Il racconto americano della working class

George P. Pelecanos e il difficile sentiero delle esistenze nei ghetti interetnici e interraziali di Washington

20 / 1 / 2014

Le storie che racconta George Pelecanos sono solo apparentemente dei thriller; non sono nemmeno delle crime stories e tanto meno dei gialli; persino il noir gli va stretto come definizione seppure sia quella che più gli si avvicina. Sono semplicemente storie proletarie dei ghetti metropolitani, i ghetti interraziali di Washington. La strada di casa, pubblicato nel 2012 da Piemme edizioni, suo ultimo libro tradotto in Italia, rappresenta una sintesi dei temi conduttori dei racconti di questo autore. I suoi romanzi sono, infatti, un unico racconto di vita proletaria a Washington che si snoda lungo una serie di episodi – i singoli romanzi – con personaggi e storie sempre diverse. In La strada di casa la storia del giovane bianco Chris Flynn e dei suoi coetanei neri, usciti da anni di carcere minorile, che lottano per trovare una nuova strada che non sia l’abbrutimento dello spaccio, della piccola criminalità delle bande apre squarci realistici sulla vita della classe proletaria metropolitana della capitale statunitense, sulla difficile convivenza interetnica, sulla difficoltà di andare oltre ai codici delle bande e delle comunità criminali di strada e sulle poche opportunità di uscita da questa condizione che la società opulenta concede.

 

Quando nel 2000 la collana Giallo Mondadori decise, per prima in Italia, di pubblicare un romanzo di Pelecanos – Una dolce eternità – si prese la briga di mettere le mani avanti con i lettori tradizionali della collana mondadoriana scrivendo in quarta di copertina:

 

“George Pelecanos è una brutta gatta da pelare. In un primo momento, noi del Giallo Mondadori abbiamo avuto qualche incertezza a pubblicarlo, perché nei suoi romanzi la violenza è tanta e molto reale. Ma non è che lo specchio della violenza che fa parte della vita quotidiana di una metropoli come Washington […]”

 

Confesso che non essendo mai stato un “fanatico” del Giallo Mondadori fu proprio questa avvertenza a spingermi a comperare quel libro e fu senza ombra di dubbio buona cosa. Non tanto perché, come commentava il curatore del volume, ci fosse questa sorta di “pacchettata” di violenza nel suo romanzo da giustificarne l’avvertenza ma per la qualità del racconto, l’originalità dei personaggi descritti e il realismo della storia. Un racconto avviluppato tra legalità e illegalità, che non indulgeva a moralismi ma metteva di fronte il lettore alla realtà nuda e cruda della vita nei ghetti multirazziali metropolitani.

I suoi personaggi fanno tutti parte della poor class urbana americana con l’aggiunta di provenire da comunità etniche, neri, centro e sud americani, greci, polacchi ecc., che popolano i quartieri a rischio della capitale statunitense. Nei quattro romanzi che compongono la storia sociale del Quartetto di Washington D.C., District of Columbia, Terzo distretto, enorme ghetto lastricato di cocaina, trafficanti, poliziotti corrotti, fuori di testa e disperati di ogni genere, abitato da diverse etnie tra loro difficilmente conviventi e caratterizzato dall’alto tasso di microcriminalità, i personaggi principali sono un nero, Marcus Clay, veterano del Vietnam e proprietario di un negozio di dischi, e il suo amico, un greco, Dimitry Karras, piccolo spacciatore di marijuana. I due hanno anche un’altra entrata: le partite due contro due di street basketball del cui circuito sono una coppia affiatata e vincente. Senza moralismi Pelecanos descrive la vita di questi due personaggi che attraversano ogni giorno la sottile linea della legalità/illegalità per darsi un reddito sufficiente non tanto a fare la vita da gangster ma quella semplice, di proletari del ghetto. La descrizione del mondo degli incontri di street basketboll è una delizia nella delizia del racconto così come la competente citazione di musicisti, canzoni e romanzi di genere durante lo scorrere della storia. Nei diversi episodi che compongono il “Quartetto” – The Blowdown (ancora senza traduzione in Italia), King Suckerman, Una dolce eternità e Vendetta – il crimine attraversa più volte la strada di Clay e Karras e a volte ne sono loro i promotori. Quando poi si tratta di difendere la propria realtà i due non esitano a farlo con la massima violenza possibile senza alcuna remora, senza alcun compiacimento, semplicemente perché necessario. Il mondo del Terzo distretto è, d’altra parte, un mondo difficile con sue specifiche regole e leggi. Tutti, compresi i poliziotti, cercano di imporgli il proprio potere come in questo passo tratto da Una dolce eternità :

 

“Potere. Roba da poliziotti, ma non da poliziotti qualsiasi. Quelli che stanno dietro la scrivania non ne hanno. Quei cazzoni della Omicidi sono troppo contorti. Forse qualcuno della Buoncostume, ma solo una volta ogni tanto. Chi il potere ce l’ha sempre sono gli agenti di pattuglia, gli unici in grado di saperlo davvero gestire. Tutt adorava la sensazione di caduta libera che si accompagna al Potere. Non vedeva l’ora di gustarsi gli sguardi che riceve va quando smontava dalla macchina: sguardi che esprimevano paura, ostilità, persino rispetto. Era in polizia da cinque anni, sempre in divisa e sempre sulla strada”.

 

In questo inferno Pelecanos cala la vicenda di Clay e Karras, un nero e un greco le cui comunità sono chiuse l’una alla cultura dell’altra, che nel gioco del basket, nei comuni gusti musicali, nelle comuni affinità relazionali hanno trovato, invece, un modo per convivere e sopravvivere alle regole non scritte del ghetto, evidenziando, di contro, la possibilità di una esistenza diversa da quella segnata dal destino di appartenere anagraficamente a questo luogo.

 

Anche nella serie che ha per protagonisti Derek Strange, nero, detective privato tutto fare e dalle molteplici attività lavorative e Terry Quinn, bianco, poliziotto in crisi, Anacostia, quartiere difficile e violento di Washington, fa da protagonista assieme, questa volta, al tentativo di percorrere la storia della discriminazione razziale contro i neri, gli echi delle mobilitazioni per i diritti civili e gli episodi della rivolta nera. A fare da accompagnamento nei romanzi che compongono la serie – Strade di sangue, Angeli neri, Il circo delle anime, Fuoco nero – sono i continui rimandi alla musica soul e rock degli anni settanta e ottanta e le discussioni letterarie dei due personaggi su romanzi noir, crime e western. Terry Quinn è tormentato dall’uccisione accidentale di un giovane nero durante una azione di polizia, un tormento che lo mette di fronte ai propri pregiudizi, al fatto che lui, sostanzialmente non è mai stato un fautore della convivenza con i neri, anzi li ha sempre disprezzati e sino all’incontro con Strange ha sempre condiviso tutti i luoghi comuni e i pregiudizi sulla comunità nera dei bianchi di Washington. L’incontro con Strange mette in crisi questo impianto ideologico ma lo fa da entrambe le parti: Derek Strange guarda i bianchi, forse con maggiore giustificazione di Quinn, con lo stesso impianto di pregiudizi e luoghi comuni, almeno sino al progressivo affermarsi della relazione d’amicizia tra i due. La violenza della vita ad Anacostia non mancherà di mettere alla prova il loro rapporto che andrà rinsaldandosi proprio affrontando insieme molte di queste situazioni.

Pelecanos, come Spike Lee nel Fa’ la cosa giusta, mentre racconta le vicende di Strange e Quinn – ma anche di Clay e Karras, come dei protagonisti degli altri suoi romanzi – è interessato soprattutto ad indagare la difficile convivenza interetnica e interrazziale nei ghetti metropolitani statunitensi, lo scoglio granitico della incomunicabilità tra le diverse comunità etniche. La descrive, la indaga, ne evidenzia le inconciliabilità, la continua lotta dei tanti per rimanere a galla in mezzo a questo universo devastato dai pregiudizi, dal razzismo, dalla diffidenza per l’altro, per il diverso da sé e dai suoi simili, dalla prigione identitaria delle comunità chiuse. Ma parla anche di chi trova nel proprio percorso, anche violento, criminale, illegale, motivazioni per guardare in maniera diversa l’altro e per cercare un altro modo di coesistere. Nelle vicende raccontate sono tanti i racconti minimalisti di sapore “calveriano” che intrecciano e arricchiscono la trama principale, la storia dei protagonisti del romanzo.

 

Negli ultimi romanzi Pelecanos accentua ancora di più l’attenzione a questo aspetto del tema della vita nei ghetti interetnici e interrazziali, delle relazioni che vi si instaurano e della ricerca di convivenza, abbandonando quasi del tutto le atmosfere crime e noir delle storie precedenti. Nel La strada di casa, ad esempio, al centro è il sovrumano sforzo di giovani ragazzi per affrancarsi dalla vita violenta dei loro primi anni di adolescenza, il tentativo di “mollare un punto” quando provocati, di imboccare un altro sentiero senza vendersi l’anima, senza perdere dignità e rispetto per sé stessi. Nel Il sognatore questa lotta è ancora più aspra perché segnata dalla necessità di vendetta da parte di chi, in gioventù, ha subito un torto grave da altri coetanei ma di razza diversa. Ancora bianchi e neri, tutti della poor class, che rischiano sempre di trovare solo nello scontro tra loro la ragione della propria appartenenza a questa o quella comunità chiusa e ad un futuro senza futuro. Dove non c’è possibilità di uscita dalla miseria, dall’ignoranza, dalla violenza, da una vita ai margini, dalla convivenza con l’illegalità e spesso con la criminalità. Lo stesso tema viene approfondito da angolatura diverse anche in Il giardiniere notturno e Il guardiano del buio, altri romanzi di Pelecanos recentemente pubblicati in Italia a segnare, come dicevamo, un unico lungo racconto proletario metropolitano americano.

George Pelecanos è scrittore raffinato, sia per lo stile che per la densità delle storie che racconta. La sua lunga esperienza fatta di molteplici impieghi prima di esordire nella scrittura lo ha sicuramente aiutato a riversarvi realistici racconti di vita vissuta. Il non celato amore per la musica, specie per il soul e il rock degli anni settanta e ottanta, gli consente di accompagnare i suoi romanzi con una ricca e competente colonna sonora che fa da atmosfera particolare e piacevole alla lettura. Per completare i cenni biografici dell’autore non guasta sapere che Pelecanos è stato anche distributore cinematografico, lavorando con i fratelli Cohen e facendo esordire negli States, John Wood con The Killer.

 

Bibliografia:

 

A parte Una dolce eternità edita dal Giallo Mondadori ma ora reperibile anche in edizione Piemme con il titolo Non temerò alcun male, e King Suckerman edito da Shake edizioni, tutti gli altri romanzi di Pelecanos citati nell’articolo, che compongono tutto quello che è stato sinora tradotto di questo autore in Italia, sono editi da Piemme edizioni.

 

Unknown

 

20 gennaio 2014