Negli USA il 17 ottobre vi è il rischio di passare dallo shutdown, la chiusura, in atto da una settimana, di alcune attività federali per un deficit di cassa, al default finanziario federale.

Un tea party per Obama.

Stallo nel Parlamento USA sul debito pubblico.

di Bz
10 / 10 / 2013

 Negli USA il 17 ottobre vi è il rischio di passare dallo shutdown, la chiusura, in atto da una settimana, di alcune attività federali per un deficit di cassa, al default finanziario federale. Parole di Obama: «Quel giorno, se il Congresso non avrà autorizzato il Tesoro a emettere nuovi titoli alzando il tetto del debito, io non avrò bacchetta magica per uscirne. Resteremo senza soldi per pagare i conti. Chi deve acquistare i nostri bond si sta spaventando». «Il default, se il Congresso non alza il tetto del debito, sarà drammaticamente peggiore dell’attuale serrata di servizi federali. Sarà una bomba atomica, lo dice un investitore come Warren Buffett».

Lo dicono apertamente la Cina e i grandi investitori dell’Arabia che detengono una amplissima fetta dei titoli di debito pubblico oltre a che quello commerciale degli USA: si potrebbe scatenare un effetto domino su scala planetaria molto più devastante di quello che si mise in moto dopo il crack delle banche immobiliari del 2006 all’origine dell’attuale crisi economico-finanziaria che strangola molti paesi europei. Un vero e proprio tsunami finanziario e politico tale scompaginare le gerarchie economico-finanziarie nonché gli assetti politici interni agli USA.

Chi è - come e perché - che tiene sotto scacco l’amministrazione di Obama alla Camera obbligandolo a lanciare appelli alla nazione e erode quotidianamente potere, consenso e carisma personale a Obama.

E’ Il Tea Party, quel movimento popolare, cresciuto dal basso nei circoli repubblicani, che ha avuto in Sarah Pallin la sua esponente di sfondamento, e che è stato riconfezionato come un esercito politico guidato dall’altro mettendo insieme la Destra Cristiana, politici di professione e consulenti politici di destra che hanno seguito una strategia di intimidazione e demagogia, favoriti e sostenuti da i canali mediatici conservatori, bianchi, regionali e nazionali o federali come Fox.

Il fatto che il presidente nero sia stato riconfermato ha aggiunto combustibile alla loro retorica populista concentrando il fuoco di fila sulla riforma sanitaria, fortemente voluta da Obama per segnare positivamente il suo duplice mandato.

Opporsi a quello che hanno definito l’Obamacare [la riforma dell’assicurazione sanitaria] è diventato il loro principio organizzativo infarcendolo di paura di “giurie della morte” costituite dall’amministrazione federale per stabilire chi, tra gli anziani e i malati, fosse meritevole di assistenza sanitaria. Battere, poi, la grancassa mediatica, per dire che i lavoratori bianchi dovranno pagare l’assistenza sanitaria per i pigri neri o i latinos impegnati solo a far figli, è stato conseguente.

Oralo stesso partito Repubblicano è prigioniero della popolarità di questa campagna orchestrata dai Tea Party, timoroso di perdere una gran fetta di elettorato nel superare le pastoie dei regolamenti che disciplinano i lavori parlamentari americani, nel favorire un accordo con l’amministrazione Obama sul rifinanziamento ed innalzamento del debito pubblico.

Tutto sembrerebbe in stallo, fermi, ciascuno, sulle proprie posizioni, in una costante deriva verso il default che – come abbiamo visto - ha messo in allarme i mercati finanziari mondiali. Una situazione da cui la presidenza Obama non può che uscire con le ossa rotte, a meno che, nei pochissimi giorni che restano, le associazioni, i movimenti di base, il partito democratico e con esso una buona fetta dei Poteri forti, non riescano a mobilitarsi massicciamente e pesantemente colmando il gap che si è aperto tra Obama e il paese reale.