di fuipp a.k.a. Disgrà

Lupin III contro la crisi (e intanto Zenigata gira a vuoto)*

Sceneggiatura di un fumetto sulla giornata di mobilitazione contro Monti a Bologna

21 / 6 / 2012

​Marcos e Lupin sono seduti al tavolino della premiata frulleria “da Zazà”, in via Malcontenti, a Bologna a due passi da via Indipendenza. Di là, sulla strada dello struscio bolognese si contrappongono manifestanti, mascherati come il ladro maestro di mascheramenti e poliziotti tutti grossi, tutti neri, tutti uguali tutti nei secoli fedeli. C'è Mario Monti in città, presidente banchiere non eletto, ma applaudito dal partito di Repubblica. The President è ad un dibattito sul futuro dell'Italia. Lo gestiscono 3 maschi bianchi che hanno in 3 l'età dei manifestanti là fuori.  
 
Lupin, gesticola, sbraita, disarticola e, un po' irritato: ma insomma questi qua che vogliono tutti mascherati da me?
 
Marcos (fumando perenne la sua pipa, sonnacchiando sornione, con la mano appoggiata sul mento, un po' sbilenco): fratè, questo è il colmo, un ladro che si è mascherato, da sempre, ed in mille differenti modi, s'incazza se qualcuno gli ruba l'idea? E poi guardali, manco scappano da Zenigata, anzi affrontano i caramba e resistono!
 
La scena torna alla manifestazione, i Lupin si moltiplicano, se la ridono, sudano, avanzano, indietreggiano. Tirano giù scudi di plexiglas per resistere meglio alle cariche degli Zenigata.
 
 
Intanto i passeggianti dello struscio del sabato si avvicinano incuriositi da questa scena di scontro metropolitano che, in una magia schizofrenica sembra più attraente dell'andare avanti e indietro a guardare vetrine inaccessibili con sta crisi. E poi, si chiedono i passanti, che avranno da ridere i Lupin? Zenigata invece non ride: ubbidisce.
 
La scena torna al tavolino della premiata frulleria.
Lupin: no aspè, io mi maschero da persone diverse per entrare nei loro cavò, questi si vestono tutti da me pe fà sto casino...
 
M: guardali bene, questi la maschera se la mettono ogni giorno, ogni secondo della loro vita, gli dicono che sono continuamente ad un bivio, ma non possono mai scegliere loro, continuamente sotto ricatto, sotto botta. Una maschera all'esame per conservare la borsa di studio, un'altra a lavoro, per ottenerlo, per non perderlo, per mantenere la stessa paga del mese prima, un' altra la indossano con se stessi quando si dicono che non è tardi, che ce la possono ancora fare, che dopo questo periodo di merda, questo lavoro di merda, questa relazione di merda, verranno tempi migliori, un'altra la sera quando la tua fidanzata ti impezza e tu vorresti stare svaccato con amici pizza e birra...
 
L: dimmelo a me, Margot sta diventando insopportabile, prima i collier tempestati di pietre e diamanti, mo ha detto che si sente una donna liberata...
 
M: quindi niente collier, non sei contento...
 
L: no, le collane rimangono, come le paranoie se mi sbronzo con Gighen e Ghemon e torno a casa tardi e ubriaco, ma almeno prima parlava in stampatello, mò per dirmi che gli devo regalà un nuovo vestito mi cita Simone De Beauvoir...
 
M: Vez non sono il tuo psiko e non  conosco questa tua amichetta Simone, torniamo al punto, questi hanno capito tutto, le maschere se le mettono e se le tolgono quando gli pare. Sanno che non possono avere una sola, solida identità, allora fanno delle mille immagini che gli costruiscono addosso un punto di forza e una via di fuga.
 
L: sei come Margot, parli complicato.
 
M: allora senti, tu perchè ti metti le maschere?
 
L: per il cavò, il cavò il cavò. E  intanto un mezzo orgasmo lo fa quasi cadere dalla sedia.
 
M: e quando lo fai diventi, anche solo per un attimo il banchiere, il politico, il funzionario a cui stai rubando l'immagine.
 
L: e ci godo pure checcazzo, cago nei loro cessi e non pulisco le sgommate.
 
Ora Marcos inizia a muoversi con più frenesia, spiegando parla con il corpo e con la pipa che ora tiene in mano e agita:
 
 
M: bene allora questi qua vivono tutto il giorno nel paradosso di essere derubati delle loro identità profonde, dei loro desideri, perfino delle loro attitudini sessuali ed allo stesso tempo, i ricconi (come li chiami tu) utilizzano la ricchezza che loro producono, che le loro maschere producono, e restituiscono in cambio precarietà. Bella merda no?
 
L: Bella merda.
 
M: anche perchè molti impazziscono in questa girandola di identità. Prova tu ad essere in uno stesso giorno mille cose diverse rispetto a ciò che il tuo professore, il tuo datore di lavoro, la tua famiglia, ti chiede.
 
Neanche completa la frase, il nostro guerrigliero chiapaneco che, in un'asserzione finale e assoluta, si lascia andare stanco sulla sedia a mimare stanchezza e sconfitta.
 
L: e gli altri?
 
M: gli altri, o forse gli stessi in momenti differenti, provano a giocare con le maschere. Attori di strada imparano per sopravvivere velocemente e precocemente il gioco degli specchi, clonano identità, rubano password, si scoprono simili, diversi, ma simili. Spesso anche nelle paranoie circolari che, se messe in comune, si possono trasformare in rabbia diretta.
 
L: mmmm
 
M: e a volte scoprono che devono premere sullo stesso punto, semplicemente  avere una stessa maschera per essere riconosciuti.
 
L: ma avranno un obiettivo o è tutto un gioco di specchi?
 
M: il tuo qual è?
 
L: dai lo sai ( e ricomincia un orgasmo crescente) il cavò...
 
M: ed anche il loro, a volte ci provano a espugnarlo nella dannata vita quotidiana strappando con lotte molecolari metro dopo metro terreno alla rassegnazione, altre volte si coalizzano, si incontrano, si fiutano, si riconoscono e cooperano, anche per poco, intermittenti, particolari e precisi come insetti, puntano l'obiettivo.
 
Alcuni Lupin impegnati negli scontri diventano di colpo uno sciame di api che vola via, supera le barriere degli Zenigata, strappa i loro manganelli, buca le gomme dei blindati.
 
M: E puntano al cavò.
 
Intanto tra i manifestanti  appaiono dei Ghemon che, con precisione assoluta, spezzettano gli scudi della polizia.
 
Nello stesso tempo dentro il palazzo, il convegno è al termine, con il presidente_non_eletto che spiega ancora una volta le virtù dell' austerity, il pericolo di una spesa sociale eccessiva, le virtù del confronto coi giovani. Terminata l'orazione, the President si infila, accompagnato da guardioni gorilla, anzi da gorilla guardioni in un tunnel iperluminoso e asettico. Il corridoio conduce ad uno studio, altrettanto impersonale. I gorilla si fanno da parte. The President rimane solo. Punta ad una parete, toglie un quadro, compare una cassaforte, indossa guanti e stetoscopio, digita un codice.
 
Trac, trac, trac, la cassaforte si apre, gli occhi brillano, il ghigno riappare sul volto mascherato di Lupin.
 
“il cavò il cavò il cavo...!” salti scomposti e dispari sostituiscono la posa compassata del finto President.
 
Sotto una musica di sottofondo: “Sempre pronto all'avventura lui è...”
 
La scena torna al tavolino del bar.
 
Lupin si strappa la maschera, sotto appare un altro Marcos, sempre con passamontagna e pipa. Gli occhi invece sono gli stessi. Pensosi inseguono un punto tra la pipa e l'orizzonte.
 
anche Marcos si toglie il passamontagna, e sotto la maschera...
 
 
*sceneggiatura di un fumetto

Gli scontri