Subsahariani in Tunisia: le falsità di Saied

2 / 3 / 2023

La settimana scorsa, hanno fatto scalpore le dichiarazioni del presidente tunisino Kais Saied, che ha abbracciato un adattamento locale delle teorie del complotto sulla “sostituzione etnica” propugnate in Occidente dall’estrema destra. In un contesto marcato da una disastrosa situazione economica (compresa la scarsità di vari prodotti alimentari di base), la continuazione delle partenze dalla Tunisia verso l’Europa (con gli esiti tragici purtroppo noti) e una campagna di arresti di oppositori politici, il nuovo autocrate ha fatto ricorso alla vecchia tattica di indicare nel “diverso” il capro espiatorio. Nonostante i rischi che comporta esprimere dissenso nella situazione attuale, i movimenti tunisini hanno reagito immediatamente, organizzando una campagna antirazzista che ha debuttato con la manifestazione tenutasi il 25 febbraio nella capitale. Sul tema proponiamo questo contributo pubblicato originalmente da Nawaat. Traduzione di Francesco Cargnelutti.

Il capo di stato accusa la società civile di fomentare una colonizzazione di popolamento in Tunisia portata avanti da africani subsahariani con status giuridico irregolare. Kais Saied denuncia coloro che vogliono “cambiare la composizione demografica” del paese, invocando “la violenza e la criminalità”. Le sue prove? Il ministero dell’Interno, contattato da Nawaat, afferma di non disporre di statistiche sul numero di migranti implicati in casi criminali. E i fatti spazzano i fantasmi della xenofobia.

Il presidente della repubblica, Kais Saied, ha condannato “le orde di migranti clandestini originari dell’Africa subsahariana”. Delle misure “urgenti” sono necessarie per mettere fino a questo “flusso incessante” all’origine di “violenze e crimini”, ha sottolineato Saied durante una riunione del consiglio di sicurezza nazionale, tenutosi il 21 febbraio. Queste parole di una violenza senza precedenti sono state riprese in un comunicato pubblicato sull’account Facebook ufficiale della presidenza tunisina, suscitando una vivace polemica sui social network. L’indomani, il 22 febbraio, il capo di stato persiste e conclude, durante una visita alla sede della società tunisina delle industrie farmaceutiche, attaccando coloro che vogliono “cambiare la composizione demografica della Tunisia”.

Queste parole si inseriscono in un contesto caratterizzato dall’aumento di un discorso d’odio contro i migranti in Tunisia. Molto attivo nei social network e apertamente xenofobo, il Partito nazionalista tunisino chiede l’espulsione dei migranti con status giuridico irregolare originari dall’Africa subsahariana. Questo partito ha ormai diritto di cittadinanza poiché i suoi membri sono ricevuti e ascoltati dai rappresentanti dello stato. Il 29 dicembre 2022, il governatore di Ariana ha ricevuto dei membri di questo movimento. Un mese più tardi, il 9 febbraio 2023, degli esponenti del partito si mostravano addirittura su Facebook in compagnia di un responsabile della presidenza del governo. Tuttavia è la prima volta che parole così controverse vengono riprese dai vertici dello stato.

Retorica complottista

Il presidente della repubblica fa sua la retorica del Partito nazionalista tunisino. Punta così il dito contro “una impresa criminale iniziata all’inizio di questo secolo che mira a cambiare la composizione demografica della Tunisia”. E denigra “quelle terze parti che, dal 2011, hanno ricevuto finanziamenti colossali per popolare il paese con migranti clandestini provenienti dall’Africa subsahariana”. Il presidente della repubblica prosegue la sua teoria complottista argomentando che dietro a questa impresa c’è un obiettivo “segreto”. Ovvero spogliare la Tunisia della sua identità arabo-musulmana e ridurla unicamente alla sua dimensione africana.

Questa diatriba anti-migranti rimanda alla teoria della Grande sostituzione introdotta nel 2010 dallo scrittore francese Renaud Camus. Diventata centrale nei dibattiti politici in Francia, questa teoria si è poi diffusa in altri paesi, raggiungendo questa volta la Tunisia. Un paese che conta un’importante diaspora all’estero.

In Francia, il presidente del partito Reconquête, Eric Zemmour, si è espresso a favore del discordo di Saied servendosene per difendere il suo appello a espellere i migranti in condizione irregolare dal suo paese. Da notare che anche degli esponenti dell’estrema destra francese, per motivi di rispettabilità, non abbracciano più dei discorsi di una tale virulenza.

La Tunisia conta poco più di undici milioni di abitanti. Attualmente solo circa 57.000 migranti subsahariani vivono nel paese, secondo le stime del dipartimento di affari economici e sociali delle Nazioni Unite (UNDESA). Mentre l’inchiesta nazionale sulla migrazione internazionale, pubblicata nel 2021 e realizzata dall’istituto nazionale delle statistiche (INS) e dall’osservatorio nazionale della migrazione, indica la cifra di 59.000 individui. E questi due organismi non fanno parte della società civile, tanto denigrata da Kais Saied, ma dello stato.

L’arrivo dei migranti in Tunisia non è il risultato di un’impresa colonizzatrice ma di una politica nazionale e di un contesto regionale. L’eliminazione del visto d’ingresso nel territorio tunisino per i cittadini di molti paesi subsahariani ha contribuito a questa migrazione. Tale esenzione dal visto accordata da diversi anni dal ministero degli Affari Esteri mirava a rinforzare gli scambi economici con questi paesi. Di conseguenza, l’ingresso di numerosi migranti nel territorio tunisino è avvenuto in modo legale. Tra di loro, ci sono studenti venuti a studiare in Tunisia nel quadro di cooperazioni bilaterali tra la Tunisia e il loro paese di origine. Inoltre, la condizione illegale di alcuni di loro in Tunisia è dovuta alle procedure amministrative che ostacolano il rinnovo del loro permesso di soggiorno.

Più in generale, l’intenzione di molti migranti non è di stabilirsi in Tunisia o di colonizzarla ma di farne un paese di transito verso l’Europa. Secondo l’inchiesta dell’INS e dell’osservatorio nazionale della migrazione, circa due terzi dei migranti subsahariani intendono lasciare la Tunisia.

L’identità arabo-musulmana minacciata?

Secondo la suddetta inchiesta, i migranti in Tunisia sono in primo luogo originari del Maghreb (37%), di altri paesi dell’Africa (36,4%) e poi dell’Europa (18,5%). Tra i 6.068 rifugiati e richiedenti asilo, il 45,4% sono siriani, secondo dati dell’Alto commissariato delle nazioni unite per i rifugiati (UNHCR) risalenti al settembre 2022. I migranti, rifugiati e richiedenti asilo arrivano da diversi paesi, molti dei quali sono islamici o comprendenti un’importante popolazione di musulmani, ovvero la Libia, il Mali e anche l’Eritrea.

Con le sua parole, Saied sembra riprendere le tesi del Partito nazionalista tunisino, evocando la moltiplicazione delle chiese gestite dai subsahariani. Innanzitutto, le libertà di religione e di culto sono garantite dalla costituzione tunisina. Il fatto che i migranti di confessione cristiana creino i propri luoghi di culto si inscrive in una logica d’intraprendenza di fronte all’assenza dello stato, spiega a Nawaat Ali Belhaj, docente-ricercatore ed esperto di migrazione internazionale. “Hanno dovuto trovare le loro proprie soluzioni. Si trovano così dei luoghi di culto, di ristoro e di festa per loro”, aggiunge. Secondo lo specialista, lo stato tunisino è assente nella gestione dei flussi migratori. Kais Saied si lamenta quindi di una situazione di cui lui stesso è responsabile.

Una società civile complice?

L’arrivo di migranti per vie illegali è oggetto di traffico di esseri umani e di tratta. I trafficanti agiscono sempre nella totale illegalità, derubando i migranti di passaggio. Secondo il rapporto dell’Autorità nazionale per la lotta contro la tratta delle persone (INLTP) del 2022, il 54% delle vittime di tratta nel 2021 erano straniere. Tra di loro il 64% sono ivoriani. Non è la società civile che incoraggia l’arrivo di migranti, sono in realtà le reti dei trafficanti.

Lungi dal facilitare l’insediamento dei migranti in Tunisia, l’UNHCR è stato accusato dai rifugiati e dai richiedenti asilo di averli abbandonati. Trovandosi senza aiuto e privi di mezzi finanziari, dichiarano di voler lasciare la Tunisia per andare in altri paesi. A luglio 2022, dei manifestanti hanno organizzato un sit-in davanti alla sede dell’organizzazione a Tunisi.

Alcune componenti della società civile, come il Forum tunisino per i diritti economici e sociali (FTDES), Terre d’asile, Medici del Mondo, ecc. lavorano al miglioramento della situazione caotica dei migranti in Tunisia. Queste associazioni hanno dovuto combattere per facilitare l’accesso alla sanità o anche all’istruzione dei migranti. Questi diritti sono esistono sulla carta poiché la costituzione li garantisce indipendentemente dalla nazionalità o dallo statuto del beneficiario. […]

Kaid Saied accusa i migranti di violenza e criminalità senza supportare le sue parole con cifre o fatti. Contattato da Nawaat, il capo del Dipartimento dell’informazione e della comunicazione presso il ministero dell’Interno, Faker Bouzghaya, sostiene che il suo ministero non dispone di statistiche sul numero di migranti implicati in affari criminali. “Le nostre statistiche non si basano su criteri etnici o razziali”, spiega.

Insomma, le dichiarazioni di Saied sembrano piuttosto poggiare sui pregiudizi e sul razzismo che dilagano attualmente sui social network. Il capo di stato adotta a questo proposito un vocabolario di natura razzista e xenofoba, consegnando i migranti alla vendetta popolare e alla repressione poliziesca.