Turchia, 3 morti a seguito degli incidenti. La protesta si allarga con l'indizione di scioperi

La Turchia in fiamme parla all'Euromediterraneo

4 / 6 / 2013

Qui di seguito riportiamo stralci di articoli dal quotidiano on line Atlas che ci danno un resoconto di quanto ci siano vicine le tematiche all'origine della rivolta, dei tumulti che attraversano le metropoli turche. Intanto Amnesty International ci dice che i manifestanti morti sono 3, oltre 2000 i feriti ed altrettanti i fermi ed arresti.

Non si arrestano per le strade della Turchia le manifestazioni contro il governo guidato da Recep Tayyip Erdogan, giunte ormai al loro quinto giorno di scontri con le forze dell’ordine. Nel quartiere Besiktas di Istanbul, nella capitale Ankara e nella città costiera di Smirne, le tre principali città del paese, gli incidenti tra polizia e manifestanti sono proseguiti ieri quasi ininterrottamente da domenica notte, anche se violenze e cariche contro i cortei si sono verificati anche a Bursa, Adana, Antalya e Antakya, a Mersin, Samsun, Trebisonda. In praticamente tutti i principali centri abitati della Turchia si sono svolte marce a cui hanno partecipato migliaia o centinaia di persone battendo pentole e padelle dirette verso le sedi delle istituzioni del governo e del Partito per la giustizia e lo sviluppo (AKP) di Erdogan.

A partire da oggi, la Confederazione di lavoratori del pubblico impiego (KESK) ha annunciato due giorni di sciopero nazionale, mentre le principali università di Istanbul e Ankara hanno sospeso gli esami a tempo indefinito “a causa della situazione eccezionale”. E le mobilitazioni non accennano a diminuire. La giornata di ieri ha visto decine di cortei spontanei, in diverse città, di studenti o di disoccupati che si raccoglievano poi in assemblea per organizzare le manifestazioni, chiamate per le sette di sera, in coincidenza con quella di piazza Taksim. Tra gli slogan, “Taksim ovunque, resistenza ovunque”

Significativo in questo senso è un comunicato diffuso dal dal Network per i beni comuni ‘Müştereklerimiz’ che fa parte della piattaforma di organizzazioni a piazza Taksim. “La resistenza per il parco Gezi ha cambiato la stessa definizione di quel che chiamiamo spazio pubblico, perché la battaglia per il diritto a restare in piazza Taksim ha stracciato l’egemonia del vantaggio economico come regola morale. Dal parco la resistenza ha travolto piazza Taksim, e da piazza Taksim via verso il resto del paese, finché Gezi è diventato per tutti noi lo spazio in cui tirar fuori tutta la rabbia contro chiunque voglia imporci come vivere nella nostra città. Adesso che questa rabbia l’abbiamo vista, che questa solidarietà l’abbiamo assaggiata, niente sarà più come prima”.

“Qui in Turchia non siamo tutti uguali – dicevano  i manifestanti ai giornalisti delle televisioni straniere presenti a Taksim – ci sono turchi, curdi, aleviti, altre minoranze. Ci sono gay ed eterosessuali. Vogliamo che chiunque sia accettato e rispettato. Questo governo invece ci vuole spremere tutti dentro un’unica identità musulmana: ne abbiamo abbastanza”.

E’ una protesta che è ancora priva di un’organizzazione. Si potrebbe anzi ben definire una mobilitazione autorganizzata: a Taksim gli alberghi di lusso offrono gratuitamente assistenza e vettovaglie ai manifestanti, medici e studenti di medicina si propongono come volontari per curare i feriti e nelle moschee vengono allestiti ospedali di fortuna, i negozianti aprono le loro proprietà per offrire rifugio dalla cariche della polizia, dagli appartamenti vengono aperte le reti private per il collegamento wi-fi ad ad internet ed ovviare così all’oscuramento di quelle della telefonia mobile.

Ieri, primo giorno di riapertura della borsa di Istanbul dall’inizio delle violenze, il listino azionario turco ha subito un calo di oltre il 10%, il più grave da circa un decennio. L’agenzia di stampa economica ‘Bloomberg’ riporta che numerosissime persone si sono recate presso le filiali delle principali banche turche come per esempio la Garanti Bank, partecipata dal proprietario dell’importante emittente televisiva NTV che ieri ha perso il 14% del proprio valore, per chiudere i loro conti correnti in segno di boicottaggio.

Tratto da: