Le radici del Islam militante

Harakat Islamiya

di Antonio Musella

22 / 1 / 2009

“Da diverse parti del mondo le scienza furono trasmesse nella lingua araba; da questa furono abbellite e cosi’ penetrarono nei cuori degli uomini,mentre le bellezze di quella lingua scorrevano nelle loro vene”

Al Biruni in“Kitab al Saydana”


Le recenti manifestazioni a sostegno del popolo palestinese in Italia ed in Europa hanno senza dubbio esplicitato il dato di novita’ dell’apparire di una componente islamica radicale. Dal cuore della metropoli molti migranti appaiono per la prima volta nelle piazze conformando in questo modo una composizione del movimento in sostegno del popolo palestinese nuovo, che vede nel carattere religioso e dell’islam militante il principale elemento contraddistintivo.

Da questa composizione emerge uno stato di disagio evidente da parte dei movimenti antisistemici in Italia ed in Europa, che mai si sarebbero immaginati di essere rappresentati dallo slogan “Allah Akhbar”. Davanti ad una composizione sociale cosi’ complessa, il mondo dell’islam militante risulta essere ai piu’ un mondo ancora oscuro e sconosciuto in occidente e nel nostro paese.

Il mondo che gravita oggi intorno alle moschee ed ai centri culturali islamici nasce da quei movimenti islamici contemporanei che trovano la loro genesi ad inizio del novecento. La fondazione del movimento dei Fratelli Musulmani (Ikhwan Muslimin) nel 1929 da parte di Hasan Al Banna risulta essere il primo vero approccio politico della religione musulmana dopo secoli.

Il primo movimento che pone la questione centrale della lotta contro i costumi ed i valori occidentali come affermazione politica dell’Islam. Il militantismo dell’Islam, pur essendo una modernizzazione che riguarda le societa’ musulmane, ha costruito la propria concettualizzazione di alternativa all’Occidente assumendo dal Corano i concetti che potevano essere i piu’ adatti a una demarcazione di tipo epistemologico.

La costruzione dell’Islam militante si base sulla contrapposizione tra la storia post-coranica e quella pre islamica utilizzando il concetto digahiliyya per connotare tutto cio’ che e’ negativo e dunque tutti i valori dell’Occidente secolarizzato. Il pakistano Abu al Mawdudi e’ il principale filosofo e teorico della gahiliyya. Intorno agli studi ed alle teorie di Mawdudi si incentreranno tutti i movimenti islamici militanti dai Fratelli Musulmani in poi. L’affermazione del concetto ditawhid, ovvero dell’unicita’ di Dio, la sua maesta’ e sovranita’ assoluta su tutto l’essere, ed sul concetto di jihad come lotta alla gahiliyya contro cui nella storia tutti i profeti hanno combattuto, una jihad che si vorrebbe sempre rivoluzionaria poiche’ contrasta tutte le forme di sottomissione fuorche’ quella a Dio il cui governo e’ il fine ultimo, rappresenteranno i principali concetti espressi da Al Mawdudi. Posizioni evidentemente reazionarie ed integraliste ma che per la storia dell’islam hanno segnato la sua modernizzazione e il suo rilancio, già dagli anni ’60 a fronte di una tradizione che ormai non esisteva praticamente piu’.

L’attivismo dei leader politici, teologici e dei filosofi dell’Islam militante tra gli anni ’50 e gli anni ’80 rappresentano la riscrittura delle mappe politiche dell’Islam e la riformulazione del piano teologico della religione di Allah in una chiave assolutamente nuova rispetto ai secoli precedenti, dove la religione, come il concetto di tawhid e jihad insegnano, comincia ad essere immanente rispetto alla vita dei fedeli che diventano, tutti, militanti. Le organizzazioni del islam militante diventano ben presto movimenti fondamentalisti come la stessa Fratellanza Musulmana in Egitto ed in tutto il mondo arabo. Dalla lotta contro il colonialismo e per l’autodeterminazione, alla causa Palestinese, i movimenti islamici con i Fratelli Musulmani in testa si promuovono come vettori di trasformazione sociale in senso islamico delle societa’ in cui vivono.

E’ Sayyd Al Qutb che introduce per la prima volta negli anni sessanta il concetto diharakat ovvero di movimento. Un idea di lotta politica e di movimento sulla base della rilettura del Corano. Oppositore del nasserismo in Egitto, Al Qutb perfezione il concetto di jihad gia’ introdotto da Al Mawdudi, come lotta comunitaria, di massa per la supremazia dell’Islam come guida del mondo, lo jihad mondiale come obiettivo supremo. E' bene ricordare che fino a prima del ‘900 il concetto di jihad aveva ben altre interpretazioni promuovendosi come dove di ogni buon musulmano di osservare le regole ed i riti della propria religione, promuovendosi come strumento di pace e non come strumento di lotta politico e religiosa. In questo appare evidente come l’Islam contemporaneo, forte della scomparsa della tradizione religiosa abbiamo contribuito alla sostituzione dell’interpretazione delle scritture quella che veniva definita la igtihad con dei dogmi politici piu’ che religiosi e sostituendo la jihad a qualsiasi altra interpretazione del Corano.

Negli anni ’60 e ’70 lo scontro tra l’islam contemporaneo e il pensiero marxista e rivoluzionario nel mondo e’ stato durissimo. Mentre per un occidente nel pieno dell’esplosione sociale antagonista e nel pieno della guerra fredda i movimenti islamici e quelli marxisti rivoluzionari risultavano contigui, in realta’ nel mondo arabo non si e’ mai smesso di costruire terra bruciata intorno ai marxisti del mondo arabo e musulmano.

L’affiorare del concetto di thawra ovvero rivoluzione come trasformazione dell’esistente diventa la rottura tra la tradizione pre novecento, la turath con il concetto di tahwra stesso che ben presto diventa lotta al colonialismo, lotta contro Israele e lotta contro gli oppressori.

Proprio nel mondo sciita la penetrazione delle idee marxiste trova terreno fertile, soprattutto in Iraq ed Iran. Le idee marxiste in Iraq influenzano il mondo sciita che si identifica con la societa’ rurale e dunque con la fascia dei diseredati. Ma ben presto i movimenti islamici contemporanei costruiscono un argine contro la penetrazione delle idee di rivoluzione in Medioriente.

E’ Baqir Al Sadr (parente di Muqtada Al Sadr attuale leader sciita in Iraq) negli anni ’60, che riesce ad interpretare la necessita’ di rinnovamento della vecchia tradizione musulmana e la costruzione di una nuova identita’ dell’islam contemporaneo che segnasse una rottura sociale senza aderire alle idee marxiste. Al Sadr denuncia la chiusura e l’isolamento degli ulema (il clero sciita) e contrasta l’adesione ai movimenti comunisti. Con le opereFalasafatuna (la nostra filosofia) eIqtisaduna(la nostra economia) Al Sadr propone l’Islam come vera alternativa al socialismo ed al capitalismo.

Per questo fa davvero sorridere il ruolo di supporter iconoclasti di alcuni gruppi marxisti leninisti italiani rispetto a chi oggi, come Hamas ( Harakat Al Mukawama Al Islamiya – Movimento di resistenza islamica) risulta essere il degno erede di chi ha assassinato, ucciso e lanciato delle fatwa contro i pensatori e filosofi marxisti del mondo arabo.

Come Ali’ Shariati ad esempio tra i principali pensatori della rivoluzione iraniana contro lo Scia’, Shariati era una figura legata agli intellettuali laici, non faceva parte del clero sciita, ed era un universitario di formazione storica e filosofica . Teorico della liberazione, vicino al pensiero esistenzialista, sostenitore della critica marxista dei modi di produzione , la sua critica all’ etnocentrismo aveva fornito a diversi autori il quadro di riferimento della propria condizione nonche’ spunto determinante per la rivoluzione contro il regime fascista dello Scia’.
Shariati raccolse dall’identita’ sciita la spinta per la ribellione delle frange piu’ oppresse del suo paese e di gran parte del mondo musulmano, accusano il clero di essersi spento in una abbraccio mortale con il potere contro i popoli. Allo stesso modo Shariati e’ il principale interprete della visione dell’Islam come religione di tutti i popoli oppressi.

Per le sue posizioni laiche e marxiste Shariati fu arrestato numerose volte. Mori’ in circostanze misteriose a Londra nel 1977.

La rivoluzione iraniana del 1979 rappresenta il vero punto di riferimento politico del mondo arabo militante. Il Califfato Musulmano e’ possibile, ed e’ questo il principale riferimento al mondo dell’islam militante che la rivoluzione iraniana rappresenta. La natura della rivoluzione iraniana per il mondo islamico consente loro di poter affermare che monarchie o repubbliche hanno il mandato di governare dai parlamenti mentre l’Islam legifera per mandato di Dio che l’ha dato al suo profeta Maometto. Per questo oggi lo scontro nel mondo politico arabo risulta essere forte , ed anche il conflitto in Palestina risulta essere inserito in questo contesto, dove Hamas , al di la’ ed al di fuori dello scontro politico interno alla societa’ palestinese, prova a giocare un ruolo di concorrenza con l’Iran* nell’applicazione dello stato islamico che Khaled Meshaal probabilmente vorrebbe a Gaza. Una concorrenza che non risulta riportabile sul piano dello scontro politico o religioso dati i rapporti di vicinanza tra il governo iraniano ed Hamas (ed Hezbollah).

L’Islam militante di oggi trae le sue radici da questi punti di riferimento, da questi teorici e da questi concetti, rappresentando come gia’ detto un movimento di forte rinnovamento nella religione musulmana lontano invece da altri punti di riferimento come l’Arabia Saudita. Uno degli snodi principali degli interessi imperiali di oggi diventa il paese piu’ arretrato dal punto di vista politico e religioso. In Arabia Saudita la corrente wahhabita risulta essere di casa, ovvero proprio la dinastia reale che deriva dal califfo Al Wahhab. Una dinastia che e’ custode dei luoghi santi dell’Islam come Mecca e Medina e trae suo fondamento da un puritanesimo religioso che avvicina molto l’Arabia Saudita e la sua applicazione della sharia, la legge islamica, ai fanatici ebrei ortodossi ed al loro modo di rapportarsi con i testi religiosi.
L’islam contemporaneo costruisce identita’ in termini collettivi e non individuali, per questo e’ capace di costruire una comunita’ vera e globale. “La Nazione dell’Islam” oggi piu’ che mai e’ una realta’, ma che viaggia a diverse velocita’.

In Europa la comunita’ islamica e’ una comunita’ che e’ senza il suo dar al-islam, ovvero “il territorio dell’Islam”. Una comunita’ che vive in contesti sociali e politici diversi e che ha una comprensione di cio’ che avviene ad esempio in Palestina grazie ai media arabi , rispetto ai quali il solo fatto di essere “arabi” non gli impedisce di essere main stream rispetto alle logiche politiche del mondo arabo. Di conseguenza migliaia e migliaia di ragazzi, uomini e donne arabi e musulmani nel nostro paese hanno come unico e solo interlocutore gli imam e le moschee come punto di riferimento unico nelle metropoli. In questo oggi il contesto offertoci dalle mobilitazioni in sostegno del popolo palestinese deve essere da stimolo per le strutture di movimento per aprire un canale di comunicazione con questo spaccato del tessuto metropolitano altrimenti lasciato solo ed esclusivamente al mondo della religione. Nell’Islam l’assenza di una “chiesa ufficiale” lascia sostanzialmente un quadro dell’Islam fuori dal territorio del Islam, demandato alle singole dimensioni metropolitane ed alle singole posizioni degli imam, il che riesce comunque ad aprire degli spazi importanti per il coinvolgimento politico e sociale del mondo arabo rispetto ai processi di autorganizzazione sociale.

La questione che resta sul campo e l’incapacita’ davvero troppo diffusa nel nostro paese e nei movimenti di leggere la fenomenologia del mondo arabo senza riuscire ad avere nessun tipo di chiave di lettura piu’ profonda che la semplicistica liquidazione dei nostri media rispetto al mondo arabo. Quando la Bbc o la Cnn parlano del mondo arabo si affidano ad accademici o leader politici che vivono nei paesi arabi ed in occidente, oppure si affidano ai portavoce in Europa dei movimenti islamici (anche Hamas e Hezbollah hanno portavoce in Europa), mentre nel nostro paese del mondo arabo parla un ex egiziano che si chiama Magdi Allam che nessuno conosce nel suo paese, e che nessuno degli opinion leader dei movimenti del mondo islamico considera, che nessuna delle testate europee piu’ importanti si e’ mai sognata di interpellare. Un giornalista che improvvisamente, con lo sponsor del Corriere della Sera, si converte al cristianesimo assurgendo a simbolo della supremazia occidentale sull’Islam nell’ambito dello scontro tra civilta’. Dopo la conversione “improvvisa” Magdi Cristiano Allam si lancia ancor di piu’ nello scontro tra civilta’ con il suo libro “Viva Israele” e diventando l’opinionista piu’ richiesto nei mediocri salotti italiani.

Un emerito imbecille se non fosse per il ruolo prezzolato che il signor Allam ricopre, probabilmente in seno anche ai servizi segreti nostrani. Non sembra la versione araba di Pio Pompa e del suo ufficio di "disinformazione e istigazione"?


Nella tradizione del mondo arabo, per intenderci quella contemporanea ad Al Qutb in poi, c'e' sempre una concorrenza tra diverse fazioni per la realizzazione del Califfato Islamico. Seppure in un quadro di affinita' dovuta
all'appartenenza alla comunitia' musulmana (la nazione del Islam) tutti sono sempre in concorrenza tra loro. L'Arabia Saudita , di discendenza Wahaabbita, rappresenta un modello di califfato islamico, la rivoluzione khomeinista in Iran rappresenta , in termini rivoluzionari, l'applicazione della trasformazione della societa' secondo l'interpretazione del corano. In questo caso con un ruolo centrale del clero sciita, che a differenza di quello sunnita ha un ruolo politico molto maggiore. In questo emerge una importante differenza tra gli ulema (sciiti) e gli imam (sunniti). Dunque Hamas e l'Iran pur condividendo la stessa prospettiva, e facendosi sponda a vicenda sono anche in concorrenza. Questo non si tramuta in uno scontro politico - religioso tra le due parti, perche' si articola nell'ambito della “comune” jihad contro l'occidente.