l’ultima avventura del commissario Kostas Charitos, l’equivalente ateniese degli investigatori marsigliesi di Izzo o losangeleni di Ellroy creato dallo scrittore greco-turco-armeno Petros Márkaris, che fu anche sceneggiatore di Theo Angelópoulos

Màrkaris alias Charitos

Un commissario ad Atene

23 / 8 / 2013

Scocca la mezzanotte del 31 dicembre 2013 e inizia il nuovo 2014, piovono dracme (finte) in piazza Síntagma e su tutti gli schermi televisivi, per festeggiare l’uscita dall’euro e il ritorno alla vecchia moneta. Simultaneamente piovono pesetas e italiche lire, perché anche Spagna e Italia recuperano le vecchie valute, con gli stipendi di allora e purtroppo i prezzi della fase declinante dell’euro. Il Sud d’Europa gode di essersi sottratto alle trojke, ma è massacrato dall’inflazione. Cortei di giovani esultano, cortei di vecchi pensionati rimpiangono l’euro. Gli uni contro gli altri e tutti contro gli immigrati, capri espiatori della crisi. Inizia così l’ultima avventura del commissario Kostas Charitos, l’equivalente ateniese degli investigatori marsigliesi di Izzo o losangeleni di Ellroy creato dallo scrittore greco-turco-armeno Petros Márkaris, che fu anche sceneggiatore di Theo Angelópoulos. Il libro si chiama La resa dei conti, è appena edito da Bompiani e costa 18 €.

Di per sé non stiamo all’altezza degli autori citati a raffronto, né per le trame né per le atmosfere e ci sembra pure che la descrizione dell’ambiente poliziesco greco sia troppo idillica, rispetto tanto alla presumibile realtà quanto alle esigenze strutturali del noir. Tuttavia ci sono elementi di bruciante attualità (l’ucronia iniziale che sa molto di profezia realistica) e soprattutto vi si dipingono con efficacia aspetti della vita quotidiana su cui spesso DinamoPress è tornata come cronaca di esperimenti di lotta. Ecco, dove noi riferiamo con interesse di occupazioni abitative, ristoranti collettivi, cliniche solidali, ritorno alla terra e baratto, scuole popolari, nuovo welfare, qui se ne discorre come di fenomeni correnti, che entrano nell’abitudine delle classi medie, degli studenti, dei professionisti declassati, per non parlare di marginali, disoccupati, licenziati e migranti.

Una prima lezione è impartita dal vecchio comunista perseguitato Zisis, reduce dal lager di Makrónisos nel dopoguerra: «Non puoi combattere la povertà, se prima non l’accetti. Prima l’accogli e l’accetti, e poi puoi cercare di combatterla». Chi prende atto dell’impoverimento, troverà i mezzi per combatterlo, mentre ne viene travolto chi rimpiange un’immaginaria ricchezza perduta. La lotta, in tal caso, consiste appunto nello sviluppo di reti attive di solidarietà, non nella nostalgia di un sistema parassitario e clientelare (nel caso greco parlare di illusioni keynesiane di sinistra sarebbe fin troppo generoso). Lo stesso ritorno alla terra eccede l’espediente di sopravvivenza: «la terra ci libera», afferma un personaggio minore, senza nessuna retorica comunitaria o rurale.

Il plot del romanzo sta però nell’uccisione seriale di una serie di esponenti della Resistenza ai colonnelli, la generazione del Politecnico (novembre 1973), che ha approfittato dei meriti allora acquisiti per farsi strada nel nuovo regime democratico, sottinteso nelle file del Pasok. Uccisione accompagnata, appunto, da forti richiami simbolici alle promesse non mantenute, raccolte nello slogan d’annata di Radio Politecnico: Pane, Istruzione e Libertà (Psomì, Paideia, Eleútheria, che è il titolo originario). Contrariamente alla prima ipotesi di una vendetta degli antichi esponenti del regime golpista o dei loro eredi di Alba dorata, viene fuori gradualmente come ispirazione degli ammazzamenti il malessere dei figli, che giudicano severamente l’opportunismo dei padri, circondati da un falso alone di martirio e rivoluzione, e il risentimento di quei resistenti che non hanno partecipato all’arraffamento dei posti e dei benefici e oggi sono piombati, senza responsabilità loro, nella rovina della crisi generata dalle mani bucate di destra e sinistra post-colonnelli e post-Olimpiadi.

Viene subito in mente un riscontro con la disillusione generalizzata per la politica che pervade anche l’Italia e spesso mette sotto accusa le generazioni del ’68 e del ’77 (entrambe corrispondono cronologicamente a quella greca del ’73-74), ma ci sono delle differenze. La leva del Politecnico coincide con il primo accesso della sinistra al potere, dato che i Resistenti del 1941-44 erano stati demonizzati dalla classe dirigente monarco-fascista anteriore all’occupazione italo-tedesca e restaurata dagli Inglesi nella prima guerra civile del 1944; sorte ancora peggiore toccò loro durante la seconda guerra civile 1946-1949, cui seguì un lungo periodo di persecuzioni, interrotto per pochi anni fra il 1963 e il 1965 e ripreso alla grande dopo l’avvento del regime militare nel 1967. Dunque la rapida corruzione della classe dirigente di sinistra e la sua sostanziale omologazione a quella tradizionale di destra si innestò su una lunga esclusione dal potere, che continuò a riguardare l’antica leva comunista del ciclo di guerra civile (Zisis, nel romanzo) e le componenti più idealistiche e coerenti della Resistenza ai colonnelli, nonché le generazioni più recenti: sia la grossa componente anarchica che quella che ha dato vita a Syriza.

Storie diverse, dunque, ma approdi sostanzialmente simili se ci collochiamo dal punto di vista di un giovane di oggi. Gli eroi del noir di Márkaris non sono però i killer che a vario titolo vendicano il tradimento degli ideali del ’73, ma i giovani che occupano gli edifici abbandonati, dando ricovero a senzatetto e migranti, organizzando corsi di istruzione e di lingua, creando farmacie e ospedali solidali, vendita diretta di prodotti agricoli, fornendo assistenza legale e tecnica a chi ha perso tutto. Un welfare dal basso, stretto fra l’austerità imposta dalla trojka ai loro complici locali e i pogrom fascisti favoriti dalla destra e dalla polizia. Povero commissario Charitos, che vuole restare umano senza essere pagato dall’amministrazione e senza lasciarsi corrompere da affaristi e neonazisti. Abbandona l’automobile, il televisore e organizza pranzi collettivi a casa sua per risparmiare, ovviamente quasi senza carne.

Oggi in Grecia, domani in Italia. Aspettiamo l’alba del 2014.

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