Sull'attentato di Boston

16 / 4 / 2013

Commentare un attentato compiuto durante una delle manifestazioni sportive più importanti e partecipate al mondo è francamente una cosa della quale si sarebbe fatto volentieri a meno.

Chiariamo subito un aspetto. La pratica stragista si colloca storicamente in un contesto eversivo la cui matrice è sempre determinata da forze politiche e sociali che spingono verso la conservazione dello status quo o addirittura verso la restaurazione di "antichi regimi". Ovviamente l'attentato di Boston, che al momento costa la vita a tre persone e vede decine di feriti ricoverati negli ospedali (alcuni dei quali in gravissime condizioni), non fa eccezione.

Detto questo, chiunque possa vedere in questo gesto motivazioni politiche più elevate, a mio parere non può essere altro che definito folle.

Francamente mi scoraggia un pò l'atteggiamento di chi "a sinistra" legge questi fatti attraverso la retorica del "ma tanto fanno più morti loro". Un'analisi che offre sicura cittadinanza a quell'anti-americanismo becero e conservatore, schiavo del Novecento e di una Guerra Fredda mentale altamente paranoica.

Da un altro lato non è difficile immaginare che la seconda amministrazione Obama, attaccata da destra e da sinistra, messa in crisi da movimenti sociali nuovi ed interessanti, possa utilizzare Boston per ritrovare una nuova compattezza attorno ai temi della sicurezza e della guerra, che negli ultimi 15 anni hanno scandito con continuità l'agenda politica d'oltreoceano.

Ed allora è forse utile provare a leggere questi fatti scevri da ogni retorica e dietrologia, tentando di comprendere come si stia rielaborando la guerra globale, ad alta e bassa intensità, nel contesto della crisi sistemica contemporanea. La situazione coreana, i conflitti nella regione araba, nel continente africano, quello infinito in Afghanistan ci dimostrano come la guerra, oltre a configurarsi come elemento dominante per la vita di milioni di persone, si intrecci sempre più con la ridefinizione del capitalismo dentro la crisi e con gli interessi della governance finanziaria globale.

E' forse in questa direzione che occorre fare uno sforzo di analisi: non tanto per comprendere chi c'è davvero dietro gli attentati, ma per ricostruire con lucidità lo sfondo all'interno del quale questi sono maturati e darci, come sempre abbiamo fatto, quegli strumenti politici che ci servono ad impattare realmente l’esistente e tentare di trasformarlo.