Thailandia - L'esercito contro le camice rosse

11 / 4 / 2010

Dalla Thailandia giungono le notizie di duri scontri.



RASSEGNA STAMPA

Da La Repubblica
BANGKOK
- L'esercito thailandese ha aperto il fuoco contro le 'camicie rosse' nei pressi del quartier generale delle Nazioni Unite a Bangkok. Il governo ha chiesto alle forze armate di riconquistare il sito vicino al ponte Phan Fah, nella città vecchia, utilizzato dai dimostranti come base e occupato da circa 4.000 sostenitori dell'ex premier Takhsin Shinawatra.  In risposta, una bomba è esplosa contro i soldati, causando il ferimento di 25 militari, ha riferito il portavoce dell'esercito thailandese, Sunsern Kaewkumnerd. Una granata è stata inoltre esplosa contro la sede del governo. Parlando alla televisione, il primo ministro Abhisit Vejjajiva ha comunicato che rifiuta di dimettersi. I manifestanti chiedono l'intervento del re per mettere fine alla crisi. Un appello al negoziato tra le parti è arrivato dalla Casa Bianca.

Sono centinaia le persone rimaste ferite negli scontri tra forze dell'ordine e camicie rosse nella capitale. Secondo le autorità governative, i morti sono più di dieci, tra i quali numerosi soldati e un cameramen giapponese dell'agenzia Reuters. Cinque soldati sono tenuti in ostaggio dai manifestanti.

I manifestanti avevano annunciato che avrebbero intensificato la pressione sul governo dopo i tafferugli di ieri con i soldati. Un leader del movimento delle "camicie rosse" ha dichiarato che le feste del nuovo anno thailandese, Songkran, non fermeranno le proteste. "Non smetteremo. Resteremo e ci batteremo fino a quando il Parlamento non sarà sciolto - ha detto Nattawut Saika - Se dobbiamo restare fino a Songkran, lo faremo".

Gli oppositori del governo chiedono al primo ministro di sciogliere il Parlamento e di convocare nuove elezioni. Il capo del governo ha riaffermato ieri che non intende cedere a queste richieste, ma oggi un capo dei ribelli, Veera Misikapong, ha rinnovato la richiesta intimando a Vejjajiva di sciogliere immediatamente il Parlamento (e non più tra 15 giorni, come era stato chiesto inizialmente) e di lasciare il Paese.

Ieri, le forze di sicurezza hanno fato uso di gas lacrimogeni e di idranti per tentare di contenere i manifestanti che reclamavano la riapertura del loro canale televisivo. Almeno dieci manifestanti e tre guardie sono rimasti feriti nel breve confronto, a 45 chilometri da Bangkok.

L'esercito dispone di ampi poteri per porre fine alle manifestazioni delle "camicie rosse" che sono in piazza dal 12 marzo. Mercoledì era stato decretato lo stato d'emergenza nella capitale dopo l'irruzione dei sostenitori dell'opposizione all'interno del Parlamento.

Da Corriere della Sera


BANGKOK (Thailandia) - Duri scontri a Bangkok, capitale della Thailandia, tra esercito e «camicie rosse», gli oppositori del primo ministro Abhisit Vejjajiva (VIDEO). Il governo ha ordinato di disperdere la protesta e i soldati hanno sparato e usato idranti contro i manifestanti sul ponte Phan Fah, vicino al quartier generale Onu.

LE VITTIME - Ci sono quindici morti, 11 manifestanti e 4 agenti di polizia (tra le vittime anche un reporter giapponese che lavorava per l'agenzia Reuters). I feriti sono circa 680, tra loro anche militari (25 di loro sono stati colpiti dall'esplosione di una bomba). L'esercito ha sparato proiettili di gomma contro i manifestanti e questi hanno risposto con lanci di molotov; le camicie rosse hanno poi preso in ostaggio cinque soldati. L'esercito ha fatto appello per una tregua dopo i violenti scontri e centinaia di agenti si sono ritirati da una delle zone che presidiavano. Si muove anche il governo: il segretario generale del primo ministro, Korbsak Sabhavasu, è stato nominato responsabile per i negoziati con i leader delle camicie rosse. Ma i ribelli non vogliono compromessi: chiedono che il premier Vejjajiva sciolga subito il Parlamento e lasci il Paese. Secca la risposta del primo ministro: nel corso di un intervento televisivo ha detto che non si dimetterà, esprimendo le proprie condoglianze alle famiglie delle vittime. Le camicie rosse hanno anche fatto appello a re Bhumibol, considerato quasi una divinità, perché metta fine alla crisi.

FRONTI OPPOSTI - Dunque la tregua sembra lontana: le forze dell'ordine hanno lanciato una seconda offensiva a poche decine di metri dall'incrocio di Kok Woa, che porta alla celebre strada turistica di Khao San. Un portavoce ha detto che stanno arrivando ulteriori rinforzi, per evitare «possibili sabotaggi» da parte dei dimostranti. Decine di migliaia di manifestanti presidiano il distretto commerciale della capitale, usando auto per creare delle barricate. Molti altri si sono radunati nella sede della tv satellitare Thaicom, 60 chilometri a nord di Bangkok, dopo che le autorità hanno nuovamente bloccato le trasmissioni del canale con l'accusa di incitare ai disordini. La tv era già stata oscurata, ma i sostenitori dell'ex premier Thaksin Shinawatra erano riusciti a far tornare in onda le trasmissioni venerdì pomeriggio, dopo aver assaltato l'edificio.

APPELLO CASA BIANCA - Gli Stati Uniti hanno deplorato le violenze in Thailandia e rivolto ai manifestanti e alle forze di sicurezza un appello alla calma. «Deploriamo questo focolaio di violenza politica in Thailandia, il nostro buon amico e alleato, e facciamo appello per negoziati in buona fede tra le parti per risolvere pacificamente le dispute» ha detto il portavoce Mike Hammer.