Mezzogiorno e industrializzazione: da Tommaso Di Ciaula ai giorni nostri

La fabbrica vista da sud: Davide Di Ciaula, Giusi Palomba e Carmine Conelli al Festival di Letteratura Working Class.

10 / 5 / 2023

Quando pensiamo all’archetipo dell’operaio negli anni 70’ non possono non tornaci mente le gigantesche fabbriche fordiste che hannno adornato (e adornano tuttora) le estese periferie delle grandi metropoli industriali. Torino, Milano Genova, e ancora Mirafiori, Magneti Marelli, Sit Siemens. Come un leitmotiv compaiono davanti i nomi e le sigle fulcri e centri di gravità delle lotte operaie di quegli anni. Formazioni politiche come Autonomia operaia o Lotta continua avevano le loro basi operative proprio qua dove il tessuto sociale prestava il fianco ai progetti di soggettivazione da parte della cosiddetta “sinistra radicale”. I grandi centri industriali del settentrione costituivano la spina dorsale di questi movimenti.

Le maggiori formazioni politiche operavano infatti nel Nord Italia: lo spontaneismo e le caratteristiche cosiddette “culturali” della neonata classe operaia meridionale non la qualificano “degna” di esser definita tale. Questa sorta di “snobismo di sinistra” era molto comune soprattutto nel PCI dell’epoca, nonostante la tentata industrializzazione del sud avesse trasformato, volenti o nolenti, molti contadini e mezzadri in una sorta di classe operaia.

In questo insieme si svolge la vita di Tommaso Di Ciaula, raccontata dal figlio Davide al Festival della letteratura working class di Campi Bisenzio.

Di Ciaula, operaio ma anche scrittore e sceneggiatore, è famoso per la raccolta d poesie Chiodi e Rose (Rainoeditore,1970) e per il libro Tuta blu. Ire, ricordi e sogni di un operaio del Sud pubblicato da Feltrinelli nel 1978 e riedito da Alegre l'anno scorso.

Nel testo (dal quale è stato tratto il film “Tommaso Blu” di Florian Furtwängler) il tema centrale è sicuramente la lotta operaia, seppur con un'accezione fortemente polemica: decisamente violenta la critica che Di Ciaula fa agli operai stessi, del PCI e dei sindacati, ottenendo anche una “simpatica” critica da Luciano Lama (si, quel Luciano Lama)

Cosa significava però essere un operaio al sud? La “vocazione” del mezzogiorno era difatti peculiarmente contadina: l’economia era ancora molto basata sul concetto di sussistenza, da qui quel tipico sottobosco di piccola criminalità che fungeva da reddito per molte persone in condizioni di povertà.

Ma come la storia ci insegna, disciplinare alla vita di fabbrica la classe contadina è sempre qualcosa di molto difficile, Nell’800’ servì un forte mutamento antropologico per portare una classe sottoproletaria, dedita alla sussistenza propria e familiare, a produrre per un padrone sempre più esigente. Le classi povere del sud non erano infatti abituate ai turni e alla disciplina delle grandi fabbriche e per questo vedevano il lavoro operaio come qualcosa di culturalmente distante, quasi come se quel tessuto produttivo così lontano e tipicamente settentrionale non gli riguardasse.

I personaggi e i paesaggi narrati da Di Ciaula riportano tutti -in misure differenti- questo conflitto. La rabbia e l’ira di una classe operaia ancora non divenuta tale fa da soggetto sul quale sfondo di disegnano paesaggi tipicamente meridionali in cui ulivi e vigne a perdita d’occhio vengono adornati dai giganteschi ecomostri. Di Ciaula lo sapeva; pienamente e visionariamente cosciente che il sud non sarebbe mai potuto diventare il centro produttivo del paese.

L’esistenza della fabbrica ha però fortemente influenzato il Mezzogiorno. Non solo, come dicevamo prima, a livello del paesaggio ma anche -in una maniera se si vuole più subdola - rispetto all’idea stessa di cosa avrebbe dovuto essere il Sud Italia. La narrazione che veniva spinta anche dal mondo sindacale era ancora quella di un sud primitivo, di un sud che aveva bisogno dele fabbriche non solo per una motivazione marxianamente strutturale, ma anche culturale e ideologica.

Quasi come se la fabbrica fosse “ontologicamente” giusta, come rappresentasse quella tappa essenziale per rendere un gruppo di contadini analfabeti una classe operaia vera e propria, cosciente della propria condizione e pronta a lottare. Il sogno di un meridione industrializzato durò nemmeno 20 anni e oggi ciò che resta di questa visione sono solo le immense “cattedrali nel deserto”, giganteschi ecomostri che si stagliano verso il caldo e limpido cielo del mezzogiorno.

Questa separazione ciò che ha fatto assumere al romanzo di Di Ciaula un tono ugualmente polemico e satirico. Al sud, checché ne dicano gli operai del nord, si sa lottare ma in maniera diversa. I contadini dettero spesso prova di grande coraggio soprattutto contro il nemico di classe rappresentato dal latifondista.

E oggi? Cosa è cambiato?

Probabilmente molto poco. Lo vediamo sovente con le contraddizioni portate da chi migra nel nord portando non solo la propria forza lavoro, ma anche tutta una cultura che, per quanto spesso possa sembrare un feticcio identitario, rappresenta anche una caratteristica peculiare della meridionalità, della differenza non solo economica che ancora oggi tira una linea tra il settentrione e il meridione del Paese.

Il talk si conclude con una piccola confessione che Davide estorse al padre in fin di vita. Tommaso - racconta suo figlio - era stato sempre molto reticente a parlare dei propri riferimenti letterari. Il libro in effetti si presenta a tratti confusionario, scritto con un linguaggio che non ricalca ma si fa da portavoce delle istanze e degli umori della società mezzadra degli anni '70.

Ad un occhio attento non sfuggirebbe il paragone con Nanni Balestrini, autore che chiaramente, come ha “confessato” l’autore a Davide, ha ispirato Tute Blu.

L’universo di Di Ciaula ci ha riportato in un mondo poco narrato, un mondo fatto di prepotenze di soprusi e di sfruttamento lavorativo ma al contempo così diverso dalla “tipica” immagine che possiamo avere dell’operaio durante gli anni 70’. Il lavoro dell’autore è ancora qui a ricordarci, oggi come ieri, che la classe operaia è ciò di più eterogeneo si possa avere e che qualsiasi narrazione non facente conto di questa sua caratteristica rappresenta solo un passo indietro nelle lotte. Il sud a sua volta ha un’identità estremamente differenziata: grandi metropoli fanno da sfondo a piccoli paesi mentre sempre più aree turistiche sembrano voler “museificare” quelle che un tempo erano bastioni di cultura popolare: non è mai stata una terra “dalla sola vocazione agricola” ma crea sfaccettature e sostentamento sempre nuovi. E sono soprattutto storie come Tute Blu che ci raccontano le differenze e le particolarità del Meridione.