Tunisia: una rivoluzione al voto.

Appunti per comprendere un paese in divenire

24 / 10 / 2011

La Tunisia vive oggi una tappa fondamentale nel suo lento e cammino verso il cambiamento politico. Un percorso in divenire che è in continuo aggiornamento con cambiamenti continui e ritmi frenetici …. per quanto si parli pur sempre di un paese mediterraneo! Proveremo quindi a scrivere di getto alcune riflessioni che possono servire come spunti di discussione e rimandiamo a dopo un’analisi più complessiva di queste giornate.

L’organizzazione delle elezioni è stata presa in mano da un organismo ad hoc appositamente creato: l’ISIE (Instance Supérieure Indépendante pour les Elections), presieduto da Kamel Yendubi, famoso militante per i diritti umani in esilio per diversi anni sotto il regime di Ben Ali. In questi mesi è riuscito ad imporre standard avanzati che garantissero trasparenza, partecipazione e rappresentanza delle varie istanze emerse durante il tumultuoso periodo della rivoluzione. Nelle 27 circoscrizioni sono iscritte in tutto 1517 liste, di cui 655 liste indipendenti, 828 partitiche e 34 di coalizione. Anche all'estero sono presenti 145 liste di cui 72 indipendenti, 66 di partito e 7 di coalizione. In tutto 1618 candidati in Tunisia e 474 all'estero per soli 217 seggi. L’ISIE ha anche imposto radicali cambiamenti nell’impostazione delle circoscrizioni amministrative, concedendo una sovrarappresentazione alle province del sud - da dove partì la rivoluzione - e rigide regole per scongiurare il rischio che ex rappresentanti dell’RCD (il partito di Ben Ali) potessero ripresentarsi. Nonostante queste importanti riforme che fanno ben sperare, un giudizio complessivo sulla loro efficacia si potrà dare solo a giochi fatti. Per il momento è importante sottolineare un’evidente spinta verso una Costituente estremamente variegata che sicuramente renderà difficile la formazione del prossimo Governo provvisorio e faciliterà piuttosto la presa di accordi sottobanco per la lottizzazione delle cariche nominate dall’esecutivo.

Grande favorito è sicuramente il partito Al-Nhada, di ispirazione islamista, che ha sempre svolto le sue attività in clandestinità. Questo fattore ha permesso al partito di presentarsi come un soggetto nuovo e non compromesso con il passato regime, ed ha spinto molti cittadini ad interpretarlo come un segno di discontinuità e rottura con il passato. Inoltre è stata una delle anime principali della rivoluzione in grado di esprimere radicalità nella conquista delle strade, propositività nei momenti di partecipazione e tenacia nel non concedere compromessi nel difficile passaggio fra la kasba 1 e la kasba 2.  Si presenta con posizioni moderate, accetta il gioco democratico e il liberalismo economico e non punta ad una islamizzazione della società. Questa sua iniziale prudenza ha conquistato gran parte dei tunisini ma quello che potrà essere in futuro dipende molto dalla capacità della comunità internazionale di saper integrare non tanto un partito ma le aspirazioni di un popolo in cerca di libertà. Non vogliamo certo fare l’apologia di un partito di ispirazione religiosa (figuriamoci se possiamo inneggiare ad una neo Democrazia Cristiana in salsa islamica) quanto piuttosto ci sembra doveroso cercare di smontare luoghi comuni amplificati dalla stampa occidentale che strumentalmente facilitano l’interferenza esterna in uno stato sovrano. Al di là dei giochi di partito più o meno strutturati e di quella che sarà una rappresentanza di per se destinata a fallire nel raccogliere le ambizioni e le aspirazioni di un popolo, oggi in Tunisia si respira un aria di grande speranza e partecipazione. Coloro i quali pensavano che la spinta propositiva della rivoluzione dei gelsomini si fosse ormai esaurita dovranno ricredersi di fronte alle file davanti ai seggi, agli uomini e alle donne che ci incontrano per strada ed orgogliosamente ci fanno vedere le dita ancora fresche di inchiostro o i caroselli di macchine che trionfalmente suonano il clacson e sventolano la bandiera tunisina. Oggi la Tunisia è in festa al di la di chi potrà vincere queste elezioni e di quella che sarà la composizione della futura Costituente, oggi si festeggia la conquista della libertà, il diritto di poter andare a votare e di poter esprimere le proprie idee con passione e forza, non più sottovoce con la paura di essere arrestati e torturati. Jamais plus peur dunque anche se la strada è ancora lunga. Rimangono ancora importanti questioni da risolvere, prima fra tutte l’impunità verso coloro che sono stati i diretti responsabili di incredibili atrocità durante gli anni di Ben Ali fino all’ultimo giorno del suo regime, anche quando ormai tutto era finito.

In questo momento ci preme sottolineare la battaglia degli attivisti di Nawaat (una fra le anime principali del movimento indipendente di contestazione ben prima della rivoluzione) che insieme ai feriti e ai familiari delle vittime sono impegnati in uno sciopero della fame, ignorato dai media e da tutte le forze politiche, per vedersi corrisposte indennità e risarcimenti per le spese sanitarie. Ancora non si hanno cifre ufficiali sui “martiri” della rivoluzione e già questo sembra incredibile per un paese che vuole fare chiarezza sui crimini del passato. Una prima stima parla di 248 vittime dichiarate e almeno 366 feriti gravi che attendono ancora giustizia e aspettano di vedere finalmente i propri aguzzini pagare per i crimini commessi.

Gruppo per la promozione dell'Associazione Ya Basta! a Perugia