Vienna - Gas = co₂lonialism

Nella capitale austriaca, in occasione della conferenza europea del gas, ci sono state tre giornate di mobilitazioni e assemblee.

30 / 3 / 2023

Ieri si è conclusa a Vienna la “European Gas Conference” dove compagnie del gas, istituzioni finanziarie e politici si riuniscono per stabilire il futuro del nostro pianeta (e delle nostre bollette). Il tutto è avvenuto come sempre a porte chiuse, ma fuori dalle stanze del potere c’è stato chi ha manifestato per chiedere democrazia e giustizia climatica.

Infatti per giorni la città austriaca è stata attraversata da assemblee, blocchi e mobilitazioni che hanno visto coinvolta sia la cittadinanza che attivist3 da tutto il mondo.

La Conferenza europea del gas, ha portato a Vienna le principali aziende del settore energetico, le istituzioni finanziarie e il mondo politico per discutere del futuro delle bollette energetiche e dell'impatto sull'ambiente. Questa conferenza, organizzata dal "Consiglio del Gas", una rete di lobbisti e investitori globali, è giunta alla sedicesima edizione. I CEO di grandi aziende del petrolio come Shell, BP, Total e RWE hanno partecipato all'evento su invito di OMV, la seconda compagnia austriaca maggiormente inquinante per il clima. Inoltre sono presenti le principali compagnie europee del gas, Enagás, Fluxys e Snam. Sono presenti anche importanti investitori finanziari come BlackRock e politici europei di alto livello. Il sito web della conferenza dichiara con orgoglio che si sono tenuti oltre 100 incontri privati per i lobbisti.

Anche se non ci sono molti documenti pubblici disponibili sui risultati delle conferenze recenti, sappiamo che alla Conferenza europea del gas del 2022 si era discusso della possibile fine delle forniture di gas russo in Europa e dell'ascesa del GNL. Questo suggerisce che le aziende del gas, gli investitori e i politici stiano cercando di diversificare le fonti di gas invece di ridurle, aumentando il gas proveniente dal Sud globale e espandendo il GNL e l'idrogeno invece delle energie rinnovabili.

Una strategia che porta a una maggiore dipendenza dai combustibili fossili, minore capacità di gestire le bollette energetiche e un impatto più grave sulla crisi climatica. Inoltre, i grandi progetti infrastrutturali attualmente in discussione da parte delle compagnie del gas e degli investitori finanziari, che sono anche supportati dal "Piano UE Re:Power", aumenteranno la dipendenza dal gas e rallenteranno la transizione alle energie rinnovabili.

L'insicurezza politica attuale è stata sfruttata dalle industrie fossili per riportare in auge progetti che erano stati precedentemente tolti dal tavolo. Tra questi ci sono le espansioni del controverso gasdotto TAP o del gasdotto MidCat, i terminali GNL di Brunsbüttel e Wilhelmshaven e molti altri.

Per l'Europa, diventare indipendente dal gas russo significa sfruttare maggiormente le risorse del Sud globale, in particolare di parte dell’Asia e dell'Africa. Tuttavia, l'estrazione del gas e il suo trasporto attraverso i gasdotti causano ingiustizie sociali e ambientali, oltre ad accelerare gli impatti della crisi climatica nel Sud del mondo attraverso un aumento delle emissioni di CO2 nel Nord del mondo.

La conferenza europea sul gas ha anche una grande protagonista italiana: «Snam, la società di trasporto di gas partecipata dallo stato italiano, ha sponsorizzato la conferenza europea sul gas - ci racconta da Vienna Elena Gerebizza di ReCommon - un incontro di corporations, istituzioni finanziarie e governi che, a porte chiuse, stanno decidendo il futuro energetico dell'Europa. Snam in Italia e in Europa è da sempre protagonista di una fitta rete di scambi e lobbying con le istituzioni, trae vantaggio  dalla costruzione del fantomatico hub del gas italiano voluto dal governo Meloni.  Questa società sta proponendo nuove infrastrutture che ci condanneranno alla dipendenza dal gas fossile per anni oltre a legarci a governi autoritari come quelli di Algeria, Egitto, Israele, Qatar».

Come risposta e alternativa a questi incontri, una serie di organizzazioni si sono riunite nella "Power to the people conference", lanciata da System Change Not Climate Change, Attac Austria, Plattform Radikale Linke, Riseup4Rojava Wien insieme ad altre organizzazioni, tra cui Gastivists, ReCommon, Greenpeace, Friends of the Earth, Food Water Action, Aseed, Don’t Gas Africa,  Don’t Pay UK, Jineoloji-Kommitte, RazomWeStand, Urgewald, BankTrack, Fridays for Future e tante altre.

Mentre 300 tra lobbisti e funzionari istituzionali discutevano di nuove infrastrutture per il gas e l'idrogeno, centinaia di attivistə hanno animato 3 giorni di tavoli di discussione e workshop su militarizzazione e gas, agroecologia, estrattivismo coloniale, decrescita e la relazione intrinseca tra lotta climatica e lotta transfemminista e decoloniale.

In continuità con le discussioni della tre giorni, la coalizione Block gas ha fatto un appello internazionale per iniziative ed azioni che si sono svolte svolte da domenica fino a mercoledì.

Questa coalizione nasce dalla costruzione di legami tra attivistə dell'Austria, ma anche internazionali a partire da varie esperienze, come Fridays for Future, Extincion Rebellion , collettivi come System Change e altri collettivi climatici nati in Austria, Croazia, Germania e paesi del Sud del mondo come Sudafrica, Nigeria ed altri.

L’impostazione di questa coalizione mette in primo piano proprio il pensiero decoloniale, cercando di dare maggiore visibilità e voce proprio a quelle associazioni, collettivi e gruppi che, dai territori maggiormente sfruttati e colonizzati, portano avanti lotte sociali e climatiche di ampio respiro.

Arrivando a Vienna la settimana scorsa si poteva già respirare un sentimento di dissapore nei confronti di questa Conferenza. Sedendosi su una pensilina del bus si poteva vedere da un lato il Danubio dipinto di verde dall3 attivist3 di Xr Austria per simboleggiare la facciata green delle multinazionali del gas, e dall’altro lato le decine di affissioni di Subvertising che smascheravano con delle finte pubblicità alcune compagnie del gas austriache come ZUKUFTN.

La prima azione si è data domenica 26 marzo, quando più di 40 attivist3 hanno effettuato un blocco al terminal dei jet privati dell'aeroporto di Vienna per disturbare il comodo arrivo dei lobbisti a bordo dei loro leganti Jet. In un'ora, un jet privato emette circa 2 tonnellate di Co2, che corrispondono a quanto - per rispettare gli obiettivi della COP 21-26- un individuo dovrebbe emettere in un anno. I jet privati, oltre ad inquinare 10 volte tanto rispetto agli aerei di linea, sono anche il mezzo di trasporto civile che inquina di più tra tutti.

L’azione quindi, oltre al fastidio provocato, mette in luce una profonda contraddizione al principio di questo convegno: i partecipanti arrivano a Vienna emettendo in media tra le 2 e le 10 tonnellate di CO2, mentre le persone comuni non possono permettersi di riscaldare le proprie case.

Il giorno seguente, il 27 marzo, primo giorno della Conferenza, centinaia di attivist3 divis3 in due finger - il finger “purple” e quello “golden” - hanno cercato di raggiungere il Mariott Hotel, luogo della conferenza, per far sentire la loro voce. Il purple finger partito alle 8 di mattina da Karl Platz viene bloccato nella via del Mariott Hotel e successivamente viene transennato per lasciare libere le rotaie del tram: il finger fino alle 12 è rimasto all’interno dell’area transennata e poi ha deciso di lasciare il luogo in corteo.

Alle 11:30 circa fa irruzione nella stessa via il golden finger composto da 150 attivist3.

Lo scenario però qui è diverso. il finger è determinato a raggiungere la conferenza, dove tra uno “champagne break” e l’altro il meeting stava proseguendo. La polizia austriaca mette in moto una risposta simile a quella che abbiamo potuto osservare questa estate ad Amburgo, quando durante le giornate di azione del System Change camp la polizia tedesca - per impedire il blocco del ponte Kattwyk nel porto della città - aveva utilizzato una grande quantità di pepper spray, lanciandone anche verso sé stessa. Era infatti diventata virale l’immagine del poliziotto intento a spruzzarsi lo spray direttamente negli occhi.

A Vienna viene replicata la modalità: l3 attivist3 di BlockGas commentano così la scena sui social: «Forze di Polizia si spruzzano il peperoncino a vicenda, cercando di difendere... cosa esattamente? Il diritto di distruggere la vita delle persone? Che branco di pagliacci tristi»

Purtroppo però, anche se usati scorrettamente, gli spray al peperoncino con il sostegno di manganelli e cani bloccano il finger che viene anch’esso transennato. Successivamente 145 delle 150 persone del finger sono state arrestate e portate via dalle camionette della polizia con l’accusa di resistenza e aggressione.

Nonostante il massiccio arresto di lunedì pomeriggio, 400 persone divise nei finger orange e red bloccano l’accesso stradale e le rotaie della raffineria petrolifera OMV, una delle aziende più inquinanti sul pianeta e sponsor principale della Conferenza del Gas. L3 attivist3 portano avanti il blocco, nonostante la neve, per tutta la giornata per poi confluire nel massiccio corteo che è partito da Stephansplatz alle 17:30. Il corteo ha visto la partecipazione di più di 8000 persone ed è riuscito ad arrivare davanti al Moriott Hotel.

Neville Van Roy di Don’t GAs Africa ci racconta così il momento davanti all’hotel: «Ci siamo recati al Consiglio del Gas presso l'Hotel Marriott. Molte di queste industrie che si sono riunite sanno che il business del gas è stato un problema fin dagli anni '80 e non hanno fatto la cosa responsabile di abbandonarlo. L'avida arroganza ha permesso loro di continuare a percorrere questa strada distruttiva. Ciononostante, ieri sera siamo andati a lanciare un messaggio davanti al Marriott Hotel per dire loro che il tempo del gas è finito e che il tempo del cambiamento è adesso».

Mentre migliaia di persone fuori dall’hotel facevano sentire la loro voce, all’interno due attiviste infiltrate alla cena di gala della conferenza hanno interrotto il convivio per mostrare i costi degli sporchi affari della Conferenza Europea esponendo dei cartelli che dicevano “At What Cost?” e “Don’t Gas Africa”.

«Don't Gas Africa - ci racconta sempre Neville - è un movimento che si è formato per collaborare con diversi attivisti e campagne in tutta per l'Africa e per difendere il territorio. Ed è stato colpito dal gas. Le comunità sono state sfollate a causa del gas nelle loro aree e abbiamo deciso di portare le nostre lotte anche sulla piattaforma internazionale dove vogliamo dire che “l'Africa non è in vendita”. Non permetteremo, non tollereremo e non accetteremo più nessun gas attivo nelle nostre zone. Ci alzeremo. Alzeremo la nostra voce. Parleremo. Non smetteremo di denunciare lo sfruttamento del gas da parte di industrie che non provengono nemmeno dall'Africa. Industrie di tutto il mondo come l'Europa».

Le giornate della Conferenza e delle conseguenti mobilitazioni terminano ieri 29 marzo con una plenaria e un’ultima azione di BlockGas. Infatti ieri mattina un gruppo di attivist3 ha fatto irruzione al Municipio di Vienna per calare dalle finestre uno striscione su cui vi era scritto “stop GAS, stop NEOCO₂LONIALISM”

Si concludono così quindi le intense giornate che a Vienna hanno visto coinvolto il movimento climatico e che hanno messo al centro del discorso il tema della decolonialità.

Sembra che il mondo dell’attivismo climatico europea stia capendo che il dibattito sul colonialismo, che per tempo è stato assente, va affrontato e va fatto collettivamente.

È necessario ascoltare per capire. E per troppo tempo questo non è stato fatto.

Bisogna fungere da megafono per le lotte del sud globale, ma è anche necessario mobilitarsi per colpire le multinazionali europee che da decenni sono quelle che devastano e colonizzano i territori.

Non è una guerra che deve vedere scontrarsi il sud globale contro il nord globale, né una guerra dei neri contro i bianchi. È arrivato il momento di sfruttare il privilegio bianco del movimento climatico europeo, è giunta l’ora di mettere in gioco i nostri corpi, che troppo a lungo sono stati corpi colonizzatori o ciechi, per riscattare un futuro degno.

Al movimento non basterà qualche assemblea in cui si lascia parlare (con il cronometro) le persone Mapa, non basteranno i post su instagram e le petizioni. Il movimento climatico europeo deve continuare a mettersi in discussione, deve muoversi nei territori guardandoli con una lente anticapitalista, antirazzista, anticlassista e transfemminista.

Finché non lo faremo, saremo per sempre “a bunch of white people drinking tea and talking about the climate crisis”.

Dagli interventi e dagli slogan risulta chiaro a tuttə che si tratta di una lotta tra chi vuole continuare a saccheggiare e colonizzare i territori in nome del profitto e chi invece vuole salvaguardare questo pianeta.

In queste giornate dunque si è cercato di porre una lente decoloniale, che vuol anche dire saper leggere la geografia dei nostri territori in maniera diversa, riuscire a mettere in comunicazione e alleanza quelle zone di sacrificio, come il Delta del Niger o la Terra dei Fuochi, che esistono in tutto il globo, da Sud a Nord.

Anche alla luce della mobilitazione a Sainte Soline, siamo di fronte alla possibilità di un salto di qualità del movimento climatico, che sembra tendere sempre di più a leggere la lotta per i diritti sociali e la salute come indissolubile dalla lotta climatica intesa nel senso classico, portando avanti delle rivendicazioni realmente decoloniali e transfemministe.

Vedremo se il movimento climatico sarà all'altezza di questa sfida.