«Se resistere non basta allora esisto»

La rivolta contro la tristezza, il nostro tempo convulso in canzoni: L'amore ai tempi del default de La linea di Greta

17 / 6 / 2012

Non è facile scrivere delle opere degli amici, si rischia sempre di essere troppo buoni, di gettare sotto il tappeto imperfezioni e lacune. Gli amici, quelli con cui non si hanno rapporti familiari (o edipici), sono quasi tutto, il resto sono chiacchiere. Quindi la mia impresa è ardua, scivolosa. Ma non mi spaventa, perché il disco che ho avuto il piacere di ascoltare in queste settimane mi aiuta.

L'amore ai tempi del default de La linea di Greta è un gran bel disco, è un disco delle lotte, che prova a fare i conti con la malinconia e la miseria del nostro tempo. Dieci brani da ascoltare d'un fiato, che non stancano, alla ricerca delle «parole per dirlo». Ma cosa occorre dire e cantare? Cosa canta la Linea di Greta? Canta il desiderio di una rivolta nuova, la Rivolta 2.0, come ci insegna la voce di Militant A (il più grande poeta metropolitano contemporaneo), ospite del disco e della sua rabbia. Una rivolta anti-italiana (Zombi d'Italia), che non sa che farci dell'elmo di scipio, e per fortuna. Parole contro il patriottismo repubblicano di Monti, Fini o Scalfari. Una rivolta normale e giusta, ma anche gioiosa, perché il primo compito della ribellione è farla finita con la depressione, sempre, in qualunque momento.

È Greta, con la sua linea o le sue linee, che scopre il mondo per la prima volta, bambina. È a Greta che l'estate racconta la fuga dall'arroganza, la resistenza contro gli arroganti. Greta, per me che ascolto, traccia il possibile, nonostante tutto. E tracciare il possibile è quanto di più importante si possa fare. L'amore o la rivolta hanno sempre l'urgenza delle parole di Deleuze: «Un po' di possibile, sennò soffoco!».

Ma L'amore al tempo del default è anche l'amore dei ricordi, dei «giganti» dimenticati e di quelli perduti. Riccardo Fogli e con lui un rimpianto degli anni '80 («inizio di tutto e fine di niente»), gli anni della restaurazione italiana, gli anni che trovano un riscatto nell'infanzia di chi ha preparato i sentimenti dei '90, dagli anni da cui si «esce vivi e non piegati, forse solo un po' stonati». C'è la biografia di Luca Cattolico, autore e voce potente, c'è la biografia di Emiliano, Giorgiana, Federico e Silvano. E in questa biografia, che è anche artistica, c'è la “zuffa” con Lindo Ferretti, il «megafono da tempo inceppato». A lui è dedicata San Giovanni, canzone tributo, anche musicalmente, ai CCCP e ai CSI, canzone che la fa finita con le cazzate di Ferretti e il suo epilogo straccione e clericale. Lo abbiamo molto amato, ci teniamo stretti i ricordi.

Quali sono i riferimenti di questa band indipendente, che ha il coraggio dell'indipendenza nell'epoca delle nuove enclosure? Indubbiamente quelli già citati, meglio, esplicitamente citati nel disco. Poi ci sono quelli dell'educazione sentimentale di noi tutti: i Diaframma, i Marlene Kuntz, gli Afterhours. Assieme a quella di Greta, c'è la linea che ha scavato gli anni '90 e gli anni 00 italiani. Una linea potente, dalla quale non si può non partire, ma dalla quale La linea di Greta deve imparare a prendere congedo. La cosa avviene quasi sempre ne L'amore al tempo del default, intendiamoci. Ancora uno sforzo, però, perché il volo sia completo.

Chiudo dedicando poche righe alla traccia che mi ha segnato di più, nella sua singolarità: In bilico. Sarà la voce di Giulia Anania che accompagna quella di Luca Cattolico. Sarà il gusto dei «pomeriggi sudati passati a scopare sul divano». Sarà l'odio per la merda del tubo catodico. Sarà il desiderio di farla finita per sempre con «i pomeriggi di domeniche bruciate». La linea di Greta non racconta solo ciò che verrà, ci aiuta anche a detestare la fragilità della nostra generazione.

Su la testa, brotha & sista!