Il noir che viene dal nord

20 / 12 / 2012

Il romanzo cosiddetto “giallo” in Italia, in tutte le sue versioni, è stato per anni ad appannaggio di autori inglesi e americani. Autori di diversa provenienza sono stati molto rari nelle pubblicazioni edite in Italia. Proprio per questo anche ottimi autori italiani sono stati per anni sottovalutati o misconosciuti ai più. Si pensi ai casi Scerbanenco e Veraldi, riscoperti solo recentemente e sull’onda dell’affermazione di una nuova generazione di autori italiani che, a partire dalla metà degli anni 80, in una vera e propria valanga di titoli si sono ormai affermati sul mercato nazionale e non. Nelle collane degli anni 70, dai “Gialli Longanesi” – quelli con il gatto nell’intestazione per capirci – ai “Gialli Garzanti”, in versione nera, poi gialla e cartonata sino agli “immortali” “Gialli Mondadori”, salvo qualche incursione di autori francesi e italiani, a spopolare furono i raffinati investigatori inglesi, nella versione maschile e femminile, i “duri” americani e le squadre di polizia delle metropoli statunitensi.

A metà degli anni 70, in un mercato dominato appunto dagli autori anglosassoni, fecero la comparsa nelle edicole, cartolibrerie e librerie del tempo, assolutamente in sordina, due autori svedesi con una serie di romanzi incentrati sulla figura di un ispettore della polizia di Stoccolma. Si trattava di due coniugi svedesi, Maj Sjowalle Per Wahloo, che scrissero ben 10 romanzi con al centro la figura dell’ispettore della polizia di Stoccolma Martin Beck. Vennero pubblicati da Garzanti quasi tutti nell’arco di due anni, dal 1973 al 1974 e un ultimo romanzo nel 1976. In tutto 7 romanzi, quindi in forma incompleta. Ora, con una scelta meritevole, Sellerio ne ha pubblicato l’intera serie anche se non in sequenza cronologica corretta (ma questo è un vizio di tutta la nostra editoria: ti propone il romanzo che ritiene più interessante o accattivante e se sfonda, allora ti propone il resto. Un metodo che non sempre ti fa apprezzare al meglio le qualità dell’autore o dell’autrice). Sellerio ha pubblicato anche alcuni racconti e un piccolo epistolario tra i due autori, mentre altri due romanzi, uno scritto dalla sola Sjolwall e uno dal solo Wahloo, sono stati pubblicati, il primo da Hobby & Work nel 2000 e il secondo da Einaudi nel 2012.

Chi ha letto le inchieste dell’ispettore Martin Beck negli anni settanta si è trovato di fronte ad uno scenario del tutto nuovo per la letteratura giallistica. Le inchieste di Beck non avevano nulla a che vedere con le raffinate indagini di un Poirot, di un Philo Vance o di un Nero Wolf; né avevano nulla di adrenalinico come le caccie all’assassino dei duri americani Lemmy Caution, Mike Hammer e Mike Shane. Martin Beck e i suoi colleghi assomigliavano più a Steve Carella e i detective dell’87 Distretto; il suo carattere malinconico e introverso ricordava più un Philip Marlowe o un Lew Archer, eroi dell’hard boiled americano e le riflessioni sulla condizione umana e societaria svedese quelle degli scrittori neri degli anni 50 americani come Thompson e Goodis.

Sjolwall e Wahloo attraverso le riflessioni amare di Beck, le discussioni dell’ispettore con i propri colleghi, le indagini frammiste ai problemi quotidiani della vita familiare, del rapporto stanco con la moglie (sino al divorzio) e problematico con i figli, cercarono di costruire un affresco della vita sociale svedese nell’epoca della costruzione del welfare state. Rileggere questi libri oggi o leggerli per la prima volta, pur scontando una scrittura un po’ datata, consente di scandagliare i pregi e i difetti di quel modello che ebbe la sua massima espressione in quegli anni, le potenzialità del welfare ma anche l’opprimente presenza dello Stato e delle sue strutture di assistenza sociale, di un “socialismo” compatibile con il capitalismo che se, da un lato, forniva servizi, dall’altro, negando o anestetizzando il conflitto sociale, creava una società problematica, con la disgregazione giovanile da un lato, solitudine e tentazioni suicide dall’altro, la rincorsa al successo di pochi frammista alla corruzione politica mentre la fatica quotidiana di tanti veniva irrigimentata dal patto sociale tra socialdemocrazia e sindacati. Uno sfondo in cui le vicende di Beck e i suoi colleghi rapiscono l’interesse del lettore con il ritmo lento delle loro indagini su questo o quel delitto.

La ristampa di Sjowall e Wahloo avviene oggi nel pieno della valanga editoriale della letteratura giallistica e noir scandinava (o meglio dei Paesi nordici dell’Europa perché oltre ad autori svedesi, norvegesi e finlandesi si aggiungo islandesi, danesi e da poco anche di quelli provenienti dalle Repubbliche Baltiche ex sovietiche) che invade gli scaffali delle librerie con una quantità di autori e di storie molto spesso non all’altezza del battage pubblicitario costruitovi attorno. Prima di questa valanga, a segnare una continuità con gli apripista Sjowall e Wahloo è stato il pregevole Henning Mankell con le inchieste dell’ispettore di Ystad – città della Scania nel sud della Svezia – Kurt Wallander.Wallander assomiglia a Beck per le precarie condizioni familiari – anche lui presto divorziato, alle prese con una figlia indipendente ma anche con un padre eccentrico, burbero e sostanzialmente contrario alla scelta del figlio di fare il poliziotto – e le sue inchieste ricalcano quelle di Beck per il tentativo di leggere attraverso i fatti che avvengono e le persone coinvolte, compresi gli assassini o le assassine a cui da la caccia, la condizione sociale della Svezia in pieno mutamento negli anni 80-90.

E’ una Svezia rurale quella raccontata da Wallander e non metropolitana come quella di Beck ma le problematiche sono simili; in più c’è l’impatto sulla società svedese del fenomeno migratorio e della fine del blocco sovietico, con l’arrivo delle nuove mafie dell’est europa, con il dilagare delle droghe, della prostituzione e del commercio dei corpi. E ci sono i virus xenofobi e razzisti che si insinuano viralmente nella società contro i quali spesso impatta Wallander come nello splendido primo libro della serie “Assassino senza volto” o nel penultimo “Prima del gelo”, indagine che svolge fianco a fianco con la figlia nel mondo della prostituzione dei corpi. Mankell aggiunge nei suoi libri una attenzione alle problematiche internazionali che allarga l’orizzonte oltre le vicende che si svolgono a Ystad come nel pregevole “La leonessa bianca”. In questo ultimo anno, per scelta dell’autore, con “L’uomo inquieto” la saga di Wallander sembra sia giunta al termine con una scelta in linea con lo sviluppo della storia sino dal suo primo libro.

A dare inizio alla valanga è stato il fenomeno letterario Stieg Larsson con la trilogia Millennium“Uomini che odiano le donne”,“La ragazza che giocava con il fuoco” e “La regina dei castelli di carta” – a cui hanno fatto seguito dalla penisola scandinava, appunto, decine di autori ed autrici di genere giallistico, al punto che oggi è difficile orientarsi su ciò che vale la pena leggere o meno, su quali storie hanno qualcosa di originale o meno. Il rischio è l’assuefazione per trame spesso simili ma anche per causa delle scelte pubblicitarie editoriali che assegnano ad ogni autore il titolo di nuovo Stieg Larsson o del migliore in assoluto scrittore di storie giallistiche svedesi, piuttosto che danesi o norvegesi. In mezzo a questa orgia di titoli bisogna saper sceglie per non rimanere delusi. Per favorire la navigazione in questo “altromondo” del nostro continente segnalo alcuni autori.

1. Si chiama Asa Larsson ed è un’avvocato fiscalista di Uppsala in Svezia. Di questa autrice sono stati pubblicati sinora cinque libri che vanno letti rigorosamente in sequenza. Larsson ha una scrittura poetica che ti prende sino dalle prime pagine del suo “Tempesta solare” dove si fa la conoscenza con Rebecka Martinsson, giovane avvocatessa che suo malgrado viene coinvolta in una storia complessa che ruota attorno all’omicidio di un prete a Kirune nel profondo nord della Svezia. Rebecka entra subito nel cuore dei lettori ed è questo uno degli elementi di forza dell’autrice che presenta una splendida figura femminile piena di fragilità che nascono un nucleo duro e granitico nel profondo del suo carattere che le consente di superare prove terribili. Attorno a Rebecka ruotano personaggi interessanti come Anna-Maria Mella, una sorta di Marge Gunderson del film culto dei fratelli Coen “Fargo”, ispettore della polizia della piccola città di Kirune e il suo collega, Sven-Erik Stalnacke, apparente burbero uomo del nord che ama i gatti ed è facile ad innamorarsi. Ci sono poi gli abitanti di questi lontani luoghi freddi e innevati con le loro debolezze, i segreti nascosti, le violenze domestiche. La potenza delle forze della natura che si percepisce nei libri di AsaLarsson fanno da cornice a storie che, pur raccontando di delitti e della loro soluzione in un continuo crescendo di suspence, indagano gli animi delle persone e lo fanno andando nel profondo delle psicologie umane, delle relazioni, delle credenze e dei tabu religiosi. Proprio la religiosità, quella antica, legata ad un rapporto con gli eventi naturali che nelle città è andato perduto, se non quando veniamo travolti da innondazioni o terremoti, viene spesso scandagliata dall’autrice e messa a confronto/scontro con la razionalità dei suoi personaggi principali. Nei romanzi della Larsson, mentre li leggi, senti come un rumore di fondo, una sorta di ringhio che parte piano in sottofondo per esplodere progressivamente in un crescendo che ti fa correre lungo le pagine per arrivare alla fine. La consiglio caldamente.

2. Il secondo autore che segnalo è Gunnar Staalesen, norvegese di Bergen, considerato il padre del giallo norvegese. In realtà i suoi romanzi non sono proprio dei gialli come siamo soliti immaginarli quando sentiamo questa definizione un po’ troppo generica. Staalesen scrive noir solidi, così come lo sono quelli di Jim Thompson per stare ad un paragone di spessore. Le sue storie sono incentrate sulle vicende di Varg Veum ex assistente sociale ora investigatore privato, forte bevitore e uomo devastato da conflitti interiori dai quali non sono affatto esenti le esperienze fatte come dipendente statale nei servizi sociali, a contatto con i guasti della tossicodipendenza, dell’alcolismo, della violenza domestica e, soprattutto, dei sopprusi, abbandoni e affidi problematici dei minori. Gunnar Staalesen è una scoperta editoriale Iperborea, raffinata casa editrice che ha avuto il merito di farci conoscere il meglio della letteratura nordica (ora anche mediorientale), ma una sua piccola apparizione, come fu per Sjowall e Wahloo, la fece nei Gialli Mondadori nel 1998 con “Cristalli di ghiaccio”, ora riproposto da Iperborea con il titolo “La donna nel frigo”, storia di una ricerca in una piccola città di pescatori, Stavanger, trasformata e devastata completamente dalla scoperta del petrolio al largo delle sue coste. E proprio petrolio, soldi, malaffare e stravolgimento dei rapporti sociali nella comunità locale fanno da sfondo alla ricerca di Veum in questo noir.

Satelliti di morte” è, invece, il primo titolo proposto da Iperborea in cui facciamo la conoscenza con un Varg Veum in un continuo andare nel tempo, tra l’esperienza passata come assistente sociale e quella presente di investigatore che si trova di fronte i fantasmi di un caso difficile di allontanamento dalla madre di un ragazzo e di affido ad una nuova famiglia. La fredda burocrazia dello Stato nel trattare questi casi complessi ti colpisce in pieno in questo libro mentre, dall’altro, vieni coinvolto nella vicenda che rimanda al passato per capire cosa sia diventato il bambino di un tempo. Con Staalesen conosciamo la ricca Norvegia, con un reddito procapite fra i più ricchi del mondo, ma con tutti i guasti sociali che la società opulenta non ha affatto risolto, anzi in molti casi li ha aggravati. Differenze sociali cristallizzate, solitudine, alcolismo e tossicodipendenza, devianza minorile sono tutti aspetti che Vaum osserva nel suo infilarsi in storie sordide e disperate. Il noir più vero, insomma e una scrittura di grande pregio. L’unico rammarico è che l’editore ci ha proposto per prima la quinta storia di Vaum per poi pubblicarne altre due antecedenti.

3. Il terzo autore che segnalo è Jo Nesbo, forse il più conosciuto dei tre, visto che su di lui sono state costruite campagne pubblicitarie per reclamizzarne i romanzi sia da Piemme, il suo primo editore italiano, sia da Einaudi, l’attuale editore dei suoi ultimi due libri. Nesbo non è stato tutto tradotto in Italia; per quel vizio strano della nostra editoria a cui accennavo prima mancano all’appello i suoi primi due romanzi ed è un vero peccato perché le sue storie vanne lette, come si dice, di seguito.

Jo Nesbo, norvegese di Oslo, è il più “americano” dei “giallisti/noir” scandinavi, quello che anche nella scrittura ricorda i migliori autori americani contemporanei di questo genere – da JamesCrumley a James Lee Burke; da Lawrence Block a James Sallis – con sequenze secche alternate a pause di riflessione profonda sulla condizione umana, subito abbandonate per una azione incalzante. Harry Hole, il suo personaggio, poliziotto di Oslo, alcolista “militante”, grande fumatore, solitario e scorbutico, è anch’egli più vicino ai personaggi conosciuti nella letteratura americana di tutti quelli che fanno da protagonisti in autori e autrici scandinavi. Ma Harry Hole è anche unico, originale come personaggio e questo è un merito di Nesbo che, dal primo libro pubblicato in Italia “Il pettirosso” all’ultimo, il recentissimo “Lo spettro”, migliora ogni volta di più nella scrittura e nella storia, appassionandoti alla sua lettura. Un pregio che non troppo spesso troviamo in altri autori – a mia memoria solo James Crumley e James Lee Burke colpiscono in questo modo.

La Norvegia di Nesbo è violenta, una realtà dura che il benessere non attenua: Hole si inoltra nel mondo della corruzione politica che alberga anche nelle forze di polizia, specie tra i suoi dirigenti in carriera. L’ansia da prestazione e la ricerca di un avanzamento sociale in una parte della società norvegese, nel racconto di Nesbo, è uno dei cancri che corrodono l’apparenza del benessere, dei servizi garantiti, del welfare per tutti. Poi ci sono, nel profondo della società norvegese, i razzisti e la xenofobia contro gli stranieri contro i quali Hole impatta in molti suoi libri; le mafie dell’est europa, la tratta dei corpi come in Mankell ma con un impatto più ruvido e diretto nel racconto di Nesbo. Leggere Nesbo è un piacere che lascia sempre alla fine del libro una sorta di ansia per l’attesa della pubblicazione della prossima puntata.

Autori e libri citati:

Maj Sowall e Per Wahloo

Tutti editi da Sellerio (prima edizione Garzanti) e proposti in ordine di lettura:

Roseanna”

L’uomo che andò in fumo”

L’uomo al balcone”

Il poliziotto che ride”

L’autopompa fantasma”

Omicidio al Savoy”

L’uomo sul tetto”

La camera chiusa”

Un assassino di troppo”

Terroristi”

Henning Mankell

Tutti editi da Marsilio. “Piramide” è una raccolta di racconti che si colloca prima di “Assassinio senza volto”, cioè nei primi anni di attività di Kurt Wallander

Assassinio senza volto”

I cani di Riga”

La leonessa bianca”

L’uomo che sorrideva”

La falsa pista”

La quinta donna”

Delitto di mezza estate”

Muro di fuoco”

Piramide”

Prima del gelo”

L’uomo inquieto”

Asa Larsson

Tutti editi da Marsilio.

Tempesta solare”

Il sangue versato”

Sentiero nero”

Finchè sarà passata la tua ira”

Sacrificio a Moloch”

Gunnar Staalesen

Tutti editi da Iperborea

Satelliti di morte”

Tu fino alla morte”

La donna nel frigo”

Jo Nesbo

Editi i primi cinque da Piemme e gli ultimi due da Einaudi

Il pettirosso”

Nemesi”

La stella del diavolo”

La ragazza senza volto”

L’uomo di neve”

Il leopardo”

Lo spettro”

20 dicembre 2012

Unknown