Combattere la discriminazione attraverso l’ Arte, la Partecipazione e la Resistenza.

La Tunisia post-rivoluzionaria si (ri)crea attraverso esempi di inclusione sociale. Incontro con Rim Hamrouni

6 / 2 / 2014

Esiste un posto, nel cuore di Tunisi, a qualche passo dalla Medina, dove il razzismo è bandito.

Questo posto è  El Hamra,  la prima sala cinematografica di Tunisi, ora teatro e luogo d’aggregazione per i giovani e per la società civile in generale.

 Si trova a metà di  via al Jazira, nascosto dalle colorate bancarelle che affollano la strada e al suo ingresso si trova un motto dipinto a grandi lettere: “Crèer, c’est résister. Résister, c’est créer.”

El Hamra è stato sede delle poche organizzazioni autorizzate durante Ben Ali, quali ad esempio l’Associazione tunisina delle donne democratiche e la Lega dei diritti dell’uomo, e oggi ospita, oltre alle diverse compagnie teatrali, attivisti ed esponenti della società civile.

È in questo rifugio per le menti libere che incontro l’attrice e attivista Rim Hamrouni.

Attrice e attivista. Due anime della sua identità che Rim non può scindere ma che anzi trasforma in uno strumento di partecipazione sociale, portando la creatività nella politica  e la politica sul palco del teatro.

Per Rim far vivere il teatro, entrare ed assistere allo spettacolo è già un atto di resistenza. L’arma dell’ attore è la sua arte ed è attraverso questa che arriva direttamente alla coscienza delle persone: ecco la lotta, ecco la libertà.

Il problema del razzismo, sostiene, è culturale, non sociale. La società tunisina, come la sua legge, non è razzista è la mancanza di una cultura della tolleranza e dell’ accoglienza che rende gli uomini razzisti. È per questo, incalza, che durante quel grande esperimento di partecipazione collettiva spontanea (la rivoluzione) è stata la fraternità e lo spirito di unione  ha portare alla caduta del regime.

Durante quelle settimane nessuno parlava di differenze, di confini; tutti, bianchi e neri, donne e uomini, musulmani e non,  condividevano il grande progetto di riappropriazione dello spazio pubblico, dello spazio condiviso. Erano gli abitanti, e non i cittadini (categoria soggetta all’ arbitrarietà di confini imposti),  a costituire comitati di quartiere, a costruire cultura,  a sperimentare la  partecipazione.

La Tunisia non ha bisogno di razzismo e di smembramento identitario, la Tunisia ha bisogno di una nuova unità, che assicuri uguaglianza ed inclusione, perché la rivoluzione non è finita; la disuguaglianza ,la disoccupazione e la povertà sono ancora problemi da risolvere. Insieme.

(dalla delegazione di Ya Basta Perugia in Tunisia)