Petros Markaris ha scritto una trilogia in nero sulla crisi greca, sui sentimenti polpolari, sull'humus sociale che viene riplasmato. Proponiamo una sua corrispondenza tratta dal giornale la Repubblica.

La mia Atene ha smarrito la via

26 / 9 / 2013


Atene assomiglia a un malato che soffre di Alzheimer. La città gradualmente perde la sua memoria, ma anche la sua forma presente. Questa perdita di memoria ha colpito soprattutto i quartieri cittadini della piccola e media borghesia. Quasi ogni giorno, passo per la via principale che attraversa i quartieri abitati dal ceto medio — Odos Patision — la via dello shopping per questi ceti. Ora, un negozio su due è chiuso e le vetrine sono tappezzate di poster, annunci di affittasi e di varia natura.

Se mostrassi a un residente di Odos Patision uno dei negozi vuoti e gli chiedessi che cosa vendeva quel negozio, mi guarderebbe in totale passività e tirerebbe a indovinare: «Abbigliamento?» o «Scarpe?». Que-sto perché quasi tutti i negozi in Odos Patision vendevano abbigliamento e calzature. Dopo tre anni di recessione, la memoria di Atene si cancella. I cittadini non ricordano.

Un mese fa è uscito un mio nuovo libro intitolato Atene in una gita. Il libro descrive un viaggio a bordo del vecchio metrò di Atene, che tutti conoscono come “il tram”, dal porto del Pireo fino all’elegante quartiere di Kifisià. Le ventiquattro fermate di questa linea offrono al viaggiatore l’opportunità di conoscere la storia pressoché completa della stratificazione sociale di Atene. Mi ha colpito che molti lettori non conoscevano, né ricordavano molte delle cose descritte nel libro. Mentreascoltavo le loro domande, io stesso mi chiedevo, a metà tra il dubbio e la rabbia: «Ma come è possibile che io, l’immigrato, arrivato ad Atene nel 1964, conosca la città meglio della gente del posto?».

Sebbene questa perdita di memoria sia peggiorata con la recessione, essa affonda le sue radici nell’epoca della ricchezza virtuale. A metà degli anni Ottanta, i residenti di questi quartieri se ne andarono, perché non volevano, così affermavano, respirare l’aria inquinata del centro di Atene, né essere disturbati dal rumore e dal traffico congestionato. Era un semplice pretesto. Il reale motivo era che volevano vivere da nuovi ricchi, poiché tali si sentivano. Nei quartieri centrali restavano solo i pensionati e alcuni artisti e intellettuali, che non volevano o potevano lasciare le proprie abitazioni, sia per motivi economici, sia perché erano affezionati al centro della città. Quando giunse la prima ondata di immigrazione, all’inizio degli anni Novanta, questi quartieri erano pronti ad accoglierli. Oggi, molti dei vecchi residenti di queste zone ritengono che gli immigrati siano il motivo per cui questi quartieri sono stati “declassati” e il valore dei loro immobili è crollato. Sono favole. Gli immigrati si sono insediati in queste zone perché le case erano libere e gli affitti erano bassi.

La preponderante presenza di immigrati ha trasformato il centro di Atene, dominato una volta dalla piccola e media borghesia, in un focolaio di razzismo. La responsabilità principale di questa situazione va attribuita allo Stato greco e all’amministrazione comunale di Atene. Poiché, in generale, lo Stato e, più precisamente, l’amministrazione comunale non sono stati in grado, in tutti questi anni, di elaborare una politica che affrontasse il grave problema dell’immigrazione in città, questi quartieri, negli ultimi anni, sono diventati terreno fertile per il movimento neonazista Alba Dorata. Gli anziani e i pensionati hanno paura degli immigrati e i neonazisti li hanno presi sotto la loro ala protettrice: li accompagnano in banca a ritirare, in tutta sicurezza, la pensione; di notte dormono nelle loro case o appartamenti. Gli anziani che abitano in questi quartieri così si sentono protetti e i neonazisti di Alba Dorata sono diventati ai loro occhi i “bravi ragazzi” che li proteggono.