Flussi migratori e cambiamenti sociali raccontati dagli studenti della facoltà

Un fermo immagine del Veneto, 60mila scatti di globalizzazione

In Piazza San Marco dal 9 ottobre l'esposizione Migropolis, frutto di 6 anni di lavoro dello Iuav

5 / 10 / 2009

 tratto da: E polis - Il Venezia Il Mestre 5.10.09

Venezia non è più un mondo a parte. Come altre piccole e grandi città d'Europa è attraversata dai flussi: flussi di persone e di merci, che la attraversano e la globalizzano. Nell'economia ma anche nella vita di ogni giorno. Veneziavive in piccolo gli effetti dei grandi cambiamenti mondiali.

Una mostra alla Fondazione Bevilacqua La Masa a piazza San Marco - Migropolis, aperta fino al 6 dicembre - fotografa questo cambiamento. Con 60.000 immagini raccolte da studenti e professori del corso di laurea in Comunicazioni Visive dello Iuav di Venezia.

Una mostra-database che è una ricerca di sociologia, fatta dagli studenti di Wolfgang Scheppe, e per immagini: per sei anni hanno studiato i migranti in lagu na, e ora li raccontano in 1.300 pagine e 2.100 fotografie.

Angela Vettese, critica d'arte e docente internazionale, il Veneto lo conosce bene, per averci lavorato come presidente della giuria della Biennale e ora alla Belvilacqua La Masa. Insieme a Germano Celant ha progettato il corso di arti visive della università veneziana, ora minacciato dai tagli della ministra Gelmini. «Questa mostra è la nostra testimonianza di cosa un corso di immagini potrebbe dare al paese. Invece forse sarà chiuso. La nostra mostra Migropolis racconta come la globalizzazione impatti sul nostro territorio. A Venezia non ci sono più solo turisti, ma anche migranti, immigrati che vendono borse o che lavorano al porto» spiega Vettese, che vanta dieci anni di vita veneziana, una nonna a San Donà di Piave e una madre friulana.

«Conoscere il Veneto? Non basta transitarlo o osservarlo, perché oggi nessuna regione italiana ha una realtà produttiva e sociale così diversificata. Basti pensare a Valdagno e Treviso, a come Rovigo e Padova siano diverse, a come conviva il manifatturiero col turismo d'arte. Senza contare che per il turismo, anche esso una merce, non c'è solo Venezia, ci sono anche le Dolomiti».

Quel che ne viene fuori non è una cartolina di Venezia, ma una mappa geografica, sentimentale, visiva, di cosa la globalizzazione fa succedere. «Venezia stessa, luogo simbolo del Veneto, non fa che drenare esperienze europee: qui ricordiamolo non si produce niente, si distribuisce». Simbolo di un Veneto coi tassi d'occupazione più bassi d'Italia e porta d'ingresso dell'Est. «È un mondo composito, oggi ci si sente migrante in tanti modi, cittadino in tanti modi: diversa è la vita di chi vende un fiore o di un imprenditore cinese che compra case e negozi, diverso anche il sentire».

In trenta anni, dal 1946 al 1976, sono emigrati 7 milioni di italiani, quel sentimento che oggi dovrebbe suscitare empatia verso i nuovi emigranti dove è andato a finire? «Nel benessere, nell'egoismo. Il nostro emigrante non metteva in conto di tornare, se non per far vedere, in tarda età, che gli era andatabene: e si costruivala villetta. Per queste persone invece il ritorno a casa è la loro meta, sono più in transito di comelo eravano noi».           

Di Carlotta Mismetti Capua