Domenica a piedi

8 / 6 / 2013

Domenica a Piedi
Ovvero, Perché questa sinistra è destinata a perdere sempre.

Faccio una premessa chiarificatrice: non ho la patente. Non me l’hanno tolta o cose del genere, semplicemente non ho mai sentito il desiderio di prenderla. In famiglia abbiamo un’auto che guida mia moglie, ma la utilizziamo solo per i viaggi fuori città o per fare la spesa al supermercato due volte al mese. Non ho quindi alcuna simpatia per il traffico e tantomeno quelli che non fanno un metro senza l’auto o parcheggiano in doppia fila.

Detto questo penso che le domeniche a piedi che sono state indette dal Comune di Milano, domeniche durante le quali il traffico privato è vietato dalle 10 alle 18, siano un mix di arroganza e idiozia. Cerco di spiegare perché.

  1. 1) Le domeniche a piedi vengono istituite, da dichiarazioni di vari assessori e associazioni, come una forma di “educazione all’uso alternativo della città”. Per far capire che andare a piedi è bello eccetera. Dichiaro la mia ostilità per le istituzioni che vogliano educarmi, insegnarmi alcunché o spiegarmi come stare al mondo. Da adulti, educarsi e imparare deve essere volontà del singolo, non un’imposizione calata dall’alto. Dal comune mi aspetto che gestisca la città, non che mi rieduchi.

  2. 2) La retorica della “città a misura di bambino” che ho sentito strombazzare a proposito di queste giornate, solo perché ci sono due clown in piazza che strozzano i palloncini e Palazzo Marino è chiamato Palazzo bambino, mi fa venire la pellegra. Ai bambini serve non respirare le polveri sottili durante i giorni feriali. Servono asili e scuole che non siano dei pollai. Servono dei genitori che possano passare del tempo con loro. Servono assistenti sociali per i casi di disagio. La città sarà a misura di bambino, anche per un giorno, quando verranno istituiti dei pullman che prendano i bambini rom e li scarichino nei prati delle villazze del centro, a giocare con quelli che hanno il pannolino firmato.

  3. 3) La retorica della “città diversa che puoi vedere andando a piedi e non in auto” mi fa orrore. Ma cazzo, lo sapete che c’è gente che abita in zone schifose e lavora in zone schifose? Cosa fanno il lunedì dopo secondo voi? Passeggiano allegramente in Corso Vittorio Emanuele o sono di nuovo in fila in auto per andare a morire di lavoro da qualche parte?

  4. 4) La domenica a piedi è fatta per quelli che a piedi possono raggiungere destinazioni piacevoli come i bar del centro o i parchi. Se abiti in periferia, e magari vuoi portare i tuoi figli al Duomo, ti tocca prendere dei mezzi pubblici che arrivano quando arrivano e stressarti. Che lo stress sia uguale per tutti, per gli sfigati sottoproletari che abitano a Rozzano come per le ricche nobildonne di via della Spiga.

  5. 5) Qualcuno di voi ha genitori anziani? Avete provato a farli salire su un tram? Sempre che ci sia un tram? Le domeniche a piedi come fate per portarli in giro se non potete permettervi un taxi? Li fate passeggiare nel quartiere, anche se abitate accanto alla tangenziale?

L’ultima domenica a piedi coincideva anche con la festa della Mamma, tanto per dire. Quante mamme hanno ricevuto la telefonata “verrei a trovarti ma non posso usare l’auto e stai troppo lontano?”. Molte, fidatevi.

  1. 6) Le domeniche a piedi costano. Costano perché bisogna pagare gli straordinari ai vigili, perché i mezzi pubblici hanno biglietti speciali eccetera. In sostanza i soldi delle tasse dei residenti vengono utilizzati per un’iniziativa che non porta reali benefici. Non diminuisce lo smog dei giorni feriali e nemmeno il traffico. Se quei soldi, pochi e sudatissimi, fossero stati utilizzati per tracciare anche un metro di pista ciclabile in più, sicuramente avrebbero portato a benefici duraturi. Volete che la gente vada di più con i mezzi pubblici o in bicicletta? Fornite più mezzi pubblici o biciclette.

Insomma. Avete capito il senso della cosa. Questa, secondo me, è la classica iniziativa fatta e pensata da chi è nato e cresciuto o vive nella cerchia dei Navigli, e che pensa che lì finisca il mondo. Gli stessi che alle elezioni provinciali hanno scelto come candidato qualcuno conosciuto giusto a un metro dal loro salotto, il signor Ambrosoli, che infatti è stato sonoramente battuto da Maroni.

Oppure, e questo è peggio, dalle associazioni che confondono forma e sostanza, dai benintenzionati che sono davvero convinti che se obblighi qualcuno ad andare a piedi ogni tanto questo capisce di colpo la bellezza dello scatto fisso e dei sandali infradito. Da quelli che pensano che suonare il bongo ti apre la mente, che ascoltare gli Inti Illimani ti faccia capire il dramma dell’America Latina. Da quelli che, in sostanza, perdono sempre. E fanno perdere anche quelli come me, maledizione.