La Narrazione mancante: Una riflessione su immaginari e cultura dentro e fuori al movimento

1 / 12 / 2013

Va bene l’ammetto dovevo scrivere prima e rispondere alle critiche uscite dopo l’articolo sulla morte di Lou Reed.

Inizio con una precisione non ho mai scritto che non esiste musica di qualità, ho scritto che manca una narrazione dei nostri tempi fatta da artisti “giovani” diciamo cioè esplosi dopo il 2000.

La musica pop, ed in generale quella da classifica, esce dai reality oppure è fatta da artisti storici.

Sicuramente c’è una scelta a monte, ovvero l’industria culturale e musicale se può preferisce contenuti sterili e leggeri (basti pensare alla chiave di lettura di Luci a San Siro di Vecchioni che è una denuncia forte alla discografia) dall’altra parte l’assenza di istanze sociali forti capaci di essere rappresentative amplifica il problema. Cosa voglio dire?

Voglio dire due cose almeno.

La prima è che se un certo tipo di cultura e contenuti avesse mercato l’industria musicale gli darebbe spazio (come successo negli anni 90).

La seconda è che in assenza di un area culturale e di istanze sociali rappresentative è più facile che il mondo della musica prenda e modelli fenomeni musicali “forti” trasformandoli in qualcosa di facilmente vendibili. Ad oggi l’esempio più calzante di quello che dico è il mondo dell’hip hop. La differenza tra la fine degli anni ’90 e oggi sta in questo. Neffa, Frankie hi-nrg, Assalti Frontali, 99 Posse, Colle Der Fomento e tutti gli artisti che in quegli anni han firmato per major non solo condividevano (e condividono) una narrazione e un’idea comune di mondo, non solo avevano mercato perché quel tipo d’istanze erano fortemente rappresentative ma erano anche inseriti in un magma culturale che permetteva loro di essere se stessi e tutto ciò era rapporto di forza con l’industria discografica.
Il nuovo corso dell’hip hop dai Club Dogo a Fabri Fibra, passando per Ensi e Fedez , nasce nei o attorno ai centri sociali ma tutti questi artisti hanno velocemente abbandonato contenuti e immaginari per trasformarsi in perfetti soggetti del mercato tanto da esibirsi in discoteca ed essere buoni per tutti, anzi per tanti perchè spesso le immagini che trasmetto sono in netta opposizione con quello che può star dentro al “recinto culturale” della tradizioni della sinistra in senso molto ampio, soprattutto per i contenuti misogine e sessisti.

La questione non è da poco. Perché ne apre un’altra: la capacità dei movimenti sociali di creare immaginari, produrre contro cultura ed essere rappresentativi.

Le due questioni sono concatenate. L’una e causa dell’altra, e viceversa.

Senza dilungarmi ulteriormente bisogna ammettere che il mondo dei centri sociale ha smesso di avere una forza di produzione artistico/culturale capace da un lato di diventare maggioritaria così da imporsi all’industria discografica dall’altro di creare immaginari.

Se negli anni 90 ogni spazio aveva una Posse, oggi ogni spazio ha un sound system trash. E come la musica hip hop è stata imposta al di fuori dei confini del movimento anche le serate trash hanno esondato le mura dei centri sociali.

Certo c’è un abisso tra una Posse ed un sound trash. Non sta certo nella musica trash ne nella logica del sound system il problema di arretramento delle/nelle nostre spinte contro-culturali. Anzi la trash nasce da esigenze di rilassatezza e autoironia che spesso ci sono mancate, ma oggi rappresenta in pieno una mancanza collettiva. E’ infatti  vero che le serate trash nascono con con la volontà di riprodurre in maniera ironica musica e immagini che sono un misto tra il peggio pop e la tradizione televisiva tra Drive In, Non è La Rai e X Factor, perchè sono musica ed immagini con cui da piccoli siamo cresciuti, ribaltandone il significato, infatti la differenza la fa il contesto dove queste serate vengono svolte.

Ripeto il problema non è MAI il tipo di musica . Anzi oggi i sound system Trash di movimento sono tra le esperienze più vitali e attive nei percorsi di solidarietà e hanno la grande capacità di tenere in rete realtà ed esperienze molto diverse. Senza di loro si starebbe peggio! Ed è anche per questo che oggi queste serate sono le più gettonate tra i militanti ed i giri larghi.

Se però resta la tradizione culturale di aver “dato i natali” alle Posse, al reggae e/o al punk, resta anche la responsabilità culturale di aver lanciato un fenomeno come le trash night e di non essere riusciti a “proteggerlo” con un intervento più ampio di costruzione di contro-culturale.

Non possiamo non accorgerci come alcuni artisti contemporanei narrino il mondo della precarietà, della crisi e della resistenza ma non si può non notare come Ministri, Lo Stato Sociale, Caparezza e/o Le Luci Della Centrale Elettrica abbiano sì visioni e lessici “nostri” ma non nascono da nostre esperienze, non possiamo non vedere come abbiano in qualche maniera introiettato e vissuto il mito dei centri sociali ma ci suonino poco (molto spesso perché gli spazi occupati non si vivono come necessaria la ricerca della qualità e delle questioni tecniche).

Il mondo è cambiato, negli anni 90 erano pochi gli spazi che davano possibilità di suonare o mettere dischi. Oggi invece è pratica diffusa. Bisogna trovare un modo per essere avanti. Per spingere ed essere riconosciuti come spazi di creazione, inventiva e nuovo genio.

Penso sia arrivato il momento di iniziare una riflessione seria sulla produzione contro-culturale e sulla conseguente o condizione necessaria creazione d’immaginari dei nostri mondi perché il rischio di non avere poi uno ZeroCalcare, un Elio Germano, o i gruppi elencati prima è dietro l’angolo!

E senza immaginari e cultura è più difficile costruire ed aggregare.

Ho parlato tanto di musica perché è il mondo che conosco meglio, ma questa crisi penso riguardi tutto il mondo della cultura e della contro cultura.

Ho parlato tanto d’Italia ma credo sia un problema diffuso, come scrivevo appunto nell’articolo sulla morte di Lou Reed.

Sperando che queste righe servano ad aprire una discussione su queste pagine o anche su altre Buon Week End!

milanoinmovimento.com