Addormentarsi senza un tetto

Stazione Termini, oggi: le notti di coloro che non hanno una fissa dimora e si ritrovano a vivere per strada.

25 / 11 / 2021

Stazione Termini, oggi: le notti di coloro che non hanno una fissa dimora e si ritrovano a vivere per strada. La trentesima puntata della rubrica "Suture”, a cura di Valeria Andreolli.

Il cemento è freddo sotto il tuo corpo. Lo senti attraverso i due strati di cartone e il piumino del sacco a pelo in cui sei accoccolato. Lo senti attraverso la stoffa sporca e logora dei jeans che porti addosso. Apri un occhio perché con questo freddo non riesci a prender sonno. La strada è deserta. Dev’essere tardi. Nelle vetrine sull’altro lato del viale luci gialle illuminano manichini dalle pose innaturali. A una ventina di metri da te scorgi una sagoma inerte in un involucro blu. Pensi che potrebbe essere Toni, ma non ne sei sicuro. Non l’hai sentito arrivare. Un po’ ti dispiace che qualcun altro abbia scovato questo posto strategico che hai occupato da un paio di settimane. Riparato sotto un basso porticato, offre due principali vantaggi: è vicino alle grate di un supermercato da cui filtrano soffi di aria calda e il lampione che dovrebbe illuminarlo si è fulminato e nessuno si è ancora preso la briga di sistemarlo. Essere seminascosto nell’oscurità ti consente di essere una preda meno visibile ai ladri che approfittano della notte per rubarti lo zaino con i pochi averi che possiedi o le scarpe, quando hai bevuto troppo vino e ti dimentichi di riporle assieme a te dentro al sacco a pelo. Non ti nasconde però dai carabinieri che alle sei e mezza passano a controllare che non ci siano cadaveri da spostare che intralciano le entrate dei negozi del corso. Come l’uomo sui sessant’anni con la barba scura e la fronte corrugata con cui qualche tempo fa avevi riempito la mezz’ora di attesa per un piatto di mezze penne scotte pittate con rade macchie di sugo al pomodoro alla mensa di via Marsala. Due giorni dopo ti avevano detto che era stato trovato vicino all’entrata della stazione con la pelle bianca come la neve e il cuore che non batteva più.

In strada non si sta bene mai. Né nel gelo polare delle serate d’inverno, né nell’afa torrida dei pomeriggi estivi, quando il caldo ti toglie il fiato e la forza per fare qualsiasi cosa. L’ultima estate l’avevi passata sotto un cavalcavia nel bel mezzo di un groviglio di strade in cui ad ogni ora migliaia di automobili ti sfrecciavano accanto da tutti i lati scaricandoti addosso i loro respiri mortiferi e lanciandoti sguardi curiosi e sprezzanti dai finestrini. Ti eri costruito un bel nido là sotto. Avevi addirittura un materasso. Lo avevi adocchiato vicino a dei cassonetti, l’avevi sorvegliato tutto il giorno e quando era scesa la notte te lo eri caricato sulle spalle e lo avevi scarrozzato attraverso una gran quantità di vie e viali semideserti, fino ad arrivare al tuo covo. Si trovano un sacco di cose per le strade di una città quando si passano le giornate a pattugliarle in lungo e in largo e si aguzza l’ingegno. Nell’epoca in cui avevi una casa e un lavoro non avresti mai saputo vedere tutte le ricchezze che si nascondono sotto il velo di compostezza della metropoli. Vivere in strada ha ridisegnato nella tua testa tutta una nuova geografia della città: ora ne conosci gli anfratti più appartati, i pavimenti più freddi, i supermercati più generosi, i portoni delle case che offrono maggior riparo dalla pioggia, le mense in cui ti fanno domande e quelle in cui non te ne fanno, i parchi più ombreggiati e quelli con le panchine più lunghe.

Vedi comparire nella visuale che il tuo occhio aperto ti concede un netturbino che spazza via i resti di una giornata di passaggi concitati e soste distratte. Il rumore delle spazzole del camioncino che lo segue ti disturba, tenendoti ipnotizzato sul loro movimento circolare e monotono che divora qualsiasi cosa si trovi sotto tiro. Pensi che l’indomani mattina ti piazzerai davanti al cancello del dormitorio a sondare la possibilità di un posto libero per la notte. Dovrai andarci non appena ti svegli perché i letti vanno a ruba e se ti distrai solo qualche ora rischi di dover ascoltare la voce calda e bassa della signorina con le unghie blu seduta dietro al tavolo dell’accettazione che con sguardo triste ti dice che la struttura è al completo e che le dispiace. Pensi anche che domani farai colazione al bar. Cappuccino e cornetto, come una volta, perché oggi pomeriggio, mentre sonnecchiavi a fianco ad un chiosco di giornali con le ginocchia tra le braccia per farti un po’ di calore, una signora con un giaccone di feltro rosso ti ha fatto scivolare accanto una banconota da cinque euro. Chiedere l’elemosina è qualcosa di cui ti vergogni tantissimo, ma quando piove inaspettatamente qualche aiuto lo accetti con piacere. Solo nei momenti di estremo bisogno, quando la fame è micidiale e le forze del tutto assenti, raccatti da qualche angolo una ciotola di plastica o di alluminio e la piazzi davanti alla tua postazione della giornata. Hai sempre il timore che proprio allora possa passare qualcuno che ti riconosca, qualche fantasma della tua vita precedente. Ma non succede quasi mai. Spesso, anzi, hai il dubbio di essere tu il fantasma, di essere diventato un’ombra che si muove incessantemente nell’ambiente urbano senza che nessuno se ne accorga, di aver attecchito alle strade tanto da essere diventato parte dell’arredamento della città. Perché hai la sensazione che gli sguardi di coloro che ti passano a fianco mentre tornano a rifugiarsi nel tepore e nella pace delle loro case ti scivolino addosso e ti passino attraverso, senza vederti.

Ci sono giornate in cui ti svegli energico e motivato, e allora ti avventuri in quartieri sconosciuti a bussare alle porte di ristoranti e cantieri. Dici che sai fare un po’ di tutto e che hai un gran bisogno di lavorare, ma i vari capi, sottocapi e segretari guardano i tuoi vestiti spiegazzati, ti annusano, scrutano i tuoi occhi stanchi e poi ti dicono che non han bisogno di te. E tu ti volti e te ne vai, triste e arrabbiato, perché un lavoro se non hai una casa non te lo dà nessuno e una casa se non hai un lavoro non te la puoi permettere. Un cane che si morde la coda.

Ti sforzi di non sentire il freddo e la fame che comincia a farsi strada nel tuo stomaco che questa sera hai riempito soltanto con un misero pacchetto di crackers. Ti senti molto stanco. Forse stai per addormentarti.

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** Pic credit: Michele Cirillo