Non si è fatta attendere la risposta da parte della popolazione turca.
In centinaia di migliaia sono scesi in piazza ieri pomeriggio 8 Febbraio, per ribadire un netto no ai provvedimenti emanati in questi ultimi giorni dal parlamento turco.
La rabbia è esplosa nelle maggiori città. Ad Istanbul e Ankara in
particolare, i presidi e i cortei che sfilavano nelle vie principali
sono stati attaccati dalle forze di polizia.
Gas orticanti,
caroselli dei Toma ( cd. cannoni ad acqua ), pallottole di
gomma....questa la ormai consueta ma non meno violenta risposta dell'
establishment politico di Erdogan.
Gli scontri si sono susseguiti sin dal pomeriggio durante i quali i
manifestanti hanno reagito a tale escalation di violenza con lancio di
sassi e fuochi d'artificio.
I cordoni di polizia hanno
presidiato piazza Taksim tutto il tempo, al fine di non far arrivare i
manifestanti nella piazza divenuta il cuore della metropoli, quale
simbolo di libertà.
Nel frattempo, i manifestanti hanno costruito delle barricate
nelle arterie principali cercando di impedire l' avanzamento della
polizia.
Dopo aver percepito l' importanza dei
social network e il loro ruolo fondamentale durante le proteste dello
scorso giugno, il partito di maggioranza Akp (Partito Giustizia e Libertà di Erdogan) ha deciso di tagliare la testa al toro: così il 6 Febbraio è stato emanato l' ennesimo"pacchetto di democratizzazione" ( successivo al primo emanato nel settembre 2013).
Una legge che contiene una serie di provvedimenti il cui scopo è
volto ad aumentare le forme di repressione e le misure di controllo.
"Avranno
infatti un impatto significativo sulla libertà d' espressione, sulla
protezione delle fonti giornalistiche, sul giornalismo investigativo,
sulla realtà politica del paese, nonchè sull' accesso delle informazioni
su internet " ha dichiarato l' Ocse.
Un provvedimento che autorizza il governo a bloccare in via
preventiva l' accesso ai siti qualora vi compaiano insulti a persone e
informazioni ritenute calunniose o discriminatorie, mentre i provider
saranno obbligati a rivelare i siti internet visitati da ciascun
internauta; tutto ciò senza il previo avvallo della magistratura.
Questi i punti salienti di un provvedimento che è stato criticato, sin dalle prime battute, da tutti i partiti di opposizione.
Dopo
una serie di pressioni e intimidazioni nei confronti di giornalisti e
redattori ( è di pochi giorni fa una intercettazione di Erdogan
risalente al 2 Giugno
scorso nella quale avrebbe telefonato al direttore dell' emittente
privata Haberturk, Fatih Sarac, per chiedergli di non trasmettere le
dichiarazioni del Partito d' azione nazionalista (MHP) Devlet Bahceli) e
la recente deportazione del giornalista azero Mahir Zeynalov (
scrittore di una delle maggiori testate turche TodaysZaman costretto
all' esilio Venerdì scorso 7 Febb. ) il governo intende dare, tramite
questi episodi, un segnale forte e chiaro: non sarà concessa a nessuno
la possibilità di criticare, nè di informare.
Perplessità e preoccupazione sono stati espressi anche dall' UE e dagli USA.
Al momento la Turchia detiene il maggior numero di giornalisti in carcere superando Cina, Eritrea e Iran.
Link di approfondimento:
MHP Group Vice President Yusuf Halacoglu, accusa Erdogan durante lì Assemblea parlamentare turca Vai al link
Mahir Zeynalov giornalista deportato Vai al link
Mahir Zeynalov giornalista deportato Vai al link