così nei confini della metropoli nelle periferie e nei quartieri
popolari la crisi morde più che in altri.
Pensiamo che i tempi che abbiamo davanti siano incerti ed assolutamente
inediti. Siamo coscienti che davanti ad uno scenario di crisi come i tempi che
viviamo, sia necessario produrre una mobilitazione permanente capace di
stimolare e attraversare un insorgenza sociale reale nel paese che indichi un alternativa
dal basso alle politiche di austerità decise dagli organismi sovranazionali. Accanto
all’espressione di una rabbia sociale sempre più forte nel paese, pensiamo che la
costruzione di alternativa politica debba rappresentare il terreno su cui
provare a battere i dispositivi di austerità così come i banchieri, gli
speculatori ed i ricchi.
Veniamo da esperienze di attivismo, di militanza, ma anche da
individualità ribelli non disposte a
pagare la crisi. Abbiamo sentito il bisogno di costruire un “luogo” politico,
di discussione, di analisi e di mobilitazione permanente dentro la crisi, a
partire da un percorso di omogeneità politico - relazionale ed a partire da un
comune che i nostri territori politici e urbani ci consegnano.
Vogliamo aprire un percorso che sappia poi a sua volta relazionarsi con altri
soggetti che nella crisi trovano la loro omogeneità, avviando con essi percorsi
ricompositivi : dagli altri segmenti precari della moltitudine, agli operai che
difendono il contratto collettivo nazionale.
Pensiamo di mettere al centro da un lato pratiche di riappropriazione dei
bisogni e dall’altro mobilitazioni sui temi del diritto casa, dei diritti sociali,
dei servizi alla persona, contro una manovra economica che protegge ricchi e
speculatori. Pensiamo che questo debba essere il pane quotidiano dell’autunno,
a partire dai nostri sforzi soggettivi sperimentando dal basso pratiche di
alternativa, auspicandoci che un movimento moltitudinario contro la crisi
travolga austerità, banchieri e fino anche noi stessi.
Vogliamo uscire dalla crisi ponendo al centro il tema di una nuova idea di
welfare a cominciare dal reddito per tutt*, ma anche il tema del lavoro a
cominciare dalla cancellazione della Legge Biagi fino alla difesa del contratto
collettivo nazionale.
Vogliamo un paese dove una nuova idea di ridistribuzione della ricchezza verso
il basso si affermi. Vogliamo una città dove la giustizia sociale sia messa al
centro, sottraendo spazio ad una idea di legalità vuota e desueta e
legittimando invece pratiche di riappropriazione, di autoriduzione, di
restituzione al valore sociale degli spazi che a loro volta siano il cuore di
un concetto portante di giustizia sociale metropolitana.
Pensiamo che, così come nel paese debba esserci una stagione nuova delle lotte
sociali capaci di contrastare una idea di irreversibilità della povertà intesa
come condizione sociale ineluttabile affermando modelli alternativi, così nella
metropoli debba esserci una stagione di riqualificazione sociale in cui i quartieri
vengano messi al centro di un progetto di emancipazione collettiva dentro la
crisi.
Per questo apriamo una fase costituente che immediatamente si immetta nel
processo di mobilitazione permanente contro la crisi.
Se qualcuno pensa che siamo solo numeri : giovani disoccupati, studenti,
precari…
E’ il tempo che i numeri si organizzino…
Sabato 10 Settembre ore 10:30
presso Laboratorio Insurgencia, Via Vecchia S.Rocco 18
Assemblea costituente per una rete urbana oltre la crisi