Tra Regeni e business il bispensante Di Maio alla corte di al-Sisi

Egitto. Vertice con il presidente egiziano: «Normalizzeremo i rapporti solo in caso di svolta». Ma non pone limiti agli affari economici né minaccia di farlo. Non chiede conto degli insabbiamenti e ruba agli egiziani "Giulio siamo noi". Alla fine l'unico coerente è al-Sisi che da due anni ripete sempre la stessa storia

31 / 8 / 2018

In 1984 George Orwell lo definì bispensiero. O meglio, coniò il termine che calza a pennello al vicepremier, ministro dello sviluppo economico e ministro del lavoro, Luigi Di Maio: dire tutto e il suo contrario, esprimere un’idea e nello stesso istante il suo opposto. Una precisa strategia politica che non solo annulla la futura contraddizione ma consegna all’oblio la doppia verità.

Di recente Di Maio lo ha fatto con Ilva e l’annullamento-non annullamento della gara, con la contemporanea difesa del collega indagato Salvini e degli inquirenti. E ieri, in Egitto, con la verità sull’uccisione di Giulio Regeni.

Districarsi nelle dichiarazioni a margine dell’incontro con il presidente egiziano al-Sisi non è facilissimo. E alla fine resta il dubbio: cosa ha detto Di Maio? Ha congelato i rapporti con l’Egitto o li ha rilanciati?

Non si è capito: il ministro (in questo caso dello sviluppo economico) ha detto che i rapporti con Il Cairo potranno normalizzarsi solo con la verità. Allo stesso tempo ha lodato le aziende italiane che fanno affari in Egitto, auspicato nuove cooperazioni economiche e esaltato l’attività dell’ambasciatore, rimandato al Cairo un anno fa tra le proteste della famiglia Regeni e della società civile.

«L’Egitto rappresenta sia per le aziende che per la comunità italiana qui occasione di investimenti economici anche in partnership con aziende egiziane. Ma la normalizzazione dei nostri rapporti non può che passare per la verità su Giulio Regeni», ha detto Di Maio dopo l’incontro mattutino con al-Sisi.

«Abbiamo detto ad al-Sisi che ci aspettiamo una svolta dall’incontro che ci sarà a breve tra le procure e le autorità giudiziarie dei due paesi – ha continuato – Allo stesso tempo pensiamo che si debba accelerare e sia al-Sisi sia i membri del governo presenti convengono sul fatto che la verità su Regeni vada accertata il prima possibile. Al-Sisi ha detto che Giulio è uno di noi».

Lo dicevano gli egiziani, in verità, nelle manifestazioni di protesta per i desaparecidos nelle carceri del regime, per gli uccisi dalla polizia, per i torturati. Giulio è uno di loro, non del regime. Duro il commento di Riccardo Noury, Amnesty: «Giulio è uno di noi. Detto da chi sovrintende al sistema repressivo che ha inghiottito Giulio e migliaia di egiziani, è qualcosa di completamente offensivo e inaccettabile». La famiglia non commenta. Ma quella frase, dicono fonti vicine, «fa male, molto male».

24 risposte401 Retweet867 Mi piaVa comunque dato atto ad al-Sisi di aver dimostrato maggiore coerenza del ministro italiano. A Di Maio ha detto esattamente le stesse cose che ha detto venti giorni fa a Moavero, un mese fa a Salvini e per due anni di seguito al governo Renzi e a quello Gentiloni: vogliamo la verità. Senza però tirarla fuori mai e anzi insabbiando e rallentando le indagini.

Da ultimo la consegna dei video delle telecamere di sorveglianza della metro del Cairo, a due anni dalla scomparsa di Giulio: dei 108 terabyte di materiale è stato possibile recuperare solo il 5% e lì il ricercatore non c’è. Ci sono, invece, ha detto la procura, degli evidenti «buchi».

Di questo, però, Di Maio non ha chiesto, per non sovrapporre le competenze, ovviamente: «I dettagli spettano alle autorità inquirenti. Non abbiamo parlato dei dettagli dell’indagine». In ogni caso, ha aggiunto, «auspico che entro la fine dell’anno si possa giungere a una svolta». Per normalizzare i rapporti, di nuovo.

Ma i rapporti, verrebbe da dire, sono già più che normali: oltre al gigante Eni, sono circa 150 le aziende italiane presenti in Egitto (tra cui Edison, Intesa San Paolo, Italcementi, Ansaldo Energia, Ferrovie) e l’interscambio commerciale tra Italia ed Egitto tiene (1,4 miliardi tra gennaio-aprile 2018).

E poi c’è l’ambasciatore: i rapporti diplomatici sono normali. E c’è la questione libica: «Ho detto ad al-Sisi che terremo sicuramente conto dell’Egitto nel dossier Libia e garantiremo un coordinamento. Significa che ci prepariamo alla conferenza che vogliamo tenere a Roma sul tema Libia coinvolgendo tutti gli attori decisivi». Lo ha ribadito ieri lo stesso al-Sisi: «Le numerose visite reciproche di esponenti dei governi dei due paesi nell’ultimo periodo confermano il ritorno delle relazioni alla normalità».

Di Maio non ha messo in discussione nulla, i rapporti sono già normalizzati e tali resteranno: «Il piano di investimenti di questo paese ha creato una stabilità economica e una crescita economica notevole, un piano di investimenti nelle infrastrutture e in una nuova città che già coinvolge nostre aziende su territorio egiziano e ne potrà coinvolgere altre. Possiamo creare nuove occasioni non solo per le aziende di Stato ma anche per le piccole e medie imprese».

Deve aver visto solo il palazzo presidenziale e l’ambasciata italiana e dimenticato di far visita anche ai 30 milioni di egiziani sotto la soglia di povertà, ai quartieri sotto sfratto e in via di demolizione del Cairo, alle famiglie a cui sono stati tolti i sussidi statali perché, come dice al-Sisi, «tutti devono fare dei sacrifici». Li fanno i poveri.

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