dice una pubblicità di primaria banca che i suoi prestiti possono farvi sorridere.

La banca vuole farvi sorridere? Fatela piangere!

ancora sul diritto alla bancarotta

Utente: GIOVANNI
29 / 10 / 2009

Le notizie sullo stato dell’economia sono incerte e contraddittorie.
La “ripresa” è talvolta vicina, talvolta ci lambisce talvolta pare dolcemente rifluire ma senza dubbio “il peggio è passato”.
Lo dicono, lo giurano Draghi (Banca d’Italia, ex Goldman Sachs) Berlusconi (Banca Mediolanum) Tremonti (mai sentito parlare di Carlyle?)…..
I sinistri (tesi peraltro a presagire compromessi più o meno storici 35 anni dopo il sinistrissimo Berlinguer) fintamente si dolgono farfugliando di gente che non arriva alla quarta settimana ma aprono il sorriso pensando a quanti e quali abusi edilizi riusciranno a consentire e legittimare nelle terre da loro amministrate.
I dati che riporta la stampa -confusi e dettati più da spirito consolatorio e concertativo- non riescono però a nascondere un dato inconfutabile: le banche ci amano.
Si può leggere in Repubblica.it che nell’analisi ponderata rispetto al 2008, per il settimo mese consecutivo in Italia si registra una crescita della domanda di mutui da parte delle famiglie italiane. Nel mese di agosto, infatti, le richieste sono cresciute del +9% rispetto allo stesso mese del 2008 (dato ponderato sui giorni effettivamente lavorati). Rilevato su EURISC, il Sistema CRIF di Informazioni Creditizie che raccoglie i dati relativi ad oltre 70 milioni di linee di credito (cioè la gran parte dei finanziamenti erogati al mercato retail), questo trend potrebbe far pensare che se le famiglie italiane non sono ancora completamente uscite dalla crisi, quanto meno iniziano a comportarsi come se lo fossero…. sembra, quindi, che il picco peggiore della crisi possa considerarsi definitivamente alle spalle….l’uscita dal tunnel e il ritorno della fiducia trova ulteriore riscontro nell’analisi aggregata della domanda nei primi 8 mesi dell’anno, in cui la crescita è stata complessivamente pari ad un +4%....i principali driver di crescita della domanda dei mutui sono da ricercarsi nell’indubbio contributo dato dalla quota parte di mutui rinegoziati, nonché all’abbassamento dei tassi di interesse, ma senz’altro hanno contribuito anche la percezione da parte degli italiani dell’acquisto della casa come investimento (e non come spesa) e una rinnovata maturità e fiducia tra richiedenti e istituti di credito. (e qui l’ironia, ancorché inconsapevole, è fulminante laddove negli stessi giorni la stampa ci informava di un accordo che consentirà a trentaduemila sottoscrittori di bond Parmalat di recuperare circa il 10% dell’investimento).
Inoltre (è sempre Repubblica.it che pontifica) ...anche per i prestiti alle famiglie …..non è detto che nell’ultima parte dell’anno non si possa intravedere il sereno: potrebbero infatti iniziare a farsi sentire gli effetti indiretti della manovra messa in atto da ABI, Governo e associazioni di categoria per sostenere le piccole e medie imprese che, è bene ricordarlo, rappresentano la stragrande maggioranza delle imprese italiane (si veda la Moratoria “Avviso Comune per la sospensione dei debiti delle piccole e medie imprese verso il sistema creditizio”).
Non dimenticando che a piazza Affari è corsa ai bond (Il Sole, 28.10.2009) e che in Europa nei primi tre mesi dell’anno sono state emesse obbligazioni aziendali con rating investment grade per un totale di 1.160 miliardi di dollari. L’ammontare è record: mai in nessun anno anche preso per intero si era arrivati a tanto (loc. cit.).
In soldoni (mai detto gergale fu più indovinato) l’importante è che il denaro fluisca come e perché non è poi tanto rilevante (ditelo agli obbligazionisti Parmalat, appunto).
Il dato su cui si deve riflettere è che mentre il governo predica rigore e lotta agli sprechi (da ricondursi con Brunetta allo stato sociale) le banche ammiccano dalla vetrina di un negozio di auto, telefoni, abiti più o meno made in italy….

E’ la risposta alla richiesta che Confindustria da tempo attende [(la cosa che noi vogliamo è il credito (Marcegaglia, 15.03.2009)], ora declinato in modo significativamente “romantico”.
Le banche, assume la comandante dei padroni, non debbono guardarci attraverso i bilanci (che pone, con candore, più marci che nel 2008) ma alla luce della nostra (loro) capacità imprenditoriale e della voglia di primeggiare nella competizione commerciale.
Non può né deve passare inosservato il cambio di rotta che si chiede alle aziende di credito; non solo è auspicata la demolizione di ogni criterio sin qui adottato per accordare il credito (a mare la centrale rischi, il bollettino dei protesti, IAS, Basilea…) le banche debbono condurre l’istruttoria sulla Persona, avere a mente le capacità del singolo (che ove fallisca potrà consolarsi come già ad El Alamein: mancò la fortuna ma non il valore…).
Il capitale immateriale si fa persona proprio quando la singolarità precaria viene resa sempre più merce tra merci.
Si potrebbe dire Sraffa insegna, produzione di merda a mezzo di vita.
Ma se l’imprenditore che brucia miliardi -oltrecchè le nostre vite succhiando quanto la moltitudine pone, continuamente limitando, misurando, costringendo in recinti- pretende di avere libero accesso al credito anche nella certezza di non restituire quanto percepito solo perché è disposto a fare il proprio lavoro (autoreferenzialismo padronale), perché il cognitariato che pone esso stesso (e contro se stesso) le condizioni perché tutto questo si perpetui non dovrebbe fare altrettanto?
L’imprenditore deve essere valutato sul proprio valore. Perché non il precario, lo studente che tanto più partecipano allo sviluppo dell’economia basata sulla conoscenza (che il più delle volte l’imprenditore non ha)?
Conclusivamente: se chi distrugge ricchezza può accedere al credito, perché non può farlo chi la che crea?
Diritto alla bancarotta per i precari ecco la parola d’ordine (cfr basatardi senza onore: per il diritto alla bancarotta di Gigi Roggero)..
Cosi’ impostata la questione, evidenzia il sorgere di un vero e proprio diritto (attivabile anche nell’attuale ordinamento) della singolarità ad riappropriarsi (ancorchè in minima parte) di ciò che produce, per dirigerlo alla propria esistenza a sua volta socialmente produttiva.