Reddito, salario minimo, conflitti sociali: “convergere per insorgere”

Report del dibattito tenutosi a Reset-Fest (Vicenza)

12 / 10 / 2022

L’introduzione, fatta da Marta Lovato di Adl Cobas, si concentra su alcuni macro temi: la guerra, la crisi climatica, l’inflazione e il caro vita, la speculazione sui prezzi dell’energia. «A partire dall’intreccio di questi temi, già a partire dall’ultimo Venice Climate Camp abbiamo ipotizzato alcuni possibili strategie di convergenza, già a partire da questo autunno. Se dobbiamo iniziare a costruire insieme un mondo diverso è necessario iniziare a ragionare innanzitutto su obiettivi unici».

Il primo a intervenire è Roberto Ciccarelli, che nel suo ultimo libro Una vita liberata. Oltre l'apocalisse capitalista affronta il tema dell’intersionalità e della convergenza delle lotte a partire dalla necessità di liberarsi dalla narrazione apocalittica che accompagna questa fase del neoliberismo.

Ciccarelli parte dalla dichiarazione congiunta del Collettivo di Fabbrica GKN e degli Stati Genderali lgbtqia+ & Disability dello scorso agosto che, a suo avviso, dà l’idea di un nuovo tipo di classe, perché allude a un’idea di “classe politica” e non mera somma delle differenze che esistono all’interno della composizione tecnica. Questa definizione emerge da molti movimenti e pone un problema: come può essere organizzata una “classe politica” oggi? «La risposta si può trovare solo nelle prassi e la “convergenza”, come prassi politica, può aiutare in questo senso».

Negli ultimi anni ci siamo trovati immersi in una narrazione che racconta la fine delle classi sociali e la fine del lavoro. Questa rinnovata teoria di “classe politica”, esito della convergenza delle lotte, va in senso contrario, «non è un’idea popolare, ma è un’idea politica».

In una società neoliberale siamo stati abituati a separare diritti sociali e civili. Questo è stato molto chiaro nelle politiche portate avanti dalla “sinistra liberale”, in particolare dal Pd. In un dibattito di natura populistica si potrebbe pensare che ci sia una riunificazione dei diritti sociali e diritti della persona nella proposta della destra post fascista che è giunta al governo, ovviamente in un’ottica reazionaria. «In realtà, la natura reazionaria di queste forze esplicita il retroterra thatcheriano e reaganiano del futuro governo, che metterà al centro l’impresa e non i diritti sociali».

Nell’ottica di una nuova idea di classe c’è la contestazione di entrambi i piani del discorso: «Non siamo alla fine di un mondo, assoggettato alla narrazione catastrofista che tende a rendere passivo chiunque voglia praticare obiettivi, ma all’inizio di un nuovo mondo in cui si legge la tendenza di una nuova politica che coniuga la logica dell’uguaglianza con quella della liberazione».

Ma da cosa nasce la necessità di convergere e come si passa dalle lotte salariali alle lotte sociali, che coinvolgono un panorama più ampio?

Queste è la domanda che viene posta a Dario Salvetti di Gkn. «La convergenza nasce dalla mera sopravvivenza, da quando ci chiudono la fabbrica, da quando abbiamo toccato con mano che la mera lotta sindacale non ci avrebbe salvato». Salvetti spiega anche il retroterra di tutto questo, a partire dal fatto che le reti sociali degli operai della Gkn fossero già comunitarie in precedenza, grazie a tutti quello che i lavoratori erano e facevano quando uscivano dalla fabbrica.

Lo scarto si è avuto quando è stato interiorizzato collettivamente che non si dovesse ragionare solo in termini di solidarietà, ma ci dovesse essere l’ambizione di poter diventare “la nuova classe dirigente”. «Ci siamo resi conto che quello che volevamo fare non era il soggetto politico, ma stavamo soggettivando le persone per una lotta più ampia. C’è un processo che abbiamo di fronte agli occhi e il processo di convergenza - di lotte, territori e soggettività - diventa una risposta al capitalismo che opprime a più livelli, ma anche la necessità di costruire un mondo diverso».

Rispetto a Gkn, è stato dichiarato che potrà ripartire solo con soldi pubblici. «Per noi l’idea di una fabbrica pubblica significa che risponda realmente a bisogni collettivi, che siano “socialmente integrati”. Quindi significa proseguire e legittimare l’esperimento che abbiamo messo in atto dal 9 luglio dello scorso anno».

Salvetti entra poi nel merito di un fortunato slogan da loro coniato, “insorgere per convergere” facendo riferimento ai prossimi appuntamenti del 22 ottobre a Bologna e del 5 novembre a Napoli. «La convergenza si riproduce e moltiplica solo se diventa policentrica».

L’intervento si conclude sul tema del salario: «se concepiamo il salario come tutto quello che si riesce a strappare al capitale, non è solo quello che trovo in busta paga; significa quindi servizi, stato sociale, difesa del territorio, diritti e la convergenza ci aiuta ad avere un concetto del salario non più economico, ma di ampio respiro».

Il terzo e ultimo intervento è di Gianni Boetto di Adl Cobas. «Il discorso di Dario funziona perché è il prodotto di un’esperienza vissuta e non di pura evocazione, come troppo spesso accade». Ed è grazie al modo in cui l’esperienza di Gkn è riuscita ad allargare il campo dell’azione sociale e politica, che si colgono nel presente e nel futuro alcune possibilità concrete di creare un orizzonte conflittuale maggioritario.

«Se non siamo alla “fine di mondo” - citando Dottor Stranamore, siamo in una fase che il mondo non ha mai conosciuto, con un rischio nucleare probabilmente mai così vicino che si somma con tutte le altre catastrofi che stiamo vivendo per colpa della crisi climatica».

Per trovare nuove speranze in questo contesto, secondo Boetto non si può che partire dall’idea di comunità che trasforma qui e ora le nostre vite e le relazioni di potere, come accaduto in Chiapas e nel Rojava. È questa l’evoluzione che dovrebbe avere anche il sindacato, uscendo dalla logica vertenziale e rapportandosi con tutte le contraddizioni sociali.

«Oggi stiamo assistendo a una trasformazione epocale nel mondo del lavoro, ma le condizioni di lavoro sono peggiorate. È la dinamica assurda del capitale contemporaneo: un livello tecnologico altissimo che fa il paio con il ritorno della schiavitù, come accaduto nel nostro territorio nel caso di Grafica Veneta».

Cosa vuol dire da punto di vista sindacale “convergere”? «Non è la somma delle sigle, ma è l’intreccio delle lotte dentro e fuori dai luoghi di lavoro. Non è necessario pensare di essere il sindaco più di classe che esista al mondo, ma bisogna come la lotta sindacale dialoga con il mondo che esiste al di fuori del sindacato». Di esempi ce ne sono molti, dalla manifestazione dello scorso luglio alla fabbrica della Coca Cola di Nogara alla recente Climate March a Venezia, dalle battaglie per la casa che coinvolgono anche la composizione studentesca ai convogli di solidarietà che sostengono direttamente le lavoratrici e i lavoratori ucraini.

Il dibattito si conclude sulle prospettive dell’autunno. Dario Salvetti è allo stesso tempo realista e determinato: «sappiamo che non ci sono movimenti di massa perciò partiamo da quello che siamo e proviamo a costruire mobilitazione sulle nostre lotte». Fa l’esempio della due giorni (23-24 marzo) che ha intrecciato il climate strike con la grande manifestazione di Firenze indetta da Gkn, delle manifestazioni di Coltano a giugno e di Venezia a settembre: «partiamo dai territori, dalle loro contraddizioni, ma anche dal riconoscimento reciproco che trasforma ogni esperienza in un laboratorio di lotta».

Infine su Bologna: «c’è stata una discussione sullo striscione di apertura della manifestazione del 22 ottobre, che all’inizio doveva essere “No Passante”, incentrato sul tema cardine della manifestazione stessa, e che ora è diventato “Fine del mondo, fine del mese: stesa lotta!”, che inneggia all’intreccio tra giustizia climatica e sociale. Non è stato un passaggio scontato, ma segna la maturità dei singoli percorsi nel riconoscersi in qualcosa di più grande».

Anche Gianni Boetto si concentra sulla prossima manifestazione di Bologna, dicendo che si tratta di un’opportunità interessante perché non è partita dal solito politicismo che spesso riaffiora in autunno, soprattutto in una fase politica come questa, ma parte da processi reali ed allude a percorsi altrettanto reali.