La Mostra militarizzata che allontana dal cinema

12 / 9 / 2009

L’interminabile applauso in Sala Grande per la giovane regista iraniana e il suo film Green Days sono il suggello migliore per questa 66^ Mostra del Cinema di Venezia.

Un programma ricco di bei film, una delle migliori edizioni degli ultimi anni, e dove ti accorgi che il mondo del cinema è impegnato con serietà e creatività a raccontare questo sgangherato presente. Un cinema engagé, capace di mettere in discussione politica e economia, società e sentimenti. Un cinema, quello visto a Venezia, che stride fino a far scintille con il contesto in cui è stato mostrato. 

Un festival condizionato dal cantiere del nuovo palazzo del cinema, certo, la Biennale costretta a rovesciare la cittadella, spostarla dal lato mare al lato laguna. Necessità inevitabile che ha reso invisibile (e per certi aspetti invivibile) i riti cui da tempo eravamo abituati. Su tutti, l’impraticabilità della scalinata del Casinò, vero luogo creativo di ogni edizione, laddove per decenni sono nate le critiche ai film appena visti, idee per nuove sceneggiature, produzioni che senza quegli scalini non avrebbero mai visto la luce. 

Mai come quest’anno, poi, si è vista tanta meno gente in giro. I motivi più o meno gli stessi delle più recenti edizioni, questa volta però più evidenti. A essere spariti sono soprattutto i giovani. Che non possono permettersi le cifre sparate da queste parti, oltre a essere stati da tempo sempre più esclusi dalle proiezioni. Infine, non ultima, anzi, la esagerata presenza di forze dell’ordine, decine e decine fra poliziotti, carabinieri, finanzieri (ieri si è vista in giro addirittura la polizia penitenziaria!) che sono prerogativa assoluta della Mostra di Venezia.

Niente polizia ai festival di Cannes, o di Berlino, o a Locarno. I giornalisti stranieri lo hanno sottolineato quotidianamente. Peccato, perché la Biennale (che non ha reponsabilità in proposito), sotto la presidenza del miglior presidente da molti anni a questa parte, Paolo Baratta, avrebbe tutti gli strumenti e le capacità per offrire una Mostra sia di grande qualità (grazie al suo direttore, Marco Müller) sia di grande organizzazione che dovrebbe però tornare a quella leggerezza in grado di far sentire alla gente di essere a un festival di cinema e non al G8 con i blindati fuori dalle sale, le ronde armate in spiaggia. Solo così la gente avrà la voglia di ritornare in questo posto che da splendido litorale si è negli anni trasformato in un’asfissiante caserma all’aperto per pochi intimi, piena solo di transenne e di off limits.

Ma del resto, ogni film che al Lido ha mostrato l’Italia di oggi, ha proposto il ritratto di un paese allo sfascio. Militarizzato e ridicolo. Ritorniamo al cinema, e ritorneranno gli appassionati di cinema.

Fonte: Corriere del Veneto 12.09.09