Storie di bimbi rom cacciati dal campo di Centocelle a Roma

Anche Valentin aspetta Babbo Natale

Per natale ci vuole un racconto di natale. E visto che il natale è una fiaba per bambini, ci vuole una storia che parla dei piccoli della città.

24 / 12 / 2009

E’ l’ultimo giorno di scuola prima delle feste, Roma è avvolta da un gelo da neve e nelle classi gli alunni stanno finendo i “lavoretti” da portare a casa. C’è una certa eccitazione nell’aria, è normale: è imminente l’arrivo di Babbo Natale dalla Lapponia. Nella quarta D di una scuola elementare del Casilino, Nicoleta, rom rumena, si alza in piedi e dice: “Maestra, maestra, da noi è arrivato ieri, eravamo tutti intorno al fuoco quando si è sentito un campanellino ed è apparso dal buio a portarci i regali, proprio quelli che avevamo chiesto”. Tutti l’ascoltano con gli occhi sgranati. E lei riprende felice: “Si, si, gli siamo saltati addosso quando è arrivato e…”. Nicoleta è una delle bimbe rom buttate in mezzo alla strada da Alemanno l’11 novembre scorso. Scacciata dal campo nomadi di via di Centocelle con l’esercito e le ruspe. Vagò 36 ore nel quartiere prima di essere ospitata dentro l’occupazione di Metropolix in via Prenestina. Da quel giorno è passato poco più di un mese, e lei quasi non ricorda più di quello che le è accaduto. Così sono i bambini. E adesso sta bene. Al Metropolix ha trovato gente buona, ospitale, non come il sindaco, gente di tutti i paesi del mondo che le hanno dato un bel posto dove stare. Ora addirittura ha una casetta in muratura dentro il capannone. Non ci penserebbe più a quei giorni di violenza, a quella sorta di rastrellamento che sconvolse la sua vita e toccò nel vivo della propria umanità tutta la comunità degli adulti che le erano intorno. Ma c’è un posto vuoto dall’altra parte della classe. Una sedia libera. E questo particolare attenua la sua felicità.

Lì sedeva Valentin, un suo amichetto che abitava nello stesso campo, e che ora non c’è in classe perché suo padre, dopo lo sgombero, prese un’altra direzione e accettò un posto offerto dal comune in via Salaria, vicino al raccordo anulare, molto lontano dalla scuola. Ma forse non si trovava bene lì, perché da un po’ è scomparso e non si sa più niente di lui. Anche il resto della classe guarda quella sedia vuota. Perché tutti ricordano Valentin. E ricordano quando telefonò alla maestra per dire che non sarebbe potuto venire a scuola. Era nel pieno dello sgombero e quasi si scusava del contrattempo. Il giorno dopo venne in classe e raccontò che, non visto, cercò di rientrare nella baracca poco prima che la distruggessero per prendere due palloni lasciati sotto il letto, uno con la firma di Totti e l’altro con quella di De Rossi. Ma senza riuscirci, perché la ruspa era già sopra il suo tetto e lui scappò dalla finestra appena in tempo.

Quando Nicoleta finisce il racconto della visita di Babbo Natale, la classe riprende a rifinire i “lavoretti”. Ma la mancanza di Valentin ora si fa sentire. Lui chissà se l’ha ricevuto il regalo. Allora i bimbi si raccolgono intorno alla maestra, perché hanno bisogno di un gesto. Vogliono mandare una lettera al loro amichetto, e gliela scrivono tutti insieme, come un augurio di natale, sperando che la legga:

“Caro Valentin, che fine hai fatto? Dove stai? Torni da noi?

Senza di te siamo soli. Ricordi quando sei arrivato in classe nostra?

Ti siamo saltati addosso per conoscerti, ci sei stato subito simpatico, anche se ti credevi di essere chissà chi. Ricordi quando è arrivata Bianca in classe nostra? Nemmeno le maestre ci capivano un acca di ciò che diceva, fortuna che c’eri tu, il nostro traduttore ufficiale. Crediamo che l’11 novembre tu non lo dimenticherai mai! Che dolore immaginarti mentre eri costretto a lasciare la tua casetta, i tuoi giocattoli, i palloni per i quali hai rischiato la vita. Ma non potevano darti un po’ più di tempo per recuperare la tua roba?

Per un po’ di giorni sei venuto a scuola pur abitando molto lontano, ti svegliavi alle 5 di mattina. Dal primo dicembre sei scomparso. La maestra ha cercato di telefonarti ma non ti ha trovato. Vorremmo chiedere alle persone che hanno fatto lo sgombero se hanno mai provato a mettersi nei tuoi panni, nei panni di un bambino che improvvisamente si è trovato senza casa. Ti abbracciamo forte, nella speranza di rivederti presto. Sarai sempre nei nostri cuori”.