Istanze morali versus sperimentazione selvaggia,

16 / 5 / 2015

Istanze morali versus sperimentazione selvaggia,

articolo di Patrizia Cordone

Alcune riflessioni pregresse a questo articolo si sono sedimentate con l’ulteriore lettura di un libro di Francis Fukuyama, L'uomo oltre l'uomo, che tratta argomenti pertinenti alla ricerca scientifica e agli interessi economico-finanziari gravitanti attorno ad essa, indubbiamente temi di pressante e pesante attualità, che investono non più né soltanto gli ambienti direttamente operativi, ma ogni cittadino del mondo a causa della pervasività peraltro non richiesta né sollecitata, semmai imposta quale conseguenza delle gravi  implicazioni etiche, come meglio si evincerà scorrendo le pagine.

Lo studio del dna non è fine a se stesso, né necessariamente per ritrovati terapeutici, dal momento che il principale interesse è costituito dall’analisi atta a sondare l’influenza sul comportamento: così è sempre stato già fin dagli albori della storia, fatta eccezione di una parentesi avvenuta nel ventesimo secolo, contrassegnata dall’enfasi caricata alle cause culturali ed ambientali.

 Ancora prima delle leggi razziali nazi-fasciste e con le debite differenze, nel 1924 gli Usa approvavano l’”Immigration Act” a favore dell’afflusso di immigrati provenienti dal Nord Europa, considerato il miglioramento della qualità razziale statunitense. Per la mobilitazione della prima guerra mondiale fu varato un programma di misurazione dell’intelligenza rilevante la capacità cognitiva sulla base dell’appartenenza etnica e razziale; del resto, nella storia anche con altre denominazioni, sia quella successivamente definita genetica comportamentale che l’antropologia transculturale hanno sempre insistito lo studio accanito delle differenze proteso al livellamento verso un unico modello (pagg.30-35). All’inizio del ventesimo secolo vennero finanziati programmi di eugenetica supportati da esponenti politici di destra, convinti assertori del darwinismo sociale, e persino da progressisti come Beatrice e Sidney Webb, George Bernard Shaw aderenti alla Fabian Society; da comunisti quali John B.S. Haldane e John D. Bernal; dalla femminista Margaret Sanger. Ed inoltre, molti paesi occidentali varavano leggi genetiche favorenti la genitorialità di portatori positivi, di contro la normativa della sterilizzazione coatta di persone considerate dementi restava in vigore nei paesi scandinavi e progressisti fino agli anni sessanta.

Casi noti di sperimentazione

Durante la guerra nell’Oceano Pacifico, in Giappone, si compivano sperimentazioni non consenzienti condotte dall’Unità 731 (pag.118). Dal termine della seconda guerra mondiale negli Usa gravi precedenti sono avvenuti e rilevati dai centri di osservazione della sperimentazione etica, i cosiddetti Nih, controllati dallo Us public health service, i quali però si palesarono inadeguati  a seguito di alcuni scandali come quello del Jewish Chronic Disease Hospital, dove i pazienti subirono iniezioni di cellule cancerogene; altro caso eclatante avvenne al Willowbrook, dove bambini ammalati di problemi mentali furono infettati con il virus dell’epatite. Nel 1974 quale freno a questa deriva, quindi a tutela dei soggetti-cavia, si approvava il National Research Act, con il quale si istituiva la National Commission for the Protection of Subjects of Biomedical and Behavioral  Research. Queste leggi definivano le linee-guida utili per la concessione di fondi pubblici federali destinati alla ricerca, ma l’efficacia di tali sistemi precauzionali si rivelava ancora inadeguata, tanto che nel 2001 la National Bioethics Advisory Commission sollecitava la formulazione di ulteriori leggi necessarie designanti l’istituzione di un ufficio nazionale per il controllo della ricerca sugli esseri umani, la ci giurisdizione potesse esercitare efficacia su tutto il territorio. Per dovere di cronaca, occorre precisare, che fin dagli anni sessanta ogni tentativo normativo del settore ha riscontrato ostilità dagli scienziati impegnati e coinvolti in ricerche opinabili. Infatti, anteponendo i vantaggi della sperimentazione a fini terapeutici invece della tutela della salute fisica delle persone-cavie, con scarsa modestia essi si ritenevano in quanto comunità scientifica assunti al ruolo di giudice di se stessi e persino dotati dei requisiti di valutazione sia dei pericoli che dei vantaggi, pertanto contestavano l’interferenza delle leggi federali nelle loro competenze professionali (pagg.272-275).

Istanze morali

   I propugnatori della ricerca scientifica esaltano l’aspetto utilitaristico dei benefici e relegano le considerazioni civiche nonché i diritti ad un ambito periferico di infima importanza, pur avendo la deontologia permesso l’evoluzione della storia umana (pagg.140-141). La loro impostazione ignora, che proprio le premesse etiche hanno consentito il raggiungimento degli obiettivi collettivi fondanti il concetto di giustizia a tutela dell’umanità e della società civile (pag.149). Ed invece … tra le insidie poste dalla neurofarmacologia, per esempio, si annoveri lo studio sperimentale della riduzione della complessità umana. Pur valorizzando eventuali scoperte debellanti gravi malattie, anche la manipolazione genetica presenta dei rischi scaturenti dalle sue attuali scoperte di raggruppamento di inedite classi genetiche superiori, a cui conseguirebbe la selezione di determinate caratteristiche ritenute di successo ovviamente da parte dei potenziali genitori (pagg.212-215).

   Molte sono le perplessità suscitate, non di meno occorre misurarsi con queste sfide lanciate dalla scienza, incentivando l’istituzione di comitati oppure di altri enti a livello statale, affinché si attui un controllo politico dello sviluppo delle biotecnologie rispondente le normative elaborate aventi tali finalità e successivamente si promuova la giurisdizione a livello internazionale.

  Attualmente i due schieramenti contrapposti si distinguono da motivazioni assolutamente antitetiche: l’uno propenso ad una visione libertaria (liberticida? n.d.A.) di sviluppo illimitato, condivisa da ricercatori e scienziati, industrie settoriali, a cui le limitazioni normative sarebbero eufemisticamente invise; mentre al lato opposto una rappresentanza eterogenea di attivisti dell’eticità e parte di esponenti politici di sinistra avversi allo sfrondamento delle barriere compiuto dalla ricerca, nonché allertati dal rinvigorimento ideologico minacciato dall’eugenetica (pagg.246-247). Tra le due polarizzazioni la prima propone maggiore azzardo, perché se in passato i ricercatori hanno convenuto all’autoregolamentazione della sperimentazione umana del dna, oggi gli interessi economici vedono gli stessi soggetti e l’industria ostili all’adozione di linee-guida normate dallo Stato, anzi la interpretano come un ostacolo alla propria qualità prestazionale, che a loro avviso si incrementa con la forzatura delle regole, se non addirittura eludendola  in toto, quasi una sorta di difesa da casta volta all’autopromozione di potere e di prestigio.

   Come se ciò non bastasse, questi soggetti possono decidere deliberatamente di trasferire le ricerche, le sperimentazioni, i collaudi e la commercializzazione altrove, cioè verso quei paesi permissivi al perseguimento delle loro finalità, senza essere imbrigliati né da controlli, né da veti legislativi (pagg.248-255). Siffatta scappatoia deve essere inibita da accordi internazionali, seppure affatto trascurabili sono saia gli impegni richiesti che le probabili inefficienze data la complessità variegata della materia e delle culture differenti da convergere verso una base etica comune oltre che condivisibile (pagg.18-20).  Pur tuttavia andrebbe scongiurata l’inerzia, considerato lo sviluppo scientifico repentino, perché equivarrebbe ad una sua legittimazione di fatto (pag.288).

  Alle istituzioni esistenti spetterebbe la competenza di controllo, anche se si trattasse di emendare i loro statuti, possibilità di difficile realizzazione, giacché comporterebbe un cambiamento della cultura organizzativa se non addirittura l’appesantimento di ruoli, la cui efficacia potrebbe non rivelarsi ottimale ed anzi richiederebbe personale suppletivo. Altra potrebbe essere appalesata tramite l’assegnazione della supervisione dell’attività scientifica a quegli enti pubblici competenti dell’erogazione dei finanziamenti scientifici

oppure ancora l’insediamento di istituzioni preposte a questo indirizzo di regolamentazione (pagg.289-293).

  Preliminarmente occorrerebbe distinguere, se alla ricerca si consegue un’obiettività terapeutica oppure, peggio, un miglioramento del patrimonio genetico con il pericolo di clonazioni inedite ed inaccettabili (pag.282); in ogni caso l’obiezione del legislatore condurrebbe alla definizione morale dei propositi imprescindibili sia degli scienziati che dell’industria.

  Seppure … dei protocolli esistono già Dichiarazione di Helsinki,  Convenzione di Cartagena ,Convenzione sulla biodiversità, Dichiarazione di Alma Ata, Principio di precauzione ,Principi di Barcellona, Belmont Report.

 Intanto, i rischi deliranti incombono,  ecco alcune …

Apologie alla sperimentazione cruenta

- John Robertson, esperto di bioetica, ha postulato l’autonomia dalla morale come principio regolatore del privato e per estensione agli scienziati; inoltre ha affermato il diritto alla procreazione includente il diritto alla manipolazione genetica dei propri discendenti (pag.167).

- Peter Sloterdjk, filosofo, ha affermato, che la questione della creazione di un essere superiore all’uomo non sarà più rinviabile (pag.217).

- John Rawls, filosofo, ha sostenuto, che sarebbe giusto utilizzare le biotecnologie per ridurre le disparità sociali (pag.217).

- Ronald Dworkin, costituzionalista, ha affermato il diritto dei genitori a manipolare i geni dei propri figli (pag.218) ed inoltre “se atteggiarsi a Dio significa cercare di migliorare il suo operato consapevole oppure il risultato casuale raggiunto dalla natura nel corso dei millenni, allora il principio dell’individualità etica impone di suggerire questa strada ed il secondo principio, in assenza di evidenti segnali di pericolo, proibisce di ostacolare gli scienziati ed i medici, che si offrono di percorrerla” (pag.148).

- James Watson, scienziato e premio Nobel, ha dichiarato: “termini come sacralità mi rammentano i diritti degli animali. Chi ha conferito un diritto ad un cane? Questa parola, diritto, sta diventando molto pericolosa. Abbiamo i diritti delle donne, dei bambini, si può andare avanti all’infinito, stiamo arrivando all’assurdo. Mi piacerebbe smettere di parlare di diritti di sacralità. Invece mi piacerebbe dire, che gli uomini hanno delle necessità e che dovremmo provare, in quanto specie sociale, a soddisfare i bisogni umani …......... Provare a dare a questi temi un significato più grande del dovuto, quasi mistico, è qualcosa, che ci si può aspettare da Steven Spielberg oppure da altri personaggi del genere. Si tratta di aria fritta, di una vera stronzata” (pag.145).

- David Hull, studioso di etica, asserisce: “Non vedo, perché l’esistenza dei valori umani universali debba essere così importante. Forse tutti gli uomini e solo loro dispongono di un pollice opponibile, usano utensili, vivono in vere società oppure quel che preferite. Credo, che tali attribuzioni siano false ed oziose, ma anche se fossero vere, la distribuzione di tali caratteristiche in gran parte rimane una questione di casualità evolutiva” (pag.207).

- Lee Silver, genetista, asserisce: “Su quali basi possiamo rifiutare la possibilità di esercitare un’influenza genetica positiva sull’essenza di una persona, quando accettiamo il diritto dei genitori ad operare per il bene dei loro figli in ogni altro modo possibile?” (pag.208).

 - Charles Murray e Richard Herrnstein sono autori del libro “The bell curve”, pubblicato nel 1994,. Sono fautori controversi della tesi dell’ereditarietà dell’intelligenza e della riuscita limitata ai meno dotati intellettivamente.

- Arthur Jenser, psicologo, asseriva il carattere ereditario dell’intelligenza con un suo intervento nella Harvard Educational Review

- Geoffrey Bourne, ex direttore del centro di primatologia della Emor University, ha dichiarato, che “dal punto di vista scientifico sarebbe molto importante cercare di generare un incrocio tra uomo e scienza” (pag.281).

- Karl Pearson, docente di eugenetica all’University College di Londra, successore di Francis Galton, cugino di Charles Darwin e fondatore dell’eugenetica, convinto sostenitore del darwinismo sociale, sosteneva, che “la storia mi mostra una ed una sola strada per arrivare ad un alto livello di civiltà ed essa consiste nella lotta tra razze e nella sopravvivenza di quella migliore  dal punto di vista fisico e mentale” (pagg.38-40).

Patrizia Cordone.