Verso la guerra civile in Venezuela

Di Raùl Zibechi

30 / 1 / 2019

Quando Donald Trump decise di ritirare le truppe dalla Siria, nel dicembre scorso, lo fece perché aveva già deciso di aprire un nuovo fronte di battaglia. Oggi sappiamo che, senza ombra di dubbio, questo nuovo fronte è l’America Latina. Sebbene la prima trincea sia il Venezuela, il piano del Pentagono consiste nell’affermare il controllo nel suo giardino di casa in un momento in cui il dominio geopolitico globale sta attraversando una crisi senza precedenti.

Infatti, gli Stati Uniti non sono nelle condizioni di combattere delle guerre in Asia. Non già contro la Cina, ma nemmeno contro il regime della Corea del Nord, una dittatura orribile con la quale sta negoziando da più di un anno. 

Tanto meno può mantenere in piedi il suo intervento militare in Medio Oriente, a difesa dell’opposto dispiego militare di Russia e Iran. La strepitosa sconfitta che hanno subito coloro che hanno voluto incoraggiare la caduta di Bashar al Assad, attraverso l’intervento neocoloniale di Francia e Inghilterra sommato a quello del Pentagono, sarà una lezione difficile da dimenticare per i suoi generali. 

Perché l’America Latina? In questo continente si gioca il dominio globale della superpotenza che non può più continuare ad essere, come lo è stata dal 1945, quella che portato l’ordine nello scacchiere globale. Iniziare dal Venezuela significa farlo attaccando l’anello più debole, come suppongono gli strateghi di Washington. Il regime conta solo sull’appoggio di un settore della popolazione, probabilmente un terzo, e di una parte delle forze armate, impossibile da quantificare. 

Inoltre, in Venezuela, le elezioni sono illegittime e solo una scusa per mantenere in piedi una facciata di una democrazia inesistente. Niente di molto diverso da ciò che accade in Honduras e Guatemala, per esempio. La questione è che l’argomento democratico è insignificante se affiancato alle pesanti ragioni politiche. Per gli Stati Uniti, il controllo della principale riserva petrolifera al mondo, ma soprattutto il controllo dei Caraibi, sono i due temi principali sui quali non è disposto a contrattare. 

Nicholas Spykman, il principale geostratega statunitense del XX secolo, è stato l’autore di due libri nei quali definisce una strategia da adottare in questa regione: America’s Strategy in World Politics, pubblicato nel 1942, e The Geography of the Peace, pubblicato l’anno dopo la sua morte avvenuta nel 1944. Nei suoi lavori Spykman divide l’America Latina in due regioni, adottando il punto di vista della strategia degli Stati Uniti: una prima zona include il Messico, l’America Centrale e i Caraibi, oltre alla Colombia e il Venezuela; e l’altra comprende tutta l’America del Sud partendo da questi ultimi due stati.

Secondo la tesi di Spykman, la prima è “una zona nella quale la supremazia degli Stati Uniti non può essere messa in discussione”, si tratta di “una mare chiuso le cui chiavi appartengono agli Stati Uniti, ovvero che Messico, Colombia e Venezuela rimarranno sempre in una posizione di assoluta dipendenza nei confronti degli Usa”.
In Sud America, continua lo stratega, qualsiasi minaccia all’egemonia statunitense arriverà da “A B C” (Argentina, Brasile e Cile). Spykman credeva che questi grandi stati “situati fuori dalla zona sotto la nostra egemonia” avrebbero potuto “controbilanciare il nostro potere attraverso un’azione comune o attraverso l’uso di influenze esterne all’emisfero”. Se questo dovesse succedere, scrisse in America’s Strategy in World Politics, “bisognerà rispondere con una guerra”. 

Il professore di scienze politiche brasiliano José Luis Fiori rifletteva: “Se non fossimo certi della veridicità di tutte queste analisi, previsioni e avvertimenti compiuti da Nicholas Spykman, potrebbero quasi sembrare una bravata di alcuni di questi ‘populisti latinoamericani’ che inventano nemici esterni” (Sinpermiso, 16-XII-07).

E’ evidente che la “democrazia” è una scusa alla quale nessuno crede. In Venezuela convergono interessi geopolitici che non hanno la minima relazione con l’opposizione sinistra/destra né con la democrazia. Una guerra civile nel nostro continente è la peggior notizia per i popoli della regione. Ma può aiutare Trump nel farsi rieleggere nel 2020, e con lui aumenteranno i tiranni di ultradestra come Bolsonaro e Duque, e prospereranno gli affari e le grandi multinazionali quotate in borsa.

*** Traduzione a cura di Camilla Camilli

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