Senti il ritmo della Pantera

Nella notte nera nera s'è svegliata una pantera... ...batti il tuo tempo per fottere il potere!

14 / 1 / 2010

Il 90 tenne fede alla sua fama e fu un anno da paura. Ci divertimmo e “la pantera” lasciò la sua impronta per molti anni a seguire. I centri sociali entrarono nelle università e gli universitari si riversarono poi nei centri sociali. A guardare indietro credo si possa dire che attraverso quel movimento entrammo nel mondo nuovo come lo conosciamo adesso. Sono passati venti anni. Il 15 gennaio fu occupata “La Sapienza”. La mattina di quel giorno venne presa “Lettere” durante un’assemblea affollata ed eccitante, al termine della quale un gruppo di persone entrò nella stanza di Achille Tartaro, preside della facoltà, per chiedere le chiavi dell’ingresso come atto simbolico e il fax dell’istituto come strumento per comunicare con il mondo. Dopo alcuni minuti di tensione Tartaro non poté che accogliere le richieste. Riguardo il fax chiese sornione:“Ma lo sapete usare?”. “Lo sappiamo usare, lo sappiamo usare…e vogliamo pure la fotocopiatrice”. A pensarci ora viene da ridere a quello scambio di battute. Eravamo giovani e desiderosi. La tecnologia come la conosciamo adesso iniziò a esplodere allora. Prendemmo possesso degli edifici e dei mezzi di comunicazione per rispondere alla razzia del bene pubblico che oggi è chiara a tutti nel furto dei diritti e più in generale nel furto di futuro di cui è oppresso questo paese. La Pantera lottò, come era nella sua natura, seguendo una legge primordiale più grande della legge a cui avremmo dovuto obbedire e che ci voleva docili e con la testa china. Uno striscione gigantesco pendeva dal tetto di geologia e diceva: “Si può fare”. Decine di migliaia di persone ci provarono. E questo non si può cancellare. Tenemmo in mano tutte le università italiane per due mesi, con feste continue di giorno e cortei che uscivano dai cancelli di notte. Con centinaia di assemblee per rispondere alla classica trappola del: “allora fate voi una proposta”. Ma la nostra proposta era già dentro la protesta. Non ci furono “violenze”, fu un movimento che lavorò su nuovi linguaggi di comunicazione. Naturalmente non fu ascoltato. Eppure lasciò la sua impronta di speranza, un richiamo di libertà che viene da lontano e che riecheggia in ogni rivolta che scoppia dentro questo mondo meschino e razzista. C’erano centomila persone alla manifestazione nazionale a Piazza del Popolo quando il Rap prese il potere per alcuni intensi minuti. Quel ritmo battente veniva dai fratelli neri, dai discendenti degli schiavi che si erano alzati nei ghetti per trasformare la loro vita di perdenti emarginati in un’opera d’arte. E questo era il messaggio che portava con sé la Pantera. Urlavamo al microfono “Batti il tuo tempo”. E sta sicuro fratello, sta sicura sorella, che lo battiamo ancora.