Vincenzo Vecchi è libero!

La giustizia francese ha respinto le due domande di estradizione formulate dallo Stato italiano.

18 / 11 / 2019

Torna a casa nel suo villaggio bretone Vincenzo, circondato dalla grande solidarietà dimostrata dagli amici e dai compagni di vita e di lotta.

Le menzogne che hanno farcito i due mandati d'arresto europei emessi nel 2016 dai magistrati italiani, riattivando due affaires con una procedura giuridica perlomeno sconcertante, non hanno retto. La Corte d'appello di Rennes ha constatato la somma di irregolarità e il 15 novembre ha finalmente liberato Vincenzo, militante condannato a 12 anni e mezzo di prigione per aver partecipato alle manifestazioni durante il G8 di Genova nel 2001 e ad una manifestazione antifascista a Milano nel 2006 (vietata mentre quella fascista era stata autorizzata).

Vincenzo è stato condannato nel 2008 a 4 anni per aver manifestato a Milano, nel 2012 è uno dei dieci condannati che hanno totalizzato oltre un secolo di incarcerazione per i fatti di Genova. Decide allora di andarsene dall'Italia e si installa nel Morbihan.

Gli avvocati della difesa hanno messo in causa la molteplicità di falle giuridiche che caratterizza il mandato d'arresto europeo rispetto ai princìpi fondamentali del diritto: la cooperazione giudiziaria  Francia-Italia legittimerebbe delle incriminazioni formulate durante l'epoca fascista, reati che hanno permesso di condannare Vincenzo ed altri militanti. Nello specifico, di  metterlo in carcere l' 8 agosto in un centro di detenzione in Ille-et-Vilaine.

Dal 2015 i mandati d'arresto europei permettono di perseguire all'estero chi ha condanne pesanti in Italia. Le condanne per fatti minori, scontri con la polizia provati in modo molto approssimativo, come il porto d'armi (processo di Genova) poi abbandonato in Cassazione, sono deliranti, ma soprattutto lo è il fatto di ripescarle quasi vent'anni dopo.

Mai sazia, la giustizia italiana come il mondo politico non vedono altra prospettiva che il regolamento di conti, una caratteristica fascista che resta attuale. Una peculiarità del codice penale italiano che andrebbe non solo legittimamente contestato ma abolito, riguarda l'articolo 419, introdotto tra molti altri nel 1930 dal governo di Mussolini: "devastazione e saccheggio" punito da otto a quindici anni di prigione.

Come accade oggi con il "concorso morale" agli eventi, questo articolo permette di sanzionare pesantemente, senza dover dimostrare la responsabilità individuale o la prova di un reato avvenuto, la semplice presenza o la partecipazione a manifestazioni o proteste in qualsiasi luogo, autorizzate o meno.

Sappiamo che questi reati servono a reprimere i manifestanti e i movimenti. Queste "eccezioni" ereditate dall'Italia fascista se hanno prodotto una serie di accesi dibattiti  non hanno mai subito una revisione giuridica, il che ha permesso all'arco politico trasversale e ai fascisti di ogni colore di coglierne l'utilità politica nel contrastare e reprimere le lotte sociali. Per questo motivo è importante che la corte d'appello di Rennes abbiano rifiutato di riconoscere reati senza uno straccio di prove giuridicamente accettabili che hanno portato a condanne definite "stravaganti". 

Infatti la Carta europea dei diritti fondamentali enuncia due criteri: quello della responsabilità individuale e quello della proporzione della pena. La Corte europea dei diritti umani ha peraltro condannato l'Italia tre volte successivamente per non aver perseguito gli autori della violenta repressione durante il G8 di Genova con un morto e seicento arresti, torture e trattamenti inumani e degradanti per decine di persone, moltissimi feriti gravi.

Il mandato di arresto europeo, adottato dal Consiglio europeo nel 2002, entrato in vigore nel 2004, è una "procedura semplificata" di cooperazione tra Stati, accelera i tempi ma  non è una procedura di estradizione, i giudici non possono dare un giudizio o rivalutare il percorso processuale oppure pronunciarsi sul fondo del procedimento penale. Il mandato d'arresto europeo permette la  rapida consegna di una persona inseguita dalla giustizia di un paese membro, o con lo scopo di far eseguire la pena.

Ora, il mandato contro Vincenzo Vecchi per aver partecipato alla manifestazione antifascista di Milano nel 2006 riguarda una condanna che non esiste più, decisione del Tribunale di Milano in cui si attesta nel 2010 che la pena è stata integralmente scontata.  Perché la giustizia italiana ha presentato un mandato senza oggetto, falsificando i fatti? Per rendere più solida l'altra condanna, quella di Genova, ancora più fragile, al punto da portare al sua annullamento, secondo gli avvocati della difesa. Dall'Italia, è stato infatti trasmesso il giudizio in appello, non quello definitivo del 2012 in cassazione, più favorevole.

Durante l'udienza del 24 ottobre il pubblico ministero sosteneva che «non c'era motivo di rifiutare la consegna» di Vincenzo alla giustizia italiana, assicurando nel contempo che i dodici anni riguarderebbero un regime comune e non speciale (!). Questa posizione più che azzardata nonostante il fatto che i magistrati di Rennes avessero già segnalato delle "irregolarità" e chiesto informazioni supplementari riguardo al processo di Genova, ma ignari al tempo della sporca manipolazione della giustizia italiana con un mandato partito dal Tribunale di Milano.

In quell'occasione, Vincenzo ha denunciato "una politica della caccia e della vendetta": «sono stato condannato a dodici anni e mezzo di prigione per una manifestazione durante la quale ci sono state vetrine rotte e auto bruciate mentre la polizia non ha esitato a tirare colpi d'arma da fuoco», ha aggiunto