Strage di Hillsborough, finalmente la verità!

15 / 9 / 2012

Dopo 23 anni, è stata fatta luce da parte del governo inglese sugli avvenimenti che hanno causato la strage dell'Hillsborough Stadium di Sheffield dove, il 15 aprile 1989, durante la semifinale di FA Cup tra Liverpool e Nottingham Forest, morirono 96 persone.

Oltre 23 anni di silenzi e depistaggi rotti da una petizione popolare firmata da oltre 100mila cittadini britannici, che ha costretto il governo inglese a rendere pubblici i documenti riguardanti la strage che, per tutto questo tempo, ha avuto un falso colpevole, ovvero la tifoseria del Liverpool.

Ma torniamo indietro nel tempo, descrivendo gli avvenimenti di quel nefasto giorno.

Come da regolamento, tutte le semifinali della FA Cup si giocano in campo neutro. Lo stadio di Sheffield fu valutato, in quella stagione, come l'impianto più idoneo a contenere l'alto numero di tifosi previsti, in arrivo sia da Liverpool che da Nottingham.

Ai “Reds” era stato assegnato il settore a sinistra della tribuna centrale, che conteneva 14.600 posti, mentre alla tifoseria del Nottingham Forest, che normalmente aveva meno seguito, la più capiente curva opposta che disponeva di 21.000 posti. La scelta si rivelò, in termini di ordine pubblico, completamente errata, in quanto il settore dei tifosi del Liverpool, oltre ad una minore capienza, poteva contare solo su sei ingressi, mentre quello destinato ai tifosi del Nottingham Forrest ne possedeva ben sessanta.

Con un settore così inadeguato, il giorno del match l'afflusso verso gli spalti procedette molto a rilento, tanto che, a pochi minuti dal calcio d'inizio, la maggior parte dei “Reds” era ancora fuori dallo stadio.

La polizia decise, allora, di aprire un'ulteriore varco che conduceva all'interno del settore causando, in maniera scellerata, il riversarsi di migliaia di persone in uno spazio angusto che conduceva esclusivamente alla parte centrale del settore destinato, chiudendole in una sorta di imbuto.

In breve tempo, gli spettatori che si trovavano già all'interno si trovarono letteralmente schiacciati contro pareti e divisori. Alcuni di loro cercarono di sfuggire a quell'inferno scavalcando ed entrando in campo, ma la polizia, incredibilmente, operò alcune cariche di alleggerimento, rendendo la situazione ancor più drammatica, in quanto, di fatto, bloccava l'unica via di fuga possibile.

Quando le forze dell'ordine si resero conto della situazione, ormai il dramma si era consumato e ben 96 persone avevano perso la vita, schiacciate e soffocate come era accaduto all'Heysel.

Subito dopo la strage, furono avviate le indagini sulle cause dell'accaduto, anche se, fin dall'inizio, apparivano evidenti le gravi responsabilità degli organizzatori dell'evento ma, soprattutto, da parte delle forze dell'ordine. Tuttavia, il processo che seguì non contribuì a far piena luce sui fatti e sulle responsabilità, grazie anche il clima mediatico messo in atto dall'allora primo ministro Margharet Thatcher, che addebitò la colpa della strage ad un ipotetico comportamento scorretto dei tifosi del Liverpool.

Un atteggiamento in linea con la politica messa in atto durante gli anni ottanta dall'ex “Lady di Ferro”, che varò una serie di leggi durissime volte a stroncare il fenomeno delle Firm, che culminarono con il conferimento di poteri straordinari a Scotland Yard, tra cui la possibilità di arrestare e far processare per direttissima i tifosi anche solo per reati di violenza verbale.

Un politica altamente repressiva unita ad una campagna mediatica ancor più feroce, tanto che, come evidenziavano alcuni sondaggi dell'epoca, nell'indice di mancato gradimento da parte dell'opinione pubblica inglese gli hooligans erano davanti persino agli odiatissimi attivisti dell'IRA.

Gli anni ottanta, perciò, decreteranno la nascita del cosiddetto “modello inglese”, caratterizzato da stadi militarizzati e telesorvegliati, restrizioni e punizioni esemplari, il tutto unito ad una strategia da parte dei club volta ad adottare prezzi dei biglietti più elevati, al fine di tenere fuori dagli stadi le classi sociali più svantaggiate.

Un modello decantato in molti paesi europei, in particolar modo in Italia, avendo ispirato, nel corso degli anni, i vari decreti anti-violenza dall'inizio degli anni 90 in poi, culminati con il decreto Amato-Melandri, emanato dopo la morte dell'isp. Filippo Raciti, avvenuta durante gli scontri del derby siciliano Catania-Palermo del 2007

Anche allora, dopo oltre due settimane di show messo in piedi da media e giornali compiacenti al fine di condizionare l'opinione pubblica, l'allora governo (di centro-sinistra!) deliberò un pacchetto di leggi ultra-repressive, approvate con una velocità senza precedenti.

Queste leggi, ormai note ai più, rendono possibile l'arresto per differita, l'introduzione (come in Inghilterra) di steward e telecamere negli stadi, fino all'obbligo del biglietto nominale prima e della tessera del tifoso dopo per poter avere accesso agli impianti sportivi.

L'allora ministro dello sport Giovanna Melandri dichiarò che queste nuove leggi avrebbero riportato le famiglie negli stadi italiani, assenti, a suo dire, a causa dello spadroneggiare dei gruppi ultras, rei di rovinare l'immagine dello sport più bello e amato del mondo.

A distanza di cinque anni da quell'approvazione la realtà, invece, si presenta completamente diversa.

Gli stadi italiani, diventati moderni nei circuiti di telesorveglianza ma che continuano ad essere obsoleti per tutto il resto, si presentano sempre più vuoti, persino in serie A e durante le partite di cartello.

Le nuove leggi in materia di regolamentazione del tifo, difatti, hanno reso l'accesso agli stadi un problema burocratico come pochi. Casms, Osservatorio, Tessera del tifoso, Questure e Prefetture fanno a gara per scoraggiare i tifosi che, spesso, preferiscono rinunciare e restare a casa, dove, con gli abbonamenti stracciati delle pay-tv, possono vedere i campionati di mezzo pianeta comodamente dal proprio divano.

Alla luce di questo totale fallimento, in molti si chiedono quali erano le reali intenzioni di questi provvedimenti.

Sbandierare, infatti, il ritorno delle famiglie allo stadio come volontà primaria quando si rende un'impresa titanica l'accesso è quanto mai singolare.

Evidentemente, il governo italiano, così come quello inglese negli anni 80, aveva deciso di usare il fenomeno del tifo organizzato per spostare l'attenzione da altri problemi.

Il primo ministro inglese Margareth Thacther, infatti, doveva, in quel periodo, far fronte a diverse tribolazioni, dai venti di guerra che spiravano dalle Falkland ad un’IRA sempre più attiva, oltre che ad una situazione economica caratterizzata da una inflazione e da una disoccupazione galoppante.

Non è un caso che, a causa di questi avvenimenti, in molti periodi l'indice di popolarità dell'allora governo conservatore era crollato sotto il 20% e, ancor meno casuale, il fatto che tale indice di popolarità riusciva a risalire solo nei momenti in cui venivano deliberati una serie di “politiche estreme”, in particolar modo riguardanti la linea dura nei confronti dell'hooliganismo, dell'indipendentismo irlandese e con la dichiarazione di guerra all'Argentina per il possesso delle isole Falkland.

Insomma, allarmismo e paura come forme di controllo sociale diffuse ad arte dai media amici, utili per spianare la strada a politiche che decretavano nuove ulteriori forme di controllo sociale.

In Italia, dopo il caso Raciti, è avvenuto lo stesso.

Il governo di centro-sinistra, infatti, si affrettò subito a dichiarare che le leggi immediatamente approvate per arginare la violenza negli stadi erano perfettamente applicabili anche in altri contesti.

Dichiarazioni che, il successivo governo Berlusconi, ha cercato più volte di mettere in atto, con l'ex ministro dell'interno Maroni (autentico “ultras” della tessera del tifoso, approvata proprio sotto il suo mandato) che ha più volte tentato di applicare il DASPO (divieto di accesso agli impianti sportivi, provvedimento dai forti tratti anti-costituzionali) anche per coloro che si “macchiavano” di reati durante le manifestazioni di piazza.

Tuttavia, anche il caso Raciti, come quello dell' Hillsborough Stadium, inizia ad avere una versione differente di quella precedentemente diffusa dai media.

Emergono, infatti, da alcune perizie della difesa di Antonio Speziale (tifoso catanese accusato dell'omicidio), prove sempre più consistenti che farebbero pensare che la morte dell'ispettore durante il derby Catania-Palermo sia da addebitare ad un errore delle stesse forze dell'ordine.

Alcune tracce di vernice blu, sia sulla divisa che sulla maschera antigas usate da Raciti durante la notte del derby siciliano, corrispondono allo stesso tipo di vernice presente sui defender usati dalla polizia. E, come testimoniano immagini e video, un modello di defender identico era presente proprio sulla scena del delitto.

Un perito assunto dalla difesa e che ha chiesto la riesumazione del cadavere per analizzarlo ha infatti successivamente dichiarato che la morte dell'ispettore Raciti è altamente probabile che sia stata causata da un trauma di tipo automobilistico". Un trauma che, secondo la difesa, è perfettamente raccontato nel verbale (pubblicato da 'L'espresso') dell'agente che guidava il defender, il quale affermava di aver innescato la retromarcia per spostarlo fino a quando ha sentito un colpo sull'autovettura e, fermato il mezzo, ha potuto vedere un paio di agenti soccorrere Raciti per evitare che cadesse a terra.

Insomma, tesi che, se fosse confermata, non solo allungherebbe la lista dei clamorosi casi di ingiustizia italiana, ma dimostrebbe come interi provvedimenti legislativi siano frutto della speculazione dei governi sull'onda emotiva dell'opinione pubblica creata ad arte su eventi dai contorni completamente oscuri.

Ci chiediamo, perciò, se a distanza di anni, anche il primo ministro italiano dovrà scusarsi come ha fatto ieri quello inglese, Cameron, nel rappresentare uno stato che nasconde per oltre un ventennio la verità ai propri cittadini.

Considerando, tuttavia, che siamo nel paese dove i torturatori della Diaz raccolgono solidarietà invece che sdegno da parte delle istituzioni, è un'ipotesi quanto mai improbabile!