Tunisia - Mobilitazioni sociali in aumento

Di Henda Chennaoui, originalmente pubblicato su Nawaat.org

9 / 1 / 2017

I più importanti episodi di contestazione nella Tunisia indipendente hanno avuto luogo in gennaio: lo sciopero generale del 1978, le rivolte del pane del 1984, l’inizio del movimento di Gafsa nel 2008, l’insurrezione che ha rovesciato Ben Ali nel 2011 e la fiammata di mobilitazioni del 2016. Dato che una delle motivazioni di questa tempistica può essere identificata nelle scadenze dell’iter legislativo per l’approvazione del bilancio di stato, in molti si chiedevano come sarebbe stato recepito il bilancio di austerity approvato in dicembre dal governo di unità nazionale, braccato dalle istituzioni finanziarie internazionali. Un aumento delle mobilitazioni si è puntualmente registrato, anche se per ora non ha raggiunto dimensioni comparabili alle impennate storiche appena citate. Il nocciolo duro delle rivendicazioni – lavoro stabile e sviluppo locale – e i protagonisti delle mobilitazioni – giovani privi di un regolare accesso al reddito – sono i medesimi dal 2008. Per questo sembra opportuno considerare le mobilitazioni avvenute dal 2008 a oggi come un unico grande ciclo di lotte non ancora concluso. Proponiamo un articolo che riassume gli ultimi avvenimenti.

Il 4 gennaio, la corte d’appello di Nabeul ha rinviato il processo dei giovani di Kelibia (1) al 15 febbraio 2017. Decine di persone si sono riunite davanti al tribunale per sostenere gli undici giovani condannati in contumacia a 14 anni e un mese di carcere per “provocazione di incendio in edifici non abitati” e altri sei capi d’accusa. Il 3 gennaio, gli operai dei cantieri (2), i discriminati politici (3) e il Coordinamento nazionale dei movimenti sociali hanno dichiarato una settimana di protesta sociale con presidi, manifestazioni e una giornata di disobbedienza civile a Meknessi. Queste le premesse di un gennaio caldo che i media mainstream hanno già cominciato a criminalizzare.

Da Kelibia a Tajerouine

La vicenda di Kelibia, che ha sollevato una viva polemica, riguarda le violente manifestazioni verificatesi in seguito all’assassinio di Chokri Belaid nel febbraio 2013. Secondo Charfi Kellil, uno degli avvocati della difesa, Meriem Jeribi e Rabii Abdeljaouad non sono implicati negli atti di vandalismo verificatisi durante le manifestazioni. “Domanderemo al tribunale di riprendere le indagini. Preciso che le accuse non riguardano solo l’attacco alla sede di Ennahda ma anche un furto in un hotel e nel deposito municipale di Kelibia. Ricordo che i miei clienti sono stati interrogati solo una volta dalla polizia giudiziaria, nel febbraio 2013”. Il comitato di sostegno riunito davanti al tribunale ha denunciato “la criminalizzazione dei movimenti sociali” (4).

Il 5 gennaio, Imed Touta, Firas Hamda e Hafedh Karbaya compariranno alla corte d’appello di Gafsa. Il 13 maggio 2016, il tribunale di prima istanza della città li ha condannati a un anno di carcere e a una multa di mille dinari per “sospetto consumo di droga”. La stessa condanna è stata confermata il 7 giugno dal medesimo tribunale. I tre giovani militanti, originari di El Guettar, avevano partecipato alla mobilitazione sociale del gennaio 2016. Secondo Wael Ammar, membro del comitato di sostegno, “A partire dal 2011, i giovani della regione sono oggetto di processi iniqui volti a reprimere i movimenti sociali. E questo processo ne è un esempio”.

Il 18 gennaio 2017, dieci partecipanti al presidio permanente di Kasserine saranno processati per “violazione della libertà di lavorare e uso della violenza”, reati punibili con tre anni di carcere e 720 dinari di multa. I dieci giovani disoccupati avevano partecipato al presidio alla sede del governatorato (5) in seguito al suicidio di Ridha Yahyaoui il 16 gennaio 2016 (6).

Il 25 gennaio 2017, 117 giovani di Jerissa, Dahmani e Tajerouine in detenzione da febbraio 2016 compariranno davanti al tribunale di prima istanza del Kef per blocco del traffico, partecipazione a un sodalizio intenzionato ad aggredire beni e persone, partecipazione a una ribellione avviata da più di dieci persone durante la quale è stato aggredito un funzionario nell’esercizio delle sue funzioni e partecipazione ad atti di disobbedienza civile. Il comitato di sostegno degli accusati conta una ventina di avvocati. Hichem Mejri, membro del comitato, afferma che “alcuni detenuti sono stati vittime di tortura nella prigione di Mornaguia. Stiamo cercando di raccogliere le prove per denunciare il fatto. Per quanto riguarda il processo, le accuse sono del tutto infondate. I giovani accusati sono manifestanti pacifici che le autorità tentano di reprimere per mettere a tacere la contestazione nella regione”. Tre accusati sono in fuga mentre gli altri sono reclusi in vari istituti di detenzione provvisoria in attesa del processo.

La disobbedienza civile a Meknessi

Da venerdì 30 dicembre 2016, gli abitanti di Meknessi hanno chiamato alla disobbedienza civile per protestare contro l’assenza di dialogo e di risposte da parte del governo alle loro richieste di lavoro e sviluppo regionale. In gennaio, i disoccupati laureati hanno dato vita al presidio permanente “Harimna” (Siamo invecchiati) di fronte all’amministrazione locale. Abdelhalim Hamdi, portaparola del presidio, spiega che la disobbedienza civile è “l’ultima forma di protesta pacifica che abbiamo per attirare l’attenzione del governo, affinché si avanzi sul problema del lavoro nella regione. Esigiamo anche che la questione della miniera di fosfato di Meknessi sia trattata in collaborazione con gli abitanti e i disoccupati della regione”. L’apertura della miniera di fosfato era prevista per il 2016. I disoccupati laureati ritengono che il governatore di Sidi Bouzid e le autorità regionali in generale siano “responsabili dello stallo della situazione. Durante il presidio, il governatore ha rifiutato di riceverci. Ha persino sporto denuncia contro i manifestanti e dichiarato che Meknessi non è più tra le sue preoccupazioni”, s’indigna Abdelhalim Hamdi.

Giustizia sociale o dimissioni degli incompetenti

Il Coordinamento nazionale dei movimenti sociali, fondato il 26 aprile 2016, ha annunciato via comunicato una serie di azioni di contestazione a partire dal 3 gennaio 2017. Così, il 3 gennaio, gli operai dei cantieri sono scesi in strada in 17 governatorati. Il giorno stesso, i disoccupati laureati hanno manifestato a Menzel Bouzayen e Sidi Bouzid. Il 5 gennaio, un presidio si è svolto nel piazzale dell’UGTT di Redeyef. L’8 gennaio ci saranno manifestazioni a Thala e Kasserine.

Questa fase giunge dopo molteplici incontri, comunicati e manifestazioni in diverse regioni, aventi come rivendicazioni il lavoro e lo sviluppo. L’ultima manifestazione è stata quella del 10 dicembre di fronte al parlamento. Centinaia di militanti sono venuti da tutto il paese e hanno riportato l’attenzione sull’urgenza dei problemi economici e sociali (7).

Secondo il Forum tunisino dei diritti sociali ed economici, il 2016 ha visto 9887 mobilitazioni sociali, ovvero il numero più elevato dopo il 2011. Il Coordinamento nazionale dei movimenti sociali invita a dimettersi: “Tutti gli amministratori locali, regionali e nazionali incapaci di trovare risposte eque alle rivendicazioni sociali ed economiche”.

Traduzione di Lorenzo Fe

(1) http://nawaat.org/portail/2016/12/02/assassinat-de-chokri-belaid-14-ans-de-prison-pour-les-manifestants-a-kelibia/

(2) http://nawaat.org/portail/2016/02/19/آلية-عمل-الحضائر-من-متنفّس-إلى-مأزق/

(3) http://nawaat.org/portail/2017/01/03/مسيرة-تضامنية-مع-المفروزين-أمنيا-المض/

(4) http://nawaat.org/portail/2016/01/30/la-criminalisation-des-mouvements-sociaux-est-de-retour/

(5) http://nawaat.org/portail/2016/01/21/reportage-a-kasserine-personne-ne-saura-calmer-la-colere-de-la-faim/

(6) http://nawaat.org/portail/2016/01/22/ridha-yahyaoui-un-stylo-ma-tuer/

(7) http://nawaat.org/portail/2016/12/29/المؤشرات-الاقتصادية-لسنة-2016-السنوات-ال/