In libreria "Servi", il volume di Marco Rovelli sul lavoro nero. L'autore sarà alla Casa Cantoniera autogestita di Parma il 26 gennaio 2010

Come sono utili le braccia invisibili del clandestino

Recensione di Luca Borgarelli pubblicata sulla rivista "Dormire Fuori"

15 / 12 / 2009

Non più il solo lavoro, ma la vita stessa è oggi descrivibile con l'aggettivo “precaria”; nel caso di chi è, o è diventato, irregolare, clandestino, questa condizione più o meno variabile diventa un dato di fatto, un punto fermo.

“Vite affidate al caso” le chiama Marco Rovelli nel suo ultimo libro “Servi – il paese sommerso dei clandestini al lavoro” (ed. Feltrinelli), indagine sul lavoro nero in Italia. Risalendo  la penisola dal sud al nord cambia la geografia e cambiano i cantieri, dall'agricoltura all'edilizia, ma il denominatore comune rimane il medesimo: lavoro nero, clandestino, che significa sfruttamento e violenza, ghetti e centri di detenzione, caporali, criminalità organizzata. Nelle storie narrate ritroviamo vite che sembrano di altri tempi “forme di sfruttamento ottocentesche” le descrive Rovelli, “...non sopravvivenza di un'era antica, ma modernissimo prodotto della nuova economia globale”, dove i clandestini sono “...frutti maturi del capitalismo globalizzato.”.

E' questo uno dei punti della questione che emerge con forza, la collocazione di tutte queste persone che si raccontano più o meno consapevolmente all'interno dell'economia legale, non  impegnate in traffici illegali, bensì parte indispensabile dell'economia italiana “pulita”,  dei prodotti ortofrutticolidi di origine certificata e dei cantieri delle riqualificazioni urbane.

Lavoratori invisibili in un periodo di crisi economica senza precedenti recenti; una forma di lavoro, quella in nero, che sembra risentirne meno, perché proprio chi non ha alcuna tutela, alcun diritto, possiede il profilo giusto per un  mercato in cui, se ti va bene prendi 25€ per 12 ore di lavoro, se ti va male, e se pretendi i tuoi soldi, allora sono minacce, sgomberi, botte, può capitarti anche una pallottola. Perché la malavita organizzata, le mafie di questo paese, sono una rete che necessita di clandestini, e questo lo sanno bene  le istituzioni, che, in un intreccio di denaro e razzismo,  rendono possibile per retoriche di sicurezza,  legge, militarizzazione del territorio e dei conflitti sociali, quello che sembra essere un girone infernale. Come racconta Nicola Angrisano di Insu^Tv riguardo lo sgombero di un migliaio di migranti marocchini a San Nicola Varco (Salerno) avvenuto l'11 novembre : “il ghetto di San Nicola Varco è una straordinaria fotografia dell'ingiustizia: di fronte al ghetto si estendono infatti a perdita d’occhio i campi e le serre delle multinazionali dell’agroalimentare che questa manodopera sfruttano a piene mani.” ("Storia minima dello sgombero di San Nicola Varco: un'operazione feroce tra razzismo e denaro", su www.globalproject.info)

Queste storie, questi fatti, e tutti i dati,  sovvertono la retorica sull’immigrazione irregolare in base alla quale l’equivalenza straniero-clandestino-delinquente è centrale e ormai divenuta senso comune. Lo stigma di una clandestinità senza via d'uscita e i passaggi, dallo sradicamento allo spaesamento, dal lavoro nero al centro di detenzione, e di nuovo al lavoro nero, sono la storia quotidiana di cittadini privi di diritti e divenuti criminali con l'entrata in vigore del pacchetto sicurezza. Così come ci racconta, sempre Rovelli, in questa storia di una donna: “La incontro in un bar, come già due anni fa, lei al parco non va, perché ha paura. Un punto di ritrovo delle badanti, a Parma, è il parco Ducale. Mariana ha paura perché è clandestina doppia. Di quelli che sono stati beccati e chiusi in un Cpt. Lei venne presa per caso nella notte di S. Lorenzo, che per giunta era il suo compleanno, e portata nel Cpt di Bologna. Ammanettata, legata, stesa per terra, umiliata. Ma poi l'umiliazione vera è arrivata dopo, perché quando esci dal Cpt (e lei riuscì a non essere rimpatriata) è come se avessi un marchio indelebile. Un clandestino semplice, infatti, può sempre sperare in una regolarizzazione a venire (...). Ma questa speranza a un clandestino doppio è vietata. Non ci potrà essere regolarizzazione, per te.”

Regolarizzazione appunto, che vuol dire dignità, diritti. Urlata, rivendicata,  strappata, in azioni di denuncia e manifestazioni, che da nord a sud riempiono le strade, picchettano i cantieri, da Reggio Emilia con l' Associazione Città migrante agli africani di Castelvolturno  con un orizzonte comune per una vita libera.

Questo ci insegnano questi nuovi cittadini, capaci di ribellarsi all'omertà che soffoca questo paese, capaci di articolare rivendicazioni che parlano per tutti.

Marco Rovelli sarà presente a Parma per la presentazione del suo libro

Martedì 26 gennaio 2010

Casa Cantoniera Autogestita

Via Mantova 24, Parma

Rivista "Dormire Fuori", numero di dicembre 2009

Locandina per la presentazione di "Servi" di Marco Rovelli in Casa Cantoniera