If I can’t dance it’s not my Revolution! Verso la carovana di Gaza is Alive

L'incontro tra Gaza is Alive e Gaza Freestyle Festival a Sherwood Festival 2019

19 / 7 / 2019

Gaza: isolata dalla Cisgiordania e da Gerusalemme est occupate; sotto assedio da oltre un decennio; sottoposta a discordie politiche interne, è una vera e propria prigione ed un enorme cimitero a cielo aperto. Salvo qualche rara eccezione, negli ultimi 12 anni l’attenzione nei confronti di quel popolo costretto a vivere sotto un assedio imposto da Israele, Egitto d Hamas è inesorabilmente calata, o peggio, le violazioni dei diritti umani vengono spesso derubricate dalla stampa internazionale a “violenze” o “disordini”. Fortunatamente, grazie anche all’impegno di alcune persone straordinarie, i riflettori non sono mai calati del tutto sulle tremende condizioni di vita alle quali sono costrette migliaia di uomini, donne e bambini.

Così quest'anno, l'Associazione Ya Basta! Êdî bese! – realtà interna ai centri sociali del nord-est –ha promosso una carovana proprio nella Striscia di Gaza, che partirà il 28 Luglio e resterà in Palestina fino all'11 Agosto.

Un po’ alla volta, grazie soprattutto alla creazione di una vera e propria rete tra associazioni, è stato costruito un progetto ambizioso: creare degli spazi aggregativi alternativi a quelli imposti dal radicalismo religioso e contemporaneamente sostenere la salute psico-sociale di chi è costretto a fare i conti quotidianamente con le conseguenze delle atrocità che gli sono state inflitte. Lo si farà attraverso una metodologia che esce dai canoni tradizionali, attraverso le discipline artistiche legate alla cultura Hip Hop.

Gaza is Alive a Sherwood Festival 2019

Lo scorso 3 Luglio, all’interno della splendida cornice dell’area Books and Media di Sherwood Festival, i collettivi di Gaza FREEstyle Festival e Gaza is Alive hanno messo a confronto le rispettive esperienze di lavoro all’interno della Striscia di Gaza, accomunate da un obiettivo: costruire dimensioni di resilienza per i giovani gazawi.

È stato un momento di confronto estremamente interessante, in cui si è posto l’accento su una narrazione di “lotta” lontana dal solito repertorio che tende a far emergere solo gli aspetti legati alla sofferenza ed alla disperazione.

Se è vero, infatti, che la condizione socio-politica nella Striscia di Gaza è facilmente definibile come il massimo esempio attuale di violazione di ogni diritto umano, è altresì vero che all’interno di tale fazzoletto di terra donne, uomini e bambini desiderano ancora sentirsi “persone”: con sogni, speranze, passioni. Vivere una vita libera e possibilmente più semplice: è questo ciò a cui la popolazione di Gaza anela. Ecco perché sarebbe riduttivo interpretare la vita di ogni individuo come se fosse dominata soltanto dalla lotta per la liberazione dall’occupazione, poiché significherebbe semplificare delle esistenze che cercano di vivere una Vita degna di questo nome.

Lo sanno bene le ragazze ed i ragazzi di Gaza Freestyle Festival, i quali hanno messo in piedi una serie di progetti in cui hanno costruito, insieme ai giovani locali, uno skatepark, andando così a circoscrivere un luogo di divertimento e spensieratezza entro cui sentirsi, anche se per pochi istanti, veramente liberi. Ma il loro lavoro non finisce qui; sono stati infatti capaci di organizzare il primo Festival musicale e di cultura “street” a Gaza dall’inizio dell’assedio, in cui ad essere protagonisti sono stati proprio i ragazzi palestinesi.

Senso di appartenenza e passione: sono questi gli elementi vincenti dei due progetti. Così come sintetizzato bene da Milo, dare l’opportunità a quest* giovani di coltivare una disciplina li ha messi in sintonia con tutta la comunità mondiale dello skate. È utile ribadire che oltre all’ «essere palestinese”, quest* ragazz* hanno sperimentato un nuovo senso di appartenenza, che travalica gli stretti confini della loro terra e abbraccia gruppi e realtà di respiro internazionale».

Anche il progetto Gaza is Alive coglie l’importanza dell’arte come strumento di resilienza sociale, protezione, liberazione. Lo fa proponendo una metodologia d’intervento differente in cui musica e intervento psicosociale rappresentano i due pilastri portanti. Alla luce di ciò, l’Hip Hop, movimento culturale globale che nasce dalle macerie, grazie alle sue discipline (writing, breakdance, MC’ing, turntablism, beatbox) sarà declinato in chiave terapeutica e psico-sociale. Infatti, il principale obiettivo del progetto Gaza is Alive è quello di affrontare il trauma di guerra dei bambini, i quali saranno coinvolti in un ciclo di laboratori coordinati da un team cooperante di esperti che comprende artisti e psicologi palestinesi ed internazionali. Tale progetto si articolerà su due fasi: il primo intervento avrà una durata di due settimane, a cui seguirà una seconda fase della durata di almeno tre mesi. In questa seconda fase, psicologi e artisti locali porteranno avanti il progetto attraverso le metodologie acquisite durante la missione. Insieme ai bambini, dunque, destinatari del progetto saranno i professionisti palestinesi, a cui si dedicheranno diversi momenti di formazione e condivisone.

Concludendo, possiamo affermare che il dialogo tra questi due gruppi non ha di certo dissimulato gli aspetti tragici della situazione palestinese. Piuttosto, si è preferito porre l’attenzione su cosa si può ancora fare, in modo realistico e concreto, evitando vani eroismi. Oltre la sofferenza, oltre la tragedia, c’è un popolo che vuole restare in piedi, ballando!

If I can’t dance it’s not my Revolution!

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