partita da Padaniacity in tutta fretta ho la macchina che profuma di cavoletti e verdurine che l’Ale m’ha regalato per nutrire me e le mie fisime da salutista di ritorno, due ospiti dell’ultimo momento provano a intrattenermi e fanno davvero del loro meglio anche se io ci ho quel piglio fastidioso e tignoso che mi prende ogni tanto dopo che ho avuto overdose di vita pubblica.
Partita sì, da Padaniacity, che mi pare di essere andata in vacanza, visto amici stretti e strettissimi salutato radio Sherwood e tutto il nuovo ambaradan, fatto chiacchiere più o meno interessanti, postami domande esistenziali sul come ci si dovrebbe approcciare a una persona dopo non averla vista per anni mille, incontrato per sbaglio anche vecchie vecchissime fiamme e per mia disgrazia la fiamma non s’è riaccesa dunque sempre con quest’aria d’asessuata mi sono aggirata tra testosterone al quale ero immune. Mi sono fatta il vaccino contro il desiderio sessuale e non me ne sono manco resa conto. Però bene, che risparmio un sacco di energie.
Partita sì, da Padaniacity verso Bulagna che oggi, a confronto, sembrava quasi calda, Bulagna la tropicale, Bulagna che volevo arrivare assolutamente entro le duemmezza poichè c’era la manifestacja e io assolutamente non volevo mancare. Che era tanto troppo tempo che non manifestavo e dovevo a ogni costo esserci dunque pigiato piedino sull’acceleratore e giunta parcheggiata mi precipito verso il luogo di ritrovo dove c’erano tutti o quasi.
Mi sento un po’ una vecchia zia all’inizio, che non so dove mettermi e
non capisco bene ma poi è un attimo e sono di nuovo a mio agio come
tanti anni fa eccomi incordata tra conosciuti e sconosciuti che dico gli
slogan ecco che sorrido a quelli avanti e a quelli dietro.
Che c’è proprio un po’ di tutto, pezzi di umanità presi da ogni scaffale
disponibile, e quando arrivano i migranti da Rimini ecco, tutti loro
attruppati dietro lo striscione, trafelati per il ritardo e il timore di
non farcela, felici colorati pure un po’ stanchi io li guardo e mi
commuovo lo giuro, mi scendono due lacrime maledette che mi fanno ridere
di me.
Cammino incordata con lo zio A e la Cla e AP, i nuovi amici di questo
incredibile autunno bolognese, davanti a me Mino e da qualche parte
Flavissima che va e viene affaccendata come suo solito, e io sono
proprio contenta e un po’ infreddolita, mi fanno sorridere alcuni dei
cori, altri mi piacciono e altri ancora un po’ mi imbarazzano ma ci sta
tutto, ci sta tutto, anche questo mio parziale disagio anche questa mia
temporanea distanza, anche questo mio non cantare “IO ODIO LA LEGA”
perché in fin dei conti io non odio nessuno, nemmeno quelli della lega,
che l’odio è un sentimento troppo impegnativo per sprecarlo così, io
l’unica persona che credo di aver mai odiato nella mia vita credo sia
stata me stessa
ma insomma
guardomi attorno e godo di queste persone attorno a me, che alcune le
conosco e altre no, ma siamo tutti qui ed è bello e intenso perché ora
che ho trentun’anni quasi trentadue ora sì lo capisco, il conflitto è
vita il conflitto è a volte l’unica via per un confronto possibile e in
un momento come questo qua bisogna creare il conflitto e alzare il
livello della lotta e lo so che parlo come una vecchia autonoma ma
queste parole proprio dalla panza mi vengono, perché mi pare l’unico
modo possibile, perché se nessuno mi vuole dare i miei diritti allora me
li prendo io, in un modo o in un altro.
Io mi appartengo.