Da Lavoro Culturale

Al Bando le Istituzioni!

di Alberto Cossu

10 / 3 / 2014

Continuando a comporre una cartografia della produzione culturale dal basso che si sta realizzando in Italia a partire dall’esperienza dei luoghi della cultura liberata, avviata attraverso il progetto di ricerca itinerante #imprudenze2013,  pubblichiamo un contributo di presentazione del progetto Apparecchioperapriredaldisotto presentato al bando chefare2 dall’Ex Asilo Filangieri di Napoli, Macao di Milano e S.a.L.e. Docks di Venezia.

L’articolo che segue costituisce una introduzione minima a quella che sembra configurarsi come una fase in cui le conoscenze e le pratiche di produzione consolidate negli spazi, assumono forme inedite e si traducono in nuove istituzioni.

In questi ultimi tre anni di intensa mobilitazione l’imprudenza si è fatta pratica diffusa, condivisa, relazionale: un’alleanza radicale di migliaia di corpi, di intelligenze e di desideri. La mobilitazione ha significato in primo luogo una serie di rifiuti: rifiuto delle relazioni esistenti, delle logiche dell’industria culturale, della privatizzazione (o dell’abbandono) degli spazi pubblici (e privati), della mortifera e avvilente narrazione del precariato, della speculazione edilizia che divora le città. Ma ha significato soprattutto una spinta esplosiva, costituente più che destituente, animata dalla volontà di ricreare con le proprie mani, letteralmente prima ancora che metaforicamente, un nuovo presente. I teatri chiusi, le palazzine abbandonate, gli edifici dismessi sono diventati i laboratori in cui è stato possibile tradurre il piano del conflitto e dell’immaginario in nuove forme di produzione culturale e, talvolta, di nuove istituzioni.

Ne costituisce un esempio il progetto di #Apparecchioper, presentato da Ex Asilo, Macao e Sale Docks all’interno del bando CheFare2 (promosso dall’associazione culturale doppiozero) che assegna un premio di 100.000 euro a progetti ad alto contenuto di innovazione culturale. Il progetto permette di leggere tre dimensioni che hanno caratterizzato questa fase dell’imprudenza: innovazione, messa in relazione e istituzionalizzazione. Ma prima di tutto, cos’è l’#apparecchioper?

“L’#Apparecchioper rappresenta il potenziamento delle pratiche di produzione culturale che in questi anni si sono attivate negli spazi autocostruiti del Sale, dell’Asilo e di Macao: una produzione fondata sul continuo intreccio di relazioni e di scambi di competenze. In particolare, il progetto prevede la messa a disposizione gratuita delle risorse dei tre soggetti proponenti (spazi, attrezzature, supporti tecnologici, competenze) al fine di permettere una maggiore accessibilità dei mezzi di produzione in ambito culturale. La relazione tra persone e spazi di produzione è agevolata dalla costruzione di una piattaforma online. Questa conterrà alcuni dei dispositivi fondamentali per concretare il progetto: una mappatura dei mezzi di produzione messi a disposizione dalla rete aderente, gli strumenti per renderli accessibili (calendari, mappe,…), l’area per la banca del tempo, uno spazio per il crowdfunding, la creazione di una moneta digitale comune, ambienti social di relazione, un’area per l’archivio digitale delle opere, liberamente scaricabili, con la possibilità di fare donazioni per sostenere l’autore permettendogli di proseguire il suo lavoro” (Estratti dal progetto).

La piattaforma rappresenta dunque lo strumento attraverso cui avviare, progettare e costruire una nuova produzione culturale. Il legame tra piattaforme digitali e innovazione culturale rappresenta anche il fulcro di un altro importante progetto all’interno di questo panorama: il progetto europeo Inherit, di cui Panspeech rappresenta la “piattaforma per la creazione distribuita e la condivisione di contenuti, fondata sui principi del crowdsourcing”. Inoltre, sono le pratiche accolte all’interno delle piattaforme digitali ad avere un carattere innovativo e trasformativo di per sé: basti pensare alla condivisione gratuita dei mezzi di produzione, o alla creazione di contenuti in modo condiviso basata su relazioni non gerarchiche e su monete alternative. Infine, a livello più eminentemente politico la forza trasformativa che questo tipo di sinergie offre è quello di radicare la nuova produzione culturale e materiale all’interno delle lotte sociali, sottraendosi sia alla retorica dell’impresa sociale che allo statalismo nostalgico.

La messa in relazione rappresenta un presupposto e un risultato delle azioni previste dal progetto. Nuove relazioni potranno essere costruite all’interno delle piattaforme digitali, ma quello che questo progetto segnala è anche una preliminare, e fondamentale, relazione tra gli spazi promotori. In questo senso, la rete dei teatri e degli spazi occupati è essa stessa prova di questa trasformazione nella misura in cui ha iniziato a fare un discorso condiviso sulle forme di produzione culturale. A fianco alla grande ricchezza di forme che i vari spazi stanno sperimentando all’interno dei loro territori si apre quindi una fase in cui mettere in comune, dapprima tra gli spazi stessi e poi aldilà di essi, le risorse di cui dispongono nel tentativo di dare corpo a una produzione culturale dal basso radicalmente condivisa.

Infine, una chiosa sull’istituzionalizzazione. Con questo termine non credo si debba necessariamente alludere ad una sussunzione nel regno del già detto, già fatto e della coazione a ripetere. Il “regolamento condiviso di uso civico” dall’Ex-Asilo Filangieri di Napoli, l’associazione culturale del S.a.L.e. Docks di Venezia, la Fondazione Teatro Valle Bene Comune e, ora, il comitato di scopo che Macao, Sale e Asilo hanno costituito per partecipare al bando CheFare2, rappresentano a vario titolo istituzioni che servono a garantire, tutelare e a proiettare queste esperienze all’interno di un orizzonte più vasto. Tuttavia, il campo su cui insiste questa evoluzione è innervato di tensioni politiche che muovono in direzioni diverse e, in quanto tale, estremamente scivoloso. Si procede per tentativi ed errori, in un costante avanzamento che è oggetto sia di sperimentazione pratica (ne è un esempio la Fondazione Teatro Valle Bene Comune che, pur avendo negli ultimi giorni subito una momentanea battuta d’arresto, ha tentato di scardinare dall’interno l’istituto giuridico della fondazione) che di riflessione condivisa a livello europeo (ne è un esempio il seminario che si terrà al Museo Reina Sofia di Madrid alla fine del mese in cui si discuterà della formazione di nuovi attori politici e culturali in risposta all’insufficienza della struttura istituzionale attuale).

Si tratta insomma di procedere all’identificazione – tramite prassi e teoria, tra diritto e conflitto – delle istituzioni e dei modelli economici atti a sostenere e tutelare i beni comuni. Anche su questi temi, che riteniamo più che mai urgenti all’interno del dibattito attuale, sollecitiamo gli spazi ad intervenire sulle nostre pagine.

Tratto da Lavoro Culturale